VERDE@NARRANDOM, IL CASO #3: IL CASO ROTKO

NARANDOMb - Cabras

Il logo di Narrandom rivisitato dal Cabras

Tempo fa Luca Marinelli, in qualità di cinghia di trasmissione tra le due redazioni, ha proposto uno scambio di racconti e di temi tra Verde e Narrandom. Esiti: qui tre karaoke devastanti e altre cose verdi che non faremo mai più (Giovanna Giordano, Martina Marasco e Jolanda Di Virgilio), di là il caso Frau, il caso Quaranta e Il Caso Rotko (o “l’ontologia della cosa terribile“) di Pierluca D’Antuono. Grazie alla redazione di Narrandom e un inchino riconoscente a Marco Cabras, che ha rifatto il loro logo.

Elena Rotko era già scomparsa da due anni quando capimmo che se avessimo riconosciuto ad Alexander K il titolo di ragazzo più brutto della scuola, lo avrebbe rifiutato offeso. A quindici anni, solo per mancanza di ambizione, si sentiva il ragazzo più brutto della città, e in effetti lo era: grasso, con gli occhiali e l’apparecchio, aveva il volto e la schiena ricoperti di sangue e di brufoli circondati da peli neri che disegnavano piccole aiuole arricciate attorno alle cicatrici bianche e alle smagliature. Se solo Alexander ne avesse avuto contezza, avrebbe descritto il suo corpo come una tavola di SimCity 1: stessa risoluzione, giocabilità identica, ma non c’erano disastri da invocare per distruggere tutto e ricominciare da zero. Sbagliando, avremmo potuto suggerirgli che il disastro era inscritto nella sua pelle, era la sua pelle, ma Alexander sapeva che la catastrofe proveniva dal profondo, da qualcosa dentro di lui che non funzionava, qualcosa di marcio e indifeso. Non si trattava di un caso.

La parte che più odiava del suo corpo erano i denti. Si torcevano come attirati da un potentissimo magnete piantato sotto alle labbra, che annullava la forza di gravità e sembrava volerli estirpare alla radice. Erano denti incredibilmente lunghi, incredibilmente gialli, paurosamente affilati; erano armi che ci spaventavano e che secondo Alexander non sarebbero mai più tornati a posto se avesse continuato a masturbarsi come faceva.

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Pierluca D’Antuono

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