Buongiorno, ci sono arrivati centinaia di racconti per Scenicchia una Sega #2- Praticamente un concorso. Non lo neghiamo, non sarà una passeggiata scegliere i 16 finalisti, ce ne sono di davvero belli e di davvero verdi.
Non siete Ivani, d’un colore concorrente al nostro, o grandi Liuki Camminatori di Cieli, quindi saprete benissimo che è successo alla Pecora Elettrica (vi postiamo la notizia riportata dal nostro quotidiano di riferimento, da liberal conservatori lombardi quali siamo, soprattutto Quaranta).
Perciò, poche storie: sosteniamo la Pecora Elettrica, ragazzi!
Nonostante jet set e concorsi, Verde continua a iniettarvi racconti e far rivista, perché bierde es bierde come direbbe Giada Pamplona. Oggi con noi c’è un’autrice che ci piace tanto, si chiama Giusy Esposito e questa è la seconda volta con noi (ricordate Arancio Trastevere?)
Illustrazione di Sofia Mori (per l’ultima volta con noi, grazie Sofia!)
Dicono ci siano per ogni persona un’infinità di amori giusti e l’amore della vita. Che, se siamo fortunati, è soltanto uno. E se siamo fortunatissimi, lo incontriamo pure. E la differenza abissale la si riconosce non appena ci si ritrova dinanzi a quest’ultimo. Consumati. L’infinità di amori giusti, fatti di frequentazioni, amori felici, mezze storie e mezzi amori, sono estati sentimentali. Di quelli che fanno stare bene, sereni, mai consumati. Mai pieni. Mai diversi. L’amore pieno non fa bene a nessuno, ma è l’unico che ti porti dietro, sempre. E che cerchi, senza trovare, in tutti gli altri. Inizia per caso, come tutti gli altri, in strane circostanze e col finale sospeso come in un romanzo di Murakami. Loro hanno iniziato a vedersi per caso, stranamente in diverse parti del mondo. Sempre d’estate. Sempre al mare. Sempre senza appuntamento. E senza pensarci, senza pensare di potersi incontrare. Senza mai aspettarsi. Lei ha incontrato Alex per la prima volta due estati fa, in puglia. Era in vacanza con la famiglia, una fuga al mare nei primi giorni di giugno, quando l’acqua è ancora fredda e le spiagge poco affollate. Ha sempre quella sua fissazione di dover arrivare in spiaggia al mattino presto, per poter fare il bagno per prima. Poco importa se nella piccola e ombrosa spiaggetta di Polignano non ancora sorge il sole, tira il vento e l’acqua piatta è gelida. Deve essere la prima. L’altra ossessione è quella di passeggiare nel posto sconosciuto in cui si ritrova, prima che il mondo si svegli, per sentirlo suo e di nessun altro. Lei pensa sia per il suo spirito nomade, in realtà è per la sua prepotenza nel voler vedere le cose come piacciono a lei. Senza rischiare che ci sia la realtà a rovinarle. Perché al mattino, ci sono soltanto lei e la sua fantasia. E il libro del giorno che stringe tra le mani, stavolta un Murakami del 2027 che ricorda la favola di Pinocchio. Ci si aspetta di trovare l’amore della vita nelle situazioni più intime, quelle che ci fanno sentire diversi, vivi e pieni. Quelle che nessuno conosce, quindi dovesse esserci qualcun altro così, chi se non qualcuno come te? Cammini da sola nel tuo posto preferito e ti aspetti di incrociare casualmente lo sguardo di qualcuno, fissi il tuo quadro preferito al museo d’Orsay e ti aspetti di vedere qualcuno che lo fissi come te, ti fermi al bancone del tuo locale preferito e ti aspetti di trovare la compagnia che cerchi. Ti immergi in una libreria dell’usato e speri di incontrare qualcuno con lui litigare per ottenere la prima edizione dello stesso Salinger. Vai al reparto musica della Feltrinelli e ti aspetti che qualcuno si avvicini per dirti che ascolti buona musica. Qualcosa tipo “Gli Smiths?”, anche se a te piacciono i Radiohead. Ma queste sono cose che non succedono, non succedono e ci si accontenta degli amori giusti. Nati da foto carine su Instagram, battute buttate lì e attenzioni che risvegliano la parte di noi più romantica e sensibile e nostalgica. Illudendoci che tanto no, il resto non arriva, che il massimo è questo. Il resto magari lo troviamo nei nostri romanzi preferiti o nei film francesi. Lei non ha incontrato nessuno nelle sue passeggiate solitarie, né nelle cose che ama di più. E non si aspetta più di trovarvi qualcuno, qualcuno come lei. Lei e lui si sono incontrati senza accorgersene, nel più modaiolo dei posti, un ristorante immerso, letteralmente, in una grotta. Di quelli dove puoi andare solo quando pagano mamma e papà, altrimenti non potresti proprio entrarci. È stata la sorella di lei a fermarlo per chiedergli di far loro una foto con il panorama mozzafiato alle spalle. Lui, invece, era il solito bel turista in un ristorante lussuoso. Ecco, ci si aspetta sempre di dover sentire subito qualcosa, di riconoscere immediatamente qualcuno, di dover essere nel posto giusto, solo perché dovrebbe essere diverso da tutto il resto. Lei non sentì niente, non vide niente, non ricordava nemmeno se avesse notato le sue mani. La sera, lei, scende con la sorella in piazzetta, per divertirsi un po’ come si fa d’estate, solo loro due, dopo tanto tempo.
Hey, ciao Carla. Carla? Come sa il mio nome? Ma sì, siamo in vacanza, in fondo siamo tutti turisti solitari che vogliono portare a casa una storia da raccontare. È quello della foto. Avrà visto la mia foto su Instagram, mi avrà trovata tramite la registrazione alla grotta Palazzese e mi ha aggiunta, pensa lei. Si chiama Alekos, ma è per tutti Alex, ha il papà greco e la mamma italiana ed è qui in vacanza. Lei e lui chiacchierano e sì, tutto sembra bello, ma niente di speciale, di meravigliosamente diverso dal solito. Lui è bello, perché non l’ha notato subito? Perché investe sentimenti sempre sulle persone sbagliate? Le dice che ha delle belle mani. Mani? Sul serio? E arrossisce, dice che ha un’ossessione per le mani. E questo diventa il suo primo segnale. Perché in fondo è sempre questo che cerchiamo, no? Segnali. Segnali che spesso ci creiamo da soli per sentirci dire che sì, forse è una persona speciale. Perché anche lei è innamorata delle mani, anche lei nota le mani. E gli spiega che è strano. Insomma, torna a casa e inizia a pensarlo per il resto del tempo. Basta un segnale così piccolo? Una fissazione per le mani? Non sarebbe stato diverso da tutti gli altri solo per questo? È per questo che ci inventiamo segnali. Per crearci le nostre storie, per credere in qualcosa di diverso, per poi renderci conto che è uguale a tutto il resto e che abbiamo, per l’ennesima volta, iniziato a creare un personaggio che man mano sarà sempre più simile a noi e la colpa sarà soltanto nostra. Si sveglia in piena notte per guardare il cellulare, ecco, trova un messaggio. Lui chiede di far colazione insieme prima della sua partenza verso un’altra storia da trovare in un posto diverso. Carla inizia già a costruire, felicemente, il suo dramma sentimentale, la sua storia estiva da portare a casa. Pensa che magari è troppo tardi e non leggerà la risposta, non lo troverà al bar perché resterà a dormire e non si saluteranno. Scende all’alba per la sua solita passeggiata mattutina, tra le stradine strette e i primi bar che preparano i tavolini fuori, l’odore dei pasticciotti e qualche anziano del paese fuori casa. È come sempre in anticipo e cerca di guardarsi intorno, con la speranza di vederlo e la certezza di incontrarlo comunque, in qualche altro modo. La chiama da lontano, è già seduto al tavolino del bar.
Come sapevi che sarei arrivata? Avrai letto stamani il messaggio.
Dice che sarebbe andato lo stesso a fare colazione per salutare la piazzetta e sapeva fosse una mattiniera che l’avrebbe raggiunto anche per caso. Le chiede di parlargli di Napoli, perché è lì che deve andare, cosa vedere, cosa mangiare, cosa aspettarsi. Quando finirà la tua vacanza, non è che torni a Napoli, magari ci vedremo anche lì, chiede. Ma Carla ci tornerà proprio quando lui andrà via. Dice che va bene, tanto si incontreranno lo stesso. Lei ride dicendogli di ammirare la sua positività nei confronti del destino.
Sai? Si chiama serendipità.
Carla dice che lei proprio non ci crede, ma che è stato bello comunque, che è bello anche avere una storia da portare a casa, una storia che agli altri non sembrerà speciale, e che per lei lo è soltanto per aver avuto i suoi segnali, le mani, la colazione alle 8 del mattino, questa serendipità di cui parla. Allora le propone un patto, così potrà ricredersi. Non si scriveranno su Instagram, non si scambieranno i numeri di cellulare, non si cercheranno e non si aspetteranno di incontrarsi per caso sulla metro di Roma o al porto di Atene, perché alla fine di questa estate si saranno dimenticati di questa storia. E quando se ne saranno dimenticati davvero, la serendipità colpirà ancora e si ritroveranno, per caso. Sembra un felice tocco in più alla sua storia da raccontare, vanno in spiaggia e fanno il loro bagno del mattino, stavolta Carla non per prima perché Alekos si è scaraventato in acqua senza darle il tempo di precederlo. Non le ha detto cose dolci. Si stavano salutando e ognuno sarebbe tornato alla propria vita lontano dall’altro, ma aveva ragione, non sapeva di addio. E comunque erano davvero felici di salutarsi. Perché se avessero avuto più tempo, non sarebbe stato così. E poi, I don’t want to fall in love with you. Le dice così, cantandolo. E la faccia stranita di Carla sorride a metà. Lo sa, non si sono mica innamorati in due giorni, non ci si innamora così, ma perché dirlo? Dice che è una canzone. E che non vuole innamorarsi di lei, perché si innamora sempre di tutte, quindi stavolta no, deve essere una storia speciale. E lo dice come se fosse la cosa più felice e bella che si possa dire a qualcuno. La bacia e le dice che si vedranno, che anche se non sarà presto, per loro sarà presto, perché sono finiti in una pagina dove il tempo non esiste e che sarà estate e saranno nello stesso posto ma in posti diversi.
Lei e lui si sono incontrati di nuovo, casualmente, a Santorini, l’estate successiva. Poi a Positano, pochi mesi dopo. Sempre in vacanza, in un ristorante, sempre con l’acqua del mare, con viste mozzafiato. Sempre nello stesso identico posto, ma in posti diversi. Questa è una storia vera e i piccoli nomadi che sanno quanto sia piccolo il mondo, non sembrerà difficile da credere.
«Sai che è strano?»
«Perché?»
«Dove siamo? Perché si sta ripetendo sempre?»
«Te l’avevo detto. Sarà sempre così. Noi siamo finiti nella bocca della balena».
«Cosa?»
«Che siamo nella bocca della balena. Soltanto io e te. Possiamo decidere di uscire e disperderci come bottiglie abbandonate nell’oceano che non esiste e svegliarci da questo strano romanzo onirico ritrovandoci spiaggiati lontani o restare. Intendo, restare nella bocca della balena e decidere di non uscirne».
«E allora che facciamo?»
«Non dicevi che l’amore pieno non ha un finale come un romanzo di Murakami? Non l’hai ancora capito dove siamo? Ne La bocca della balena di Murakami che hai perso nel mare di Polignano».