Perché Nicola Lagioia non prende tutti i suoi antidoti al peggio del “discorso pubblico” e se li infila su per il culo? Il risultato sarebbe senza dubbio più interessante del suo Facebook: immaginate l’Instagram di Loredana Lipperini da cui ogni tanto una fotografia si distingue più delle altre per nitidezza e accollo, sostituite al tran-tran dei libri/gatti il broooom broooom broooom dell’egemonia emancipatrice del discorso letterario, qualsiasi cazzo di cosa significhi, e otterrete un Patreon free di bellissime parole e reaction gialle e rosse e acide come un Caravaggio coglione che affresca su lacerti di carta da parati usata da Federico Fiumani nel 1986 a Sollicciano per pulirsi il culo nel backstage di un concerto organizzato da Francesco Ammannati la morte di Luca Varani.
Meglio Nicola comunque della manica di stronzə che infestano la bolla da quando Soru ha deciso di fornire gratis l’accesso al world wide web. Non parliamo proprio di pateticə inself pazzə che si rifiutano di leggere La città dei vivi perché l’editoria in Italia è UNA COOOOOPOLA MAVIOOOOSAAAAAAA, come se le incularelle alla romana non esistessero pure la mattina allo specchio, di fronte alla scelta dello spazzolino da usare per fingere di essere meno morti e coglioni delle altrə.
Risultato? Noi Nicola Lagioia lo abbiamo incontrato all’ultimo SALTO in presenza e ci siamo trattenutə a stento da spaccargli una bottiglia di Campari in faccia, ma tra lui e Simone Sauza, che se non fosse l’ennesimo maschio bianco con il ditino nerd alzato sarebbe la nostra persona intellettuale di riferimento del Secolo, tutta la vita Nicola, che è pur sempre un amico.
Di Stefano Felici hanno già detto osservatrici e osservatori più acutə e titolatə di noi. Link agevolabili a proposito? Nessuno, per dire la persona. Meglio Stefano comunque che quel patetico coglione pazzo di Pierluca D’Antuono, che se prendesse le Ricette e tutto l’archivio di Verde e se lo infilasse su per il culo, ci sarebbe ancora spazio per i 2/3 dell’archivio cartaceo di Nuovi Argomenti (“è un eufemismo”) e per i 7/8 di Cadillac, la prima rivista autotomica della bolla.
Viola di Grado non sappiamo chi sia e non ce ne frega un cazzo.
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COSVIOLENZAILLUSTRATA

Primavera, Emma Grillo
Quando dopo un lungo silenzio a marzo abbiamo ripreso le pubblicazioni, eravamo già in quarantena e il primo pensiero è stato il primo pensiero di tutti nella bolla, meno L’Inquieto (major league), raccontare i nostri giorni di chiusura, come stavamo vivendo l’isolamento e il sentiment di comunità che si sacrifica unita, ma anche le solite cose, tipo il complottismo che nega la pandemia o il sesso ai tempi del covid. Adesso che tutto è finito – ma è tutto finito? – ha ancora senso questa rubrica? Dovremmo continuare a immaginare e a scrivere pezzi da raccogliere in un istant ebook a cura di Simone Bachechi? Il rimpianto, l’unico neo, è di non aver coinvolto neanche questa volta Filippo Tuena (che amiamo incondizionatamente), o più banalmente Marinelli o Mosca. Al buio tutti i gatti sono grigi, bella forza, ma qua continuiamo a rimpiangere un poco troppo il passato. Riusciremo mai a guardare avanti senza sentirci ogni volta costretti a scegliere tra scrivere un racconto decentemente e andare a fare bowling? Faremo ancora incazzare un sacco di gente? Ai posteri.
Un anno fa moriva Nanni Balestrini, che era il migliore. Dentro Verde in quei giorni si lavorava alla COSVIOLENZAILLUSTRATA, un’azione che la Nuova Edizione fresca di Sal(t)ò 2019 avrebbe dovuto realizzare in tempi e modi ancora da scoprire.
Erano i giorni di SUS#2, maggio finì in redazione Minimum Fax, dove tornammo l’8 o il 9 giugno (mezza Verde: l’altra era a Firenze a rubare giubbotti) per il BEST OFF 2019. Felici lesse questo pezzo scritto a quattro mani con D’Antuono (D’Antuono assicura che le mani erano molte di più, e peraltro saccheggiate): non lo avevamo mai riletto dopo quel giorno, ci sembra ancora buono, nonostante la tentazione di lasciarlo andare per sempre nel flebile ricordo di Barbara, Gloria, Corrado e chi c’era.
Praticamente un Omero coglione, ve lo immaginate?
L’illustrazione è di Emma Grillo. Ciao, tornate venerdì.
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Il canone del Faraone: un addio e le classifiche di qualità 2019 di Verde

Guglielmo Janni, Pugile (1937)
“My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!”
È in corso un processo dentro la redazione di Verde dalla primavera del 2018 che si conclude oggi in contumacia dell’unico imputato alla sbarra, che poi sarei io. L’ultimo episodio sta avendo luogo nelle chat ufficiali WhattsApp mentre scrivo queste note: è la conta delle reazioni ai post pubblicati sulla nostra pagina Facebook; i miei interventi “ne genererebbero un numero insufficiente” (a cosa, poi?).
Questo è l’ultimo editoriale del 2019, il primo della storia a venire pubblicato firmato e il pezzo più difficile che ho mai scritto per la rivista che ho ideato e fondato più di sette anni fa. 2801 giorni, 400 settimane e una manciata di ore per decidere che me ne tiro fuori, sono stanco, non ho più voglia di giocare. Nemo iudex in causa propria, come dicono quelli, e tanto basterebbe a chiudere una vicenda grottesca che se non portasse con sé implicazioni tragiche sarebbe una stanca riproposizione di pose datate seppure ben congegnate.
Io, qua, sia abbastanza chiaro agli atti, non ho più voglia di scherzare né di perdere tempo.
Editoriale lungo, ma troppo breve per sintetizzare vicende enciclopediche, pensato e scritto per chi ci ha seguito in questi anni, nonostante i fatti degli ultimi mesi.
Degli altri me ne fotto alacremente.
Ho conosciuto Alfredo Zucchi nel maggio 2018 in una nota libreria romana, al seguito di una moltitudine disordinata che adesso non mi va nemmeno di nominare. Sono costretto a tornare indietro all’unico evento letterario e mondano degli ultimi anni che ricordo con piacere, a cui arrivavo con un’apprensione sollecitata da un diaframma tra il mio corpo incassato e la gioia di incontrare finalmente l’unica persona dell’ambiente che da quel momento avrei guardato con sincera ammirazione. Il Pastor di Crapula Club conquistò il mio affetto confessandomi di provare la nausea alla sola idea di aprire la casella postale di redazione e mettere ordine ai fatti del litblog che dirigeva. Fu una rivelazione che mi tolse il respiro e crepò la maschera che come una condanna calava sul mio volto: era lo stesso Ekel che provavo io ogni giorno e che mai avevo sognato di poter condividere nell’ipocrita bolla della meschina litweb che abitavo.
Erano i giorni della prima polemichetta contro i toscani che quasi ci costrinse a chiudere la rivista, i giorni dell’ammutinamento della redazione contro la decisione di ampliare i nostri intorni, dare un taglio allo splendido isolamento provinciale che assilla i romani romanisti de Roma e aspiranti tali, raffinare le nostre intenzioni e i nostri innocui esercizi letterari allo specchio.
Al centro di Verde dovevano esserci le persone, il primato delle relazioni, il linguaggio e la visione; lo scopo: fare buona letteratura.
Verde doveva avere più amici, belli e sinceri come solo i toscani talvolta sanno essere.
Erano i giorni dell’abbraccio mortale di Vanni Santoni e delle citazioni che Verde continuava inutilmente a collezionare, i giorni in cui giungemmo a ricevere cinquanta proposte di racconti a settimana – e di buoni potevamo setacciarne non di più di tre al mese, questo Vanni lo sa, lo sa chi scrive e chi legge, lo sa la redazione, lo sanno tutti; erano i giorni in cui sul blog della mia rivista venivo dipinto come un tiranno sanguinario o come un patetico coglione pazzo senza progettualità e privo di direzione.
Sono stato così buono da concedere ai miei sodali lo spazio e il tempo per organizzarsi al di là della mia guida e della mia ostensione.
Non ho mai preso pubblica parte al dibattito e ho ceduto alla richiesta di essere messo in discussione dalla mia redazione.
Tutti i miei tentativi di chiudere Verde sono falliti.
Sono giunto alla conclusione che chiudere Verde sia impossibile.
Per questo sono un coglione e lo sarò per sempre, ma sono ancora la persona più cattiva che conosco. Il mio lavoro è letteralmente fare piangere i bambini, in modi creativi e orientati all’acquisizione delle otto competenze chiave individuate dal Parlamento Europeo in una raccomandazione del 2006.
L’anno è forse errato? Me ne fotto e non controllerò su Google, perché io, qua, sia abbastanza chiaro agli atti, non ho più voglia di scherzare né di perdere tempo.
Prima di conoscermi, Stefano Felici era un boyscout sorridente che sperava di farsi un nome a Firenze grazie a un racconto pubblicato su Nazione Indiana.
Francesco Quaranta è ancora oggi un cameriere della bassa bresciana patito collezionista Salda Press e di bootleg dei Lunapop. Non credo ci sia altro da aggiungere, se non che dentro la litweb l’ho inventato io.
Luca Marinelli LETTERALMENTE non esisteva prima che il nostro incontro gli donasse la vita.
Del “dottor” Mosca, confinato a Pescara per motivi di cui un giorno si potrà pur parlare, preferisco non dire (ho già detto).
Federica Sabelli è la sola che valga qualcosa là dentro; io mi sono impadronito delle sue batterie eteriche.
Andrea Frau è il caro “Capitano” della nostra rivista, la delusione umana più cocente dell’esperienza di Verde, la firma in calce all’Ordine del giorno Grandi che chiude così pavidamente la nostra storia.
I redattori che negli anni sono fuggiti intimoriti dalla mia persona conservano immutata la mia stima.
La redazione sta preparando un documento che non ho tema di anticipare in cui tra le altre cose mi viene addebitato il fallimento di Scenicchia una sega #4 e dello Sciopero del racconto con Nuova Edizione e mi viene chiesto di rinunciare al ruolo di Ramses II.
Per Pierluca D’Antuono, bontà loro, ci sarà sempre spazio dentro Verde.
Il 5 dicembre 2019, tra defezioni all’ultimo secondo di prestigiosi giurati editoriali amici e il totale disimpegno anche economico della redazione, la sola persona che ho sentito vicina è stata Simone Lisi. Da Firenze.
Resto convinto che l’unica possibile via per continuare a fare rivista fosse sciogliere Verde dentro Nuova Edizione; la prima fase avrebbe previsto litwrestling, capslock, guerra dei fake, fasciofont, xenofemminismo, lazialità, sionismo e altre cose divertenti che non farò mai più; nella seconda fase, maturato e agito il caos, avremmo dichiarato lo sciopero del racconto che si sarebbe concluso in Nuova Edizione quando le condizioni attorno a noi avrebbero avuto luogo.
Lo sciopero è fallito, Verde non chiuderà: sono le uniche responsabilità che mi riconosco.
L’immensa tela che ho intrecciato è stata disfatta da un pubblico refrattario che non ha saputo intuire la grandezza del mio piano.
Il rimpianto maggiore è di non avere saputo chiarire i contorni della litwrestling, la costruzione di situazione più importante che abbiamo inventato dal nulla con lucidità e consapevolezza ferocissime, e nonostante le didascalie disseminate: “Esiste una prospettiva più interna che ci fa dire che le riviste non sono i racconti che pubblicano, ma i simboli e i linguaggi che creano e lo spazio in cui stanno.”
Delle cause in corso con il miglior scrittore comico italiano e con una manciata di patetici odiatori maschi falliti se ne occuperanno le mie avvocate.
È ridicolo solo pensare che Verde possa esistere senza di me o che allo stato io abbia ancora intenzione di fare Verde.
È ridicolo immaginare che Pierluca D’Antuono possa esistere senza Ramses II.
Nei prossimi giorni la redazione annuncerà l’ingresso di un nuovo redattore (a quanto ne so già individuato) che prenderà il mio posto.
Provo il sollievo della fine, nella consapevolezza di non avere lasciato nulla di intentato.
Ci sarà tempo e modo, nuove forme, un’altra via, un altro spazio per parlare ancora. Chi ha intenzione di ascoltare si metta in attesa del prossimo segnale che non tarderà.
Aspetto, su questa confortevole riva che adesso mi fa dà sponda, chi presto o tardi vorrà raggiungermi – o ne sarà costretto.
La storia di Verde, per quanto mi riguarda, si conclude oggi con le consuete classifiche di qualità di fine anno redatte da me.
La prima lista, la meno importante, raccoglie i dieci racconti più letti nel 2019 ed è una conferma alle mie più torve convinzioni sul nostro pubblico.
Segnalo poi i dieci racconti migliori che abbiamo pubblicato quest’anno ai “distratti” e a chi si ostina a “fare confusione tra cause congiunturali e cause strutturali, tra capacità e pratica, tra perseveranza e tenacia, tra merito e metodo, tra lettura e scrittura, tra letteratura e editoria, tra Giorgio Biferali e Luciano Funetta”.
L’ultimo elenco, quello a cui tengo di più, contiene l’identità di Verde, la rivista più importante degli ultimi dieci anni di riviste non importanti: è da quelle voci che un giorno sarà possibile riprendere le fila del discorso e tornare a immaginare uno spazio libero di visioni e linguaggio.
Autorizzo la pubblicazione di questo mio scritto senza illudermi sulla possibilità di riuscire a portare luce nel labirinto di errori, travisamenti, insinuazioni e accuse al cui centro sta il mio nome: la nostra epoca, che risente ancora troppo di odio e di amore, è la meno propizia per giudizi spassionati; il mio scopo sarà d’altronde raggiunto se alla fine una sola lettrice, equanime ed esente da preconcetti, sarà convinta che dal 30 aprile 2012 al 31 dicembre 2019 non aspirai che a fare del bene a Verde, sempre lusingandomi di avere evitato il male alle scenicchie.
Operazione 20/C post 3 #7: Cos’altro c’è in Romagna, Lyz?
Alison Schenetti, Cos’altro c’è in Romagna, Lyz? Operazione Cadillac 20/C post 3 (qua tutto, qua i racconti, copertina di Antonio Ufarte) conclusa. Buon natale.
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Operazione 20/C post 3 #5: Momenti di trascurabile Social
Crocifisso Dentello, Momenti di trascurabile Social, Operazione Cadillac 20C/post 3, qua tutto, qua i racconti, copertina di Antonio Ufarte. Seguiranno comunicazioni.
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Operazione 20/C post 3 #4: Una giornata nella vita della mia vita
Luca Mercadante, Una giornata nella vita della mia vita, Operazione Cadillac 20C/post 3, qua tutto, qua i racconti, copertina di Antonio Ufarte. Seguiranno comunicazioni. Stop.
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Operazione 20/C Post 3 #3: La talentuosa addormentata nel bosco
+++ COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: GIOVEDì 5 DICEMBRE 2019 SERATA CONCLUSIVA DI SUS#2 IL PRATICAMENTE CONCORSO LETTERARIO ORGANIZZATO DA VERDE, NUOVA EDIZIONE E LA PECORA ELETTRICA LE VINCITRICI E I VINCITORI DELLE QUATTRO SERATE DI PRIMAVERA LEGGERANNO I RACCONTI E POI GIURATI DI PRESTIGIO MEMICCHI FRITTI LIVE “DA UN’IDEA DI Effe – Periodico di Altre Narratività” E UN CARTACEO CHE FARA’ IMPALLIDIRE MARTIN HOFER DE L’INQUIETO CHI HA CAPITO HA CAPITO ORE 21 CIRCOLO ARCI SPARWASSER VIA DEL PIGNETO 215 ROMA INGRESSO GRATUITO CON TESSERA ARCI E’ ABBASTANZA CHIARO QUA L’EVENTO FACEBOOK +++
Gianluca Liguori (1982) vive a Roma. Ha pubblicato il romanzo Dio è distratto (NPE, ’06 – Tespi, ’08). Fondatore di Scrittori precari, redattore di FRIGIDAIRE, Il nuovo male e TerraNullius, ha pubblicato racconti con le più importanti riviste cartacee e online.
Con il racconto xenofemminista La talentuosa addormentata nel bosco è per la prima volta su Cadillac Magazine (20C/post3, qua tutto, qui i racconti, copertina di Antonio Ufarte).
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Operazione 20C/Post 3 #2: Racconto a pagamento
NUOVA EDIZIONE 道場 RIVENDICA L’OPERAZIONE CADILLAC 20C/POST 3 COME INIZIATIVA COLLATERALE ALL’OPERAZIONE FUOCO AMICO! PALESTRA? UNA SEGA! LANCIATA L’11 OTTOBRE SCORSO QUA. LO SCIOPERO PROSEGUE. SEGUIRANNO COMUNICAZIONI.
Jacopo La Forgia è nato a Roma nel 1990, dove vive. Ha studiato Filosofia estetica e si è laureato con una tesi magistrale su Infinite Jest di David Foster Wallace. È fotografo e scrittore. Come fotografo ha pubblicato reportage sulla discarica di Nuova Delhi, sulla guerra civile in Kashmir e sul Delta del Danubio in Romania.
Come scrittore ha pubblicato reportage e racconti su Nazione Indiana, Cadillac Magazine, CrapulaClub, nell’antologia Odi. Quindici declinazioni di un sentimento (effequ 2015, a cura di Gabriele Merlini) e sulla rivista cartacea Retabloid Fiction Issue #1 curata da Oblique Studio. Il suo primo romanzo, Materia. La fuga degli elementi è uscito nel 2019 per i tipi di effequ.
Il suo Racconto a pagamento è nell’ultimo numero di Cadillac (20C/post3, qua tutto, qui i racconti, copertina di Antonio Ufarte).
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Operazione 20C/post 3 #1: Il dramma e la chimica

A parte questo numero di Cadillac, tutto è finzione (In copertina: Antonio Ufarte)
Rupert Salo (1961) vive a Varese. Ha pubblicato il romanzo E nemmeno tra un milione di anni (Stampa Alternativa, 1992) e la raccolta poetica Levico (Anima Mundi Editorial 2018).
Nel 2009 ha partecipato alla prima edizione del concorso letterario 8×8. Suoi racconti sono apparsi su Ammatula, Colla, Narrandom. È sposato, ha quattro cani e quando non scrive fa il consulente finanziario.
Il suo racconto Il dramma e la chimica apre l’ultimo numero di Cadillac (20C/post3, qua tutto, qui i racconti, copertina di Antonio Ufarte).
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Sciopero del racconto – #1 Comunicato: Cos’è questo golpe? 道場
Riceviamo, aderiamo e condividiamo da Nuova Edizione (qua).
“NUOVA EDIZIONE 2019 – IDEE SENZA PAROLE
OPERAZIONE FUOCO AMICO – PALESTRA? UNA SEGA!
#1 COMUNICATO: COS’È QUESTO GOLPE?
NUOVE FORME, RARE FORME: DOVE SI SEGUE LA VIA (道場)”
Segue comunicato. Continua a leggere