RICETTE #9: Cannelloni “29” alla D’Antuono

G r E e N L o D g Y

Buongiorno, siamo l’unica rivista qua in giro. Lo ha detto Alfredo Zucchi in merito a questo, la bomba lanciata per inaugurare un nuovo segno de La Nuova Verdə 2021. Lo siamo al di là di un podcast pazzesco, opera di Claudia D’Angelo che ha diretto la registrazione. Le opere e i prodotti audiovisivi sono fatti collettivi, ma la regia di Claudia ha ri-creato ciò che adesso potete sentire e che in video è un’altra cosa. La regia di Claudia è il motivo per cui non avevamo mai potuto fare un podcast e adesso invece possiamo. Tanto era dovuto, tenetelo a mente.
Alfredo Zucchi ha ragione, non è che non lo sapevamo, ma ciò non impedisce di emendarlo. La Nuova Verde è l’unica rivista qua in giro finché non perverrà un altrove dove
Stefano Felici, in attesa del fatidico maggio 22, inventerà ragionando in un ambiente analogamente insalubre Ricette per chiuderla così, Cannelloni 29, deformando D’Antuono, Sabelli, la redazione, se stesso, le voci di una costruzione letteraria che in questo uomo si fa carne cogliona, ma pur sempre carne. Felici è una centrifugazione fenomenica, qualsiasi cosa possa significare, che non ha mai suonato una nota ma ha fatto sentire la musica.
Dei racconti, d’altronde, non ce ne frega un cazzo.
Meme fritto dalla 
G r E e N  L o D g Y .

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Autobiografia di una funzione

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Claudia D’Angelo

Non c’è gusto nella bolla a essere intelligentə. Ieri, nonostante il tedio domenicale incipiente e la relativa droga consumata, abbiamo tentato di ravvivare una presentazione tanto precisa e simpatica quanto boring. Le domande serissime che abbiamo rivolto al trio Gala-Palomba-Spiedo, i Conti-Panariello-Pieraccioni ma campanə o giù di lì della litweb, non hanno trovato né risposta né ospitalità. Noi non ci offendiamo ma ribadiamo che qualcosa non torna nella copertinistica della piccola sebbene meritoria editoria indipendente italiana. E il dalle alla ministra è roba da Piero Ricca.
Se il romanzo di Spiedo ve lo consigliamo? Ma noi vi consigliamo quello che volete, comprate pure, comprate tutto, fate girare l’economia o fate come Ramses, aspettate i preziosi dei generosi uffici stampa. Poi però fate le bravə e mettetevi a studiare. Vecchə e ciechə di fronte al portale fatevi demoni di Maxwell, sciogliete i nodi dell’entropia e dell’irreversibilità del tempo, evitate l’inevitabile, uccidete nani a bastonate, rendetevi capaci di ogni cosa, degna o indegna, ribaltatevi nella magica causalità della morte, siate sacrə e smettetela di pensare al tempo in termini di perdita.
Allora sarete prontə per leggere
Alfredo Zucchi. Leggetelo qua in conversazione con Andrea Cafarella, qua spiegato da Siviero, qua tra due giorni con Gala, qua e adesso su Verde.
Di Alfredo su queste pagine si è già detto a iosa.
Autobiografia di una funzione, la letteratura che dialoga con se stessa, che deforma e manipola se stessa, aziona meccanismi combinatori microscopici che possono provocare effetti dirompenti, ce l’abbiamo soltanto noi.
Il collage è di
Claupatra.
Non citateci, non menzionateci, non imitateci, vogliamo soltanto essere dimenticatə. C’è un detto che dice AMEN. E così sia.

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Cover #8: che il o l’ o l’ l’ era e del fu

Succede che il nostro Capitano Andrea Frau è tornato attivo sulla pagina Facebook di Verde Rivista nell’ultima settimana. Siamo molto felici, ma stamattina cominciano già a “fioccare” le conseguenze:

  • Lundini ha contattato Alessandro Gori per vedere se eventualmente può usufruire anche lui degli avvocati di minimum fax
  • Leonardo Luccone non fa altro che postare foto di cibo e sfidare Stefano Felici a un “Cook-out”
  • Ferruccio Mazzanti ci scrive “basta raga che mi imputtanate l’uscita del libro”
  • Mauro Maraschi piange ininterrottamente da una settimana e non c’è gelato o dolcetto che tenga
  • Alfredo Zucchi è semplicemente scomparso
  • Gianluca Liguori si è accampato sotto casa di D’Antuono
  • Ippolita Luzzo continua a chiedere delucidazioni riguardo il termine “situazionismo”.

Ma non lasciamoci distrarre. Oggi l’amica Sara Mazzini ci regala una perla: di nuovo una Cover, di nuovo di Alessio Mosca (l’unico finora a meritarsi un doppio rifacimento, d’altronde non a caso da un paio d’anni è il nostro candidato ufficiale a miglior raccontista d’Italia, se non fosse per quel problema…) e del suo Agro Pontino. Sara ci ha detto: “stavo giohando hon il racconto di Mòsha, m’è hadutho ed è ffinito ‘n mille pezzi. Allora l’ho rrimesso ‘nsieme come mi harbava a me”. Sembra che Sara si sia chiusa in una sala prove, abbia suonato e ballato con le frasi del racconto e dopo ore di gioco ne sia uscita con questo Che il o l’ o l’ l’ era e del fu, titolo che (lo diciamo per lə nostrə lettorə un po’ più durə di comprendonio, tipo Quaranta) è anche la chiave dell’operazione.

Il dipinto è della nostra “Federtiti” Federica Sabelli.

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Il canone del Faraone: un addio e le classifiche di qualità 2019 di Verde

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Guglielmo Janni, Pugile (1937)

“My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!”

È in corso un processo dentro la redazione di Verde dalla primavera del 2018 che si conclude oggi in contumacia dell’unico imputato alla sbarra, che poi sarei io. L’ultimo episodio sta avendo luogo nelle chat ufficiali WhattsApp mentre scrivo queste note: è la conta delle reazioni ai post pubblicati sulla nostra pagina Facebook; i miei interventi “ne genererebbero un numero insufficiente” (a cosa, poi?).

Questo è l’ultimo editoriale del 2019, il primo della storia a venire pubblicato firmato e il pezzo più difficile che ho mai scritto per la rivista che ho ideato e fondato più di sette anni fa. 2801 giorni, 400 settimane e una manciata di ore per decidere che me ne tiro fuori, sono stanco, non ho più voglia di giocare. Nemo iudex in causa propria, come dicono quelli, e tanto basterebbe a chiudere una vicenda grottesca che se non portasse con sé implicazioni tragiche sarebbe una stanca riproposizione di pose datate seppure ben congegnate.

Io, qua, sia abbastanza chiaro agli atti, non ho più voglia di scherzare né di perdere tempo.

Editoriale lungo, ma troppo breve per sintetizzare vicende enciclopediche, pensato e scritto per chi ci ha seguito in questi anni, nonostante i fatti degli ultimi mesi.
Degli altri me ne fotto alacremente.

Ho conosciuto Alfredo Zucchi nel maggio 2018 in una nota libreria romana, al seguito di una moltitudine disordinata che adesso non mi va nemmeno di nominare. Sono costretto a tornare indietro all’unico evento letterario e mondano degli ultimi anni che ricordo con piacere, a cui arrivavo con un’apprensione sollecitata da un diaframma tra il mio corpo incassato e la gioia di incontrare finalmente l’unica persona dell’ambiente che da quel momento avrei guardato con sincera ammirazione. Il Pastor di Crapula Club conquistò il mio affetto confessandomi di provare la nausea alla sola idea di aprire la casella postale di redazione e mettere ordine ai fatti del litblog che dirigeva. Fu una rivelazione che mi tolse il respiro e crepò la maschera che come una condanna calava sul mio volto: era lo stesso Ekel che provavo io ogni giorno e che mai avevo sognato di poter condividere nell’ipocrita bolla della meschina litweb che abitavo.

Erano i giorni della prima polemichetta contro i toscani che quasi ci costrinse a chiudere la rivista, i giorni dell’ammutinamento della redazione contro la decisione di ampliare i nostri intorni, dare un taglio allo splendido isolamento provinciale che assilla i romani romanisti de Roma e aspiranti tali, raffinare le nostre intenzioni e i nostri innocui esercizi letterari allo specchio.
Al centro di Verde dovevano esserci le persone, il primato delle relazioni, il linguaggio e la visione; lo scopo: fare buona letteratura.
Verde doveva avere più amici, belli e sinceri come solo i toscani talvolta sanno essere.

Erano i giorni dell’abbraccio mortale di Vanni Santoni e delle citazioni che Verde continuava inutilmente a collezionare, i giorni in cui giungemmo a ricevere cinquanta proposte di racconti a settimana – e di buoni potevamo setacciarne non di più di tre al mese, questo Vanni lo sa, lo sa chi scrive e chi legge, lo sa la redazione, lo sanno tutti; erano i giorni in cui sul blog della mia rivista venivo dipinto come un tiranno sanguinario o come un patetico coglione pazzo senza progettualità e privo di direzione.
Sono stato così buono da concedere ai miei sodali lo spazio e il tempo per organizzarsi al di là della mia guida e della mia ostensione.
Non ho mai preso pubblica parte al dibattito e ho ceduto alla richiesta di essere messo in discussione dalla mia redazione.
Tutti i miei tentativi di chiudere Verde sono falliti.
Sono giunto alla conclusione che chiudere Verde sia impossibile.
Per questo sono un coglione e lo sarò per sempre, ma sono ancora la persona più cattiva che conosco. Il mio lavoro è letteralmente fare piangere i bambini, in modi creativi e orientati all’acquisizione delle otto competenze chiave individuate dal Parlamento Europeo in una raccomandazione del 2006.
L’anno è forse errato? Me ne fotto e non controllerò su Google, perché io, qua, sia abbastanza chiaro agli atti, non ho più voglia di scherzare né di perdere tempo.

Prima di conoscermi, Stefano Felici era un boyscout sorridente che sperava di farsi un nome a Firenze grazie a un racconto pubblicato su Nazione Indiana.
Francesco Quaranta è ancora oggi un cameriere della bassa bresciana patito collezionista Salda Press e di bootleg dei Lunapop. Non credo ci sia altro da aggiungere, se non che dentro la litweb l’ho inventato io.
Luca Marinelli LETTERALMENTE non esisteva prima che il nostro incontro gli donasse la vita.
Del “dottor” Mosca, confinato a Pescara per motivi di cui un giorno si potrà pur parlare, preferisco non dire (ho già detto).
Federica Sabelli è la sola che valga qualcosa là dentro; io mi sono impadronito delle sue batterie eteriche.
Andrea Frau è il caro “Capitano” della nostra rivista, la delusione umana più cocente dell’esperienza di Verde, la firma in calce all’Ordine del giorno Grandi che chiude così pavidamente la nostra storia.
I redattori che negli anni sono fuggiti intimoriti dalla mia persona conservano immutata la mia stima.

La redazione sta preparando un documento che non ho tema di anticipare in cui tra le altre cose mi viene addebitato il fallimento di Scenicchia una sega #4 e dello Sciopero del racconto con Nuova Edizione e mi viene chiesto di rinunciare al ruolo di Ramses II.
Per Pierluca D’Antuono, bontà loro, ci sarà sempre spazio dentro Verde.

Il 5 dicembre 2019, tra defezioni all’ultimo secondo di prestigiosi giurati editoriali amici e il totale disimpegno anche economico della redazione, la sola persona che ho sentito vicina è stata Simone Lisi. Da Firenze.

Resto convinto che l’unica possibile via per continuare a fare rivista fosse sciogliere Verde dentro Nuova Edizione; la prima fase avrebbe previsto litwrestling, capslock, guerra dei fake, fasciofont, xenofemminismo, lazialità, sionismo e altre cose divertenti che non farò mai più; nella seconda fase, maturato e agito il caos, avremmo dichiarato lo sciopero del racconto che si sarebbe concluso in Nuova Edizione quando le condizioni attorno a noi avrebbero avuto luogo.
Lo sciopero è fallito, Verde non chiuderà: sono le uniche responsabilità che mi riconosco.
L’immensa tela che ho intrecciato è stata disfatta da un pubblico refrattario che non ha saputo intuire la grandezza del mio piano.
Il rimpianto maggiore è di non avere saputo chiarire i contorni della litwrestling, la costruzione di situazione più importante che abbiamo inventato dal nulla con lucidità e consapevolezza ferocissime, e nonostante le didascalie disseminate: Esiste una prospettiva più interna che ci fa dire che le riviste non sono i racconti che pubblicano, ma i simboli e i linguaggi che creano e lo spazio in cui stanno.
Delle cause in corso con il miglior scrittore comico italiano e con una manciata di patetici odiatori maschi falliti se ne occuperanno le mie avvocate.

È ridicolo solo pensare che Verde possa esistere senza di me o che allo stato io abbia ancora intenzione di fare Verde.
È ridicolo immaginare che Pierluca D’Antuono possa esistere senza Ramses II.
Nei prossimi giorni la redazione annuncerà l’ingresso di un nuovo redattore (a quanto ne so già individuato) che prenderà il mio posto.
Provo il sollievo della fine, nella consapevolezza di non avere lasciato nulla di intentato.
Ci sarà tempo e modo, nuove forme, un’altra via, un altro spazio per parlare ancora. Chi ha intenzione di ascoltare si metta in attesa del prossimo segnale che non tarderà.
Aspetto, su questa confortevole riva che adesso mi fa dà sponda, chi presto o tardi vorrà raggiungermi – o ne sarà costretto.
La storia di Verde, per quanto mi riguarda, si conclude oggi con le consuete classifiche di qualità di fine anno redatte da me.
La prima lista, la meno importante, raccoglie i dieci racconti più letti nel 2019 ed è una conferma alle mie più torve convinzioni sul nostro pubblico.
Segnalo poi i dieci racconti migliori che abbiamo pubblicato quest’anno ai “distratti” e a chi si ostina a “fare confusione tra cause congiunturali e cause strutturali, tra capacità e pratica, tra perseveranza e tenacia, tra merito e metodo, tra lettura e scrittura, tra letteratura e editoria, tra Giorgio Biferali e Luciano Funetta”.
L’ultimo elenco, quello a cui tengo di più, contiene l’identità di Verde, la rivista più importante degli ultimi dieci anni di riviste non importanti: è da quelle voci che un giorno sarà possibile riprendere le fila del discorso e tornare a immaginare uno spazio libero di visioni e linguaggio.

Autorizzo la pubblicazione di questo mio scritto senza illudermi sulla possibilità di riuscire a portare luce nel labirinto di errori, travisamenti, insinuazioni e accuse al cui centro sta il mio nome: la nostra epoca, che risente ancora troppo di odio e di amore, è la meno propizia per giudizi spassionati; il mio scopo sarà d’altronde raggiunto se alla fine una sola lettrice, equanime ed esente da preconcetti, sarà convinta che dal 30 aprile 2012 al 31 dicembre 2019 non aspirai che a fare del bene a Verde, sempre lusingandomi di avere evitato il male alle scenicchie.

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I meteorologi di Fez

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Allora, aprite le orecchie, prima di tutto un po’ d’ordine: la terza serata di Scenicchia una Sega #2 – praticamente un concorso si terrà presso la sede di minimumfax in via Pisanelli 2, zona Piazza del Popolo. Ci si trova tutti alle 18:30 per la presentazione de I Fratelli Michelangelo di Vanni Santoni.

Racconti in gara:
I Leggins di Lavinia Ferrone
Toccarsi di Graziano Gala
Eterni Bambini di Federica Patera
Fascismo Sessuale in 88 Twit di Enrico Seimandi

Giuria:
Scenicchia Toscana – Sarmi Zegetusa
Scenicchia Romana – Stefano Felici
Scenicchia Napoletana – Alfredo Zucchi
Scenicchia della Strada – Dionisio Izzek

Ospite d’onore della serata nientepopodimeno che il Capitano di Verde Andrea Frau.

Oggi torna con noi Simon(e) “Le Bon” Lisi con I Meteorologi di Fez un racconto che non è un racconto, bensì un elegante collegamento alla serata di venerdì. Come? Eh eh eh…

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La Letteratura Pazzesca in Italia (Nuova Edizione 2018)

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La Letteratura Pazzesca in Italia, Nuova Edizione 2018

Fervono i preparativi finali per Scenicchia una sega #1 (PRATICAMENTE UN FESTIVAL), l’evento choccante dell’anno organizzato da Crapula Club e Verde con cui questa sera daremo la stura definitiva alla millenaria rivalità Firenze-resto del mondo, cancelleremo la S-WORD dal vocabolario della neolitweb post-millennials e vareremo il NOVO PAZZESCO ROMANO. Cosa succederà tra poche ore è presto detto: alle 20:30 presenteremo l’antologia Anatomè (Ensemble Edizioni 2018) insieme al curatore Andrea Zandomeneghi, all’autrice Erika Nannini e agli autori Luca Mignola e Alfredo Zucchi; dalle 22 letture ad alta voce con microfono aperto (massimo 10 minuti, un testo tuo meglio se inedito e uno altrui meglio se non di tuo cugino poeta EAP) e poi: LO SCENICCHIOMETRO, il pazzesco concorso a premi con in palio ai primi tre classificati volumi di prestigio riconducibili al milieu della scenicchia; l’elezione di MISTER SCENICCHIA (in lizza: Simone Lisi, Dario De Cristofaro, Francesco D’Isa); i pazzeschi DJ set di DJ PAZZESCO e DJ KANT’OX.
Ma il momento topico della serata sarà il debutto dell’incredibile numero cartaceo confezionato in inter-redazione Crapula/Verde con l’apporto esclusivo di Alessio Mosca. La pubblicazione contiene un editoriale firmato dal Commissario Pierluca D’Antuono e da Herr Alfredo Zucchi, una lista incompleta e mobile della Letteratura Pazzesca in Italia (Nuova Edizione 2018), un racconto inedito di Simone Lisi e l’anteprima memetica del numero 1 di Rivista Pazzesca.
Vi aspettiamo dalle 20:30 allo Sparwasser, in Via del Pigneto 215 a Roma. Ingresso gratuito con tessera Arci.
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Il vuoto e la Madonna

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SCENICCHIA UNA SEGA #1 PRATICAMENTE UN FESTIVAL- SABATO 8 DICEMBRE 2018- SPARWASSER ORE 20:00

Amici, per superare la concorrenza dei lit-bot, riviste intelligenze artificiali, finanziate da oscuri fondi editoriali russi, Verde corre ai ripari e segue l’esempio delle grandi fusioni  e/o sinergie (Bayer-Monsanto, Luxottica-Essylor, Google Android), ergo:
dopo Mondazzoli, Repubblampa (O Stampubblica), Veltrusconi, Renzusconi, Quarau, Santamerro’s, Carell’tuono, Barbierinelli, De Capitenelli, è giunto il turno di un Godzilla nato dall’odio per le conventicole e le frustrazioni da insel (TM): VERDAPULA, Il Tetsuo vorace di sangue di vergini ancora impubblicati.
Do you remember il capitoletto sulle sinergie in NO LOGO dell’amica Klein? (Segnaliamo una sua intervista sul numero 36 di Congegno Rivista a cura di Mario Bolognini).
Avete presente il finale di Tetsuo? Ecco, con Crapula potrebbe accadere una cosa così: la fusione e la creazione di un’unica macchina pronta a seminare caos, scissioni e morte nella lit-web. Arterie, condensatori, plasma, olio per motori, circuiti, cavi, vene, ossa, feed, rss, like, condivisioni, tanto (troppo) facebook, commenti, segnalazioni, troll, liti, incomprensioni, dossieraggi, liste nere, endorsment, colpacci, parente contro genna, fallimenti, tempo buttato, lavoro gratuito, gloria e fama solo sull’elettrocarta, ma manco quello, pulsioni luddiste, reputazioni a rischio, lavori da educatori, imprenditori, broker, funeral planner in bilico, ebook e ferite da carta, boicottaggi, cyberbullismo, crociate antisessiste, convenevoli che durano pochi secondi, reale lit wrestling e strette di mano poco convinte.

Sabato siamo quasi al completo, solo un concetto e una persona impediscono che VERDE si ricomponga come un Frankenstein: LO CHEF BARBIERI, con le sue camicie floreali, psichedeliche, pensate dal grafico di Crack Rivista, con il suo tortellino carnivoro nel taschino, ghiotto di mosche e lit blogger, e il punk rock, che pensavamo attaccato a dei sondini, accudito, pettinato da suore tipo bambolina-vegetale a letto, invece no, colpo di reni del PUNK-ROCK, che ci priva di un valente ex? lit-wrestler. Sabato, quindi, saremo incompleti e bellissimi, come La Sagrada Familia.
Per suggellare questo incontro Verde-Crapula (non nel senso pugilistico del termine, almeno per ora) colmo di pregiudizi e diffidenze, oggi pubblichiamo un racconto del bombarolo voyeur e pazzesco Alfredo Zucchi dal titolo Il vuoto e la Madonna (ma si eccita come, di preciso? è un feticista degli ordigni? Alfredo è un amico, è il Claudio Santamaria delle Lettere, ma no, Verde è non violenta; ci spiace Al, la bomba ci piace solo boomeranga. Come dite? Dovremmo leggere il libro? Non abbiamo capito un cazzo, dite? Mah, può essere, ma piano con le parole. Charlton Heston è un amico, ma pure Danilo Dolci). E mercoledì un racconto del tentacolare e pazzesco Andrea Zandomeneghi; è ancora crapulo? boh, nel dubbio se possiamo seminare dubbi e tensioni non sopite, lo facciamo con piacere.
Vi promettiamo però una cosa: non arriveremo mai ad aver profilo fb comune con Crapula, come certe coppiette. Al massimo potremmo mettere ogni mese una foto profilo diversa con il logo della rivista che dissiamo e distruggiamo: come degli scalpi. Prossimo mese: Crack Rivista. Poi sarà il turno di Risme. Scherziamo, komtamini! (da ketamina, spezzare insieme la ketamina, meglio del pane, no? Le ideologie sono crollate, lo sapevate? Cosa rimane? IL CAPS LOCK, crediamo).

QUINDI: Sabato 8 dicembre live dissing con gli amici di Crapula, una sola parola d’ordine: WORDPRESS REALE. 8 dicembre, chiaro? John Smith sarà il nostro Mark Chapman? Se non lui, chi? Laurenzi, Ardacoda, Stagno, Dee o altri patetici troll? Lo scopriremo a Roma, MOLTI TROLL, MOLTO ONORE. E ora buona lettura: c’è Zucchi.

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Rivista Pazzesca #1 (anteprima): Storpio Rising

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Rivista Pazzesca #1, teaser 

La densa e maligna presentazione a Roma del primo romanzo di Alfredo Zucchi (“chi scrive o vuole scrivere deve leggere questo libro”, lo ha detto Luciano, e noi abbiamo annuito convintissimi) ha detonato i suoi frutti: è stato firmato l’armistizio Crapula-Verde (testimonianza fotografica), l’ordine è pace e amore nell’ammirazione e nella diffidenza reciproche. Il dibattito in corso (qua tutto) ha esaurito il suo scopo (no, Verde non chiuderà per il momento), ma proseguirà nel nome della polemichetta perpetua e della guerra alle scenicchie. La bomba voyeur ha perfino fatto riavvicinare Stefano Felici a Verde: c’era anche lui venerdì sera, eh be’ insomma ragazzi, ci ha cercati tra la folla e dopo una lunga discussione sui capitoli dispari del libro di Zucchi, si è scusato “Per tutte le sciocchezze dette e pensate negli ultimi mesi”. In segno di buona volontà ci ha poi offerto in anteprima Storpio Rising, un pazzesco w a p o r w a v e che diventerà oggetto di culto nelle campagne senesi e aprirà il numero primo di Rivista Pazzesca, la nuova rivista di Stefano che pubblicherà soltanto racconti e memicchi di Stefano (qui maggiori info).
Qualcosa di bello sta accadendo attorno alle nostre riviste. Sarà un piacere scoprirlo insieme a voi.
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Che cosa sta succedendo – Sulla fine #14: Andrea Zandomeneghi

Il dibattito sulla chiusura di Verde (qui tutto) ha felicemente preso un’altra piega. Non più l’oziosa discussione sulla fine di una piccola rivista (si fottano pure D’Antuono e la redazione), ma una proficua assemblea pubblica sullo stato della neolitweb italiana. È possibile assumere una visione più profonda e decentrata e abbandonare il riflesso di fondare scene nelle città morte della cricca ombelicale editoriale? Firenze è la nuova Roma e Napoli è ormai Milano? Che significa fare rivista oggi e che cos’è un litblog? Forse che Firenze è rivista, Napoli è litblog? Se Bologna è un profilo Instagram, Torino cos’è?
Il confronto prosegue in maniera costruttiva da quasi un mese, inquinato occasionalmente dalla sola entità sedicente “Mozione Redazione Ombra Guacamole” e da Stefano “Gramigna Malefelix” Felici. Suo il memicchio che vedete quassù (via Fb). Lasciatecelo dire: la cosa che più ci offende non è la mancanza di gratitudine (tipica di chi approda su minimaetmoralia, lo vedi Ste che ti è servito quel numero di telefono eh eh), né lo sconcertante “scenicchia fiorentina” liquidato così lì abbasso; ci oltraggia l’idea che una testa ben fatta quale Andrea Zandomeneghi, direttore di Crapula, possa spingersi fino a: “Felici è quanto di più brillante ci sia a giro, non essere coscienti di questo significa non solo e non tanto ostinarsi a nutrire la propria cattiva coscienza, ma anche regalarle artefatti mentali finalizzati a un’adulterazione partigiana della propria comprensione, quindi ricostruzione, delle cose […]” Nonostante i conti con Crapula siano ancora da saldare (la settimana scorsa Alfredo Zucchi, per nulla distratto dall’uscita del suo romanzo, ci aveva regalato un buon intervento distensivo, per quanto preliminare) e al netto della sempre ottima programmazione, abbiamo deciso di pubblicare lo stesso (unico contrario Luca Marinelli) il contributo di Zandomeneghi, riconoscendone la crucialità dialettica sistemica (questo pezzo è un altrove che tiene tutta la litweb italiana), pur prendendo atto del tono ostile e provocatorio (ci riserviamo di intraprendere ogni azione a nostra tutela). Continua a leggere