Jacopo Marocco torna su Verde con Dedizione totale -una storia d’amore.
Quando sentiamo il nome di J. M. non possiamo non pagare un obolo alla nostalgia e rievocare le tante avventure vissute insieme. Jacopo fece quel meme su Umberto Ortolani (ora rimosso) tre anni fa, ricordate? Facemmo un crowdfunding per le spese legali e ce la cavammo grazie a voi. Inavvertitamente, Jacopo, con grande candore e ingenuità (dannata ingenuità, quante ce ne hai fatte passare!), fece uno scoop della madosca, infatti, non si sa come, scovò negli anfratti del web una foto del misterioso Richelieu. Ortolani, per molti il grande vecchio della politica italiana, ci diffidò formalmente dall’utilizzo della sua immagine e ci impose di cancellare il meme. (Nik Lagioia scrisse una lettera per esporre le nostre ragioni ma non fece che complicare le cose, NO FUOCO AMICO, Nik maiunagioia). Grazie all’intercessione di Flavio Carboni evitammo un’antipatica causa civile e trovammo un accordo: la pubblicazione dei racconti del malware, il coboldo, Jimbo Gullit, suo nipote prediletto e della nobile marchesa Malchiodi Albedi Mazzanti Viendalmare. Ancora oggi stiamo pagando le conseguenze di quell’indicibile trattativa (ma l’hai appena detta, non è indicibile! Vabbè, è un modo di dire, come per dire occulta, misteriosa. Ma ne parlate sempre voi di Chiare Lettere e del FQ, occulta de che? …. EH. …. Comunque apprezzo il vostro liberalismo, pubblicate gli articoli di Furio Colombo, alla fine siete democratici. Ma guarda, lo dobbiamo a Padellaro, questa Unità che ci portiamo dentro… Tipo uno scambio? EH. Indicibile? No, no, se dice, se dice. OK). Ma basta rivangare il passato! Queste autocelebrazioni nostalgiche non ci piacciono, perdonate la nostra aneddotica, ma come amava dire il caro Pietro Canali con il suo elegante accento milanese: se hai aneddoti non hai storia; se hai ricordi, hai solo cronaca.
IMPORTANTE: Stasera ci trovate allo Sparwasser per la seconda serata di Scenicchia una sega #2.
Illustrazione senza aggettivi di quel grande talentaccio di Marco Cabras.
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