
Immagine creata da Vanni Santoni con Midjourney
Proprio quando eravamo sicuri che non ne avremmo parlato (almeno) per i prossimi due anni, venivamo raggiunti dalla notizia che *anche* nel 2023 Vanni Santoni avrebbe pubblicato (peraltro non uno – ma ben due testi).
Chi siamo noi per non fare seguito alla missione di servizio pubblico degli interessi in comune che da tempi non sospetti ci siamo autoassegnati per rimettere alla bolla i nostri peccati di rivista? E dove se non in Jurodivye, l’almanacco di radicalità eteroclita e di smarginamenti a cura di Andrea G. Zandomeneghi (Forse in A colpo sicuro, che teniamo in caldo per maggio)?
PARATESTI. Due rimandi di contesto: un colloquio tra AGZ e VS sulla letteratura (un’intervista “massimalistico-rizomatica”, qui via Zest); un’altra intervista dal fu Crapula Club (qui). Sollecitato dalla redazione di Verde, Zando ha chiesto a Vanni come si inseriscono nella sua opera Altre stanze, “a livello di percorso, di rimandi interni, di filoni”.
Vanni ha risposto:
Come ho spiegato qua su Poetarum Silva, da quando dodici anni fa è cominciato il progetto 999 rooms, ho sempre cercato, come valeva per il suo predecessore diretto Personaggi precari, di mantenerlo distinto dal mio percorso romanzesco, che come sai (se ne parlò proprio con te nella fu Crapula) presenta molte intersezioni tra i vari libri, almeno sei dei quali – Gli interessi in comune, Muro di casse, La stanza profonda, L’impero del sogno, I fratelli Michelangelo e La verità su tutto – formano un universo narrativo unico, con personaggi e luoghi in comune, la stessa cronologia, ecc., a cui si aggiunge il legame col blocco fantasy di Terra ignota, di cui L’impero del sogno, pur incastonandosi nella macro-narrazione realistica, è comunque il prequel. In un tale contesto, che non smette di germinare (anche Dilaga ovunque, il romanzo ibrido ambientato nel mondo del writing e della street art che uscirà per Laterza a maggio farà parte di esso) trovo che sarebbe eccessivo “forzare” un collegamento anche con i miei lavori epigrafici. Non è un caso che non abbia mai utilizzato un solo “personaggio precario” in un mio romanzo, e sì che di bozzetti potenzialmente sviluppabili ce n’erano. Poi è chiaro che guardando le cose più in prospettiva dei collegamenti tematici o formali possono essere riscontrati: i capitoletti degli Interessi in comune dedicati ai singoli personaggi hanno chiaramente un debito con Personaggi precari, così come gli è debitore un romanzo molto corale e “senza protagonisti” quale Se fossi fuoco arderei Firenze; allo stesso modo, non sarà difficile riscontrare, nelle suggestioni videoludico-ruolistiche e iniziatico-mistiche così presenti in Altre stanze lo studio di temi che sono andati poi a innervare La stanza profonda e La verità su tutto rispettivamente.
Soddisfatta della risposta, come attorno a un fuoco artificiale intelligentissimo, la redazione ha chiesto allora ad Andrea di aprire il cuore e condividere i ricordi più intimi che lo legano all’autore de La verità su tutto.
La risposta ha aperto Altri varchi che non potevamo immaginare (perché poi):
varco primo
la prima volta che m’imbattei in Vanni – cioè in un libro suo – fu per caso su uno scaffale di italiana contemporanea nella libreria in via Martelli che fu Marzocco (dove ero entrato per cercare Terre di Luigi Lombardi Valluari) quando frequentavo il centro di Firenze a piedi. In quel periodo ero dedito solo alla lettura (Idemoni, Il mondo come volontà e rappresentazione e Doctor Faustus erano importanti ad esempio in quel me piccino – già allora ero maledettamente mentalcentrico e Firenze l’avevo trasformata con la potenza della proiezione – soprattutto quando andavo nei pressi di Santa Croce – in San Pietroburgo e poi passavo il sabato pomeriggio con Matteo a bere Tavernello – anche bianco caldo – e spulciare tutte le bancarelle (benedette quelle di Piazza dei Ciompi) e librerie dell’usato (benedetta quella interna al Gran bazar dell’usato che ora è appellato Mercatopoli) in cerca di classici che collezionavamo e di scritti ameni e pericolosi: è stato lì che io ho capito qualcosa della struttura della letteratura e della struttura della biblioteca personale) e all’alterazione. Il mio compito era espormi ai libri e scartarli – ero soprattutto un selezionatore, filtravo quello a cui poi mi sarei esposto come lettore, la cosa – l’unica cosa (assieme all’alterazione, invero) – che era sacra per quel me piccino di allora e fu allora che per un unico motivo iniziai a leggere anche filtratissima italiana contemporanea, incontrai Santoni e Tondelli. Furono il mio varco verso la possibilità che esistesse un uso della lingua italiana aderente alle cose e davvero significativo: io fino a quel momento avevo disprezzato gli italiani pressoché tutti dagli antichi ai postmoderni meno che le Operette morali e la traduzione di Sbarbaro di Controcorrente e avevo letto solo ed esclusivamente quindi traduzione e ci credo che quei due testi mi sembravano speciali nell’uso della lingua italiana, come speciali furono Altri libertini e Gli interessi in comune, io mai avevo capito (e raramente anche oggi capisco e mai la penetro se non nelle filastrocche di Meier) la poesia, ero pure dislessico, le forme del linguaggio erano d’intralcio per me, esistevano solo i significati e le strutture logiche. Poi alla luce di quel varco che l’umanità integrale (l’unica cosa che ho sempre cercato: il sacro ne è una parte) permetteva di parlare in modo che esistesse una dimensione del testo in più: lo stile – alla luce di quel varco iniziò ad avere un minimo senso la mia potenziale scrittura. Prima scrivevo porcherie immani. Santoni e Tondelli sfondavano il decoro e il pudore (degli Interessi in comune pensai: questo libro i genitori non devono leggerlo, ci sputtana tutti) e lo facevano in italiano, in un modo tale che le forme andavano a plasmare uno spessore (e una corrispondente sensibilità testuale) ulteriore rispetto a tutto ciò che avevo esperito prima. Fu attraverso quel varco che il mondo diventò stilisticamente parlabile per me. Fu allora che divenne per me stilisticamente parlabile il presente. Vanni Santoni Costruttore di varchi. È come un varco che accolgo queste tue Altre stanze
varco secondo
per me Gli Interessi in comune sono il vertice della tua opera attuale, quando ti deciderai a scrivere il romanzo che sputtanerà (in senso iperrealistico) ad esempio l’editoria e la letteratura italiana contemporanea (mitologie a cui partecipi come un tempo partecipavi a quelle dei tossichelli), quando scriverai il prossimo libro pericoloso, quando spererò che gente a me vicina non legga quel libro che ci metterà tutti a nudo allora ci sarà un nuovo vertice. I fratelli Michelangelo non sputtanano il romanzo nella loro immane abilità tecnica, lo celebrano. Come la mistica psichedelica non è sputtanata da La verità su tutto. Sai essere molto incisivamente costruens ma questo ha più senso in politica. In letteratura la tua vetta è destruens: un ampliamento critico d’immaginario aggredito dal tuo – lo ripeto – iperrealismo
varco terzo
leggo queste stanze e ognuna è un varco, che non siano anche il mio tardivo varco per la poesia? Che non siano addirittura il simbolo di Vanni Costruttore di varchi?
varco quarto
mi hai insegnato una cosa, se si vuole scrivere di sé, del proprio vissuto e dei territori che abbiamo esplorato, bisogna essere cattivi. Bisogna decostruirsi, quell’articolo di Siti sulla decostruzione che aveva sostituito la rivoluzione nella mitologia delle sinistre è importante perché lui vede una cosa che ci abita. Tu puoi farci vedere l’ombra degli idoli, non metterti in letteratura a costruirne, maestro mio – reclius: costruiscili ma poi decostruiscili feroce
varco quinto
le Altre stanze sono dei varchi, apri la porta della mente visionaria che ti può mostrare la madre delle diecimila creature (quando ha nome) o il principio del cielo e della terra (quando non ha nome), quindi per me si collegano alla Stanza profonda e agli Interessi in comune e a Personaggi precari e non solo, un po’ a tutto il santonismo – a livello un po’ più profondo delle semplici derivazioni dei personaggi, le Altre stanze, si collegano anche alla Stanza di Therese di D’Isa e pure alla Scommessa psichedelica, in particolare al Trip report come sottogenere della letteratura di viaggio di Fiore. In che senso? Ma come in che senso, sono dei trip report
varco sesto
Vanni in letteratura non trollare noi, trolla te stesso – quando ti autotrolli e ti metti in pericolo sei unico. Vanni, varco mio
Tanto era dovuto. Di seguito una selezione da Altre stanze, “un libro di poesia, dalle 999 rooms”, da oggi in libreria. L’immagine in copertina è del Vanni medesimo via midjourney.
Room 15
The walls of room 15 are frescoed with wild dill motifs. Drums can be heard from afar.
Stanza 15
Le pareti della stanza 15 sono affrescate con motivi d’aneto selvatico. Alla distanza s’odono tamburi.
Room 46
In heavily draped, candle-lit room 46, your mother copulates with a number of hideous, bearded men.
Stanza 46
Nella stanza 46 dai drappi pesanti e dalla luce di candela, tua madre si accoppia con svariati orrendi uomini barbuti.
Room 60
You’ll first enter a vestibulum
where you’ll be given clean linen clothes
an animal mask and a fur cloak
before being admitted in room 60, a perystile,
from every side of which they will scream
at you and throw you fruits and objects,
and one’ll advance in an agony
of giggles, and kick your ass hard while the singers
[begin:
~Hoson zes, phainou,
meden holos su lupou;
pros oligon esti to zen,
to telos ho chronos apaitei…
Stanza 60
Entrerai prima in un vestibolo
dove ti daranno abiti di lino pulito
una maschera d’animale e una cappa di pelo;
poi verrai ammesso nella stanza 60, un peristilio,
da ogni lato del quale ti grideranno addosso
e ti lanceranno frutti e oggetti
e qualcuno avanzerà, in un’agonia
di risolini, e ti darà un calcio in culo mentre i cantori
[attaccano:
~Hoson zes, phainou,
meden holos su lupou;
pros oligon esti to zen,
to telos ho chronos apaitei…
Room 81
And there—there is nothing, she said
as if she was hiding something
in that room labeled “81”;
yet she let me open the door
~(I only saw old mannequins
and working tables in dim light).
Stanza 81
E lì—lì non c’è niente, disse
come stesse nascondendo qualcosa
in quella stanza con l’etichetta “81”;
e tuttavia mi lasciò aprire la porta
~(vidi soltanto vecchi manichini
e tavoli da lavoro nella luce fioca).
Room 96
one huge, cracked, calf-shaped clay idol
from where
our essence evaporated.
Stanza 96
un enorme, fissurato idolo d’argilla
in foggia di vitello
da cui la nostra essenza svaporava.
Room 126
They shove a giant crayon up his arse and laugh of him
The blessing of flight
A dance epidemic in Strasbourg, 1518
Three suns in the sky. Again, the final exams day. The not fully unpleasant awareness of a cuckoo nesting beside him, on the longtime empty pillow of his wife.
– Listen kid, take all this money, listen, do not lose it, ok? Do not lose it, for it is real, ok? Ok?
Stanza 126
Gli ficcano una matita gigante nel culo e lo deridono
La benedizione del volo
Un’epidemia di ballo a Strasburgo, 1518
Tre soli nel cielo. Di nuovo, il giorno degli esami finali. La consapevolezza, non del tutto spiacevole, di un cuculo che gli fa il nido accanto, sul cuscino da molto tempo vuoto di sua moglie.
– Dai retta, ragazzo, prendi tutti ’sti soldi, non li per- dere, d’accordo? Non li perdere, ché sono veri, d’ac- cordo? D’accordo?
Room 143
a furious bellow of universes…
Stanza 143
un furioso mugghiare d’universi…
Room 144
(then)
the disturbing presence of objects (the sense of things coagulating in murk)
a clean perception of space
(not position:
compass points all mashed up, yet here’s a room,
that usual room,
that’s 3×2)
the certainty of a door
(of the door)
more menace (an arrival)
than relief (a possibility)
not a will more than a need
to leave;
a resolution for the wait, the wake
Stanza 144
(quindi)
la presenza disturbante degli oggetti
(il senso delle cose che s’agglutina
in tenebra)
la chiara percezione spaziale
(non posizionale:
i punti del sestante sono mischiati,
e tuttavia c’è una stanza,
quella solita stanza,
di tre per due)
la certezza d’una porta
(della porta)
più minaccia (un arrivo)
che sollievo (una possibilità)
non tanto una volontà quanto
un bisogno d’andarsene;
un’intenzione d’attesa, di veglia
Room 148
in this room
(in every room)
a glimpse of the last room
in every last room
a glimpse
of the outer
one;
that room,
same for all,
not a god
not a man
made it
(a seventh cortical layer
to make us angels in a blink;
a ninth to make us laugh of God:
the God, that pastryhands gaffer)
that room,
says this,
always was
is
& will be
everlive fyah
in measure bursts
in measure douses
at the helm of everything,
lightning
Room 148
in questa stanza
(in ogni stanza)
un lampo dell’ultima stanza
in ogni ultima stanza
un lampo
di quella fuori;
quella stanza,
la stessa per tutti,
non la fece un dio
né un uomo
(un settimo strato corticale
per farci angeli in un batter d’occhio;
uno per farci ridere di Dio: il Dio,
quel cialtrone dalle mani di pastafrolla)
quella stanza,
dice questa,
sempre fu
è
e sarà
foco eterno
un po’ scoppia
un po’ si cheta
al timone di tutto,
il fulmine
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