La prima settimana di ottobre si è tenuta a Milano l’ottava edizione di una fiera dedicata alla letteratura fantastica e di fantascienza. Verde Rivista, forte del suo amore e della sua “militanza” tra le fila della scrittura di genere oltre che dell’essere più volte stata relegata tramite definizioni sommarie nell’ambito dei blogghetti di inself(publisher) e delle fanzine dilettantistiche, sapeva di non poter mancare all’evento anche solo come dimostrazione di solidarietà. Purtroppo la direzione si è rifiutata di riconoscerci l’accredito stampa e Marinelli ha fatto un discreto casino una volta messo davanti all’idea di dover sborsare un decello per entrare a una fiera.
Quando si dice la provvidenza: due contributor esterni, autodefinitisi “difensori della nobile arte” si sono offerti di mandarci un pezzo sulla fiera in questione. Frau come al solito ha detto sì prima di leggerlo, e ora ci troviamo costretti a pubblicare qualcosa da cui contiamo di dissociarci al più presto. Tranne Doc Mosca, Doc Mosca è pressoché d’accordo.
Ecco a voi Stranimondi, recensione di Marianna De Coro e Guido Felice Ladonna.
STRANIMONDI, recita il cartellone pubblicitario con tanto di mostraccio octopoide che fa capolino dallo sfondo di una città infuocata. Subito esterrefatti: ci pare che l’immagine voglia portarci simpatizzare con l’abominio e la sua distruzione piuttosto che con le povere anime sofferenti. Stranimondi per davvero, signori miei. E questo è solo l’inizio.
L’“evento” tenutosi tra L’8 e il 9 ottobre presso la Casa dei Giochi in via Sant’Uguzzone 8 a Milano – guarda caso un luogo pensato per ragazzini; per fortuna ben lontano dai palazzi storici, dalla city dove si lavora per permettere anche a queste follie di esistere, e dai padiglioni delle fiere organizzate come si deve – ha visto radunarsi per l’occasione orde su orde di bambinoni nullafacenti illusi dalla vita, quando non direttamente cialtroni della parola scritta, sotto il vessillo di quell’aspetto della letteratura che in questa sede ci dispiace anche solo essere costretti a nominare: quello della fantasia sfrenata.
Ci siamo addentrati tra i banchetti per dovere di cronaca, per toccare con mano e potervi raccontare questo fenomeno così marginale quanto infestante chiamato letteratura di genere. Ci siamo così offerti agli sguardi disperati dei rivenditori che adocchiavano i nostri portafogli con la bavetta alla bocca – facce da percettori di reddito di cittadinanza –, tutti pronti a prometterci che tra le loro pagine si annidasse l’avventura “definitiva”! Brrr.
È stancante dover tornare a spiegare per l’ennesima volta quanto ci sia di ridicolo in un tipo di scrittura che mette in secondo piano la forma e lo stile a favore di un immaginario, perché va invece tenuto presente che “il fantastico è una possibilità del linguaggio” e niente più.
D’altra parte, resta fondamentale ricordare come l’allontanamento incauto dalla realtà e dal verosimile siano pericolosi per le piccole menti dei lettori, persino per quelli più “forti”. Si sa, d’altronde: il cosiddetto fantasy è il rifugio dei peggiori reazionari e fascisti, la fantascienza si presta fin troppo a sobillare pensieri totalitari di sinistra, l’horror non è altro che il mezzo più sicuro per generare psicopatici, schizofrenici e depressi; e il weird, be’ il weird non è ancora chiaro cosa sia e non saremo certo noi a disturbarci per dare una definizione a qualcosa che nel migliore dei casi fa perdere il sonno al buon critico d’arte, e nel peggiore arresta la crescita dei nostri poveri figlioli.
Fortunatamente, in questa fiera, di bimbi non se ne sono visti molti. Sintomo dell’inadeguatezza riproduttiva di queste specie umane, o di terribili sacrifici infantili sull’altare di qualche abominio post-lovecraftiano?
Perdonateci la celia, ma si tratta di un vero e proprio allarme a livello pedagogico! Nell’epoca in cui la distinzione tra bene e male viene a mancare – ma soprattutto quella tra il normale e la devianza – la morbosa attenzione verso la psiche dei serial killer, i tentativi di legittimare atti privi di morale, la fascinazione per il pensiero magico, la relativizzazione ostinata della posizione dell’uomo nell’universo, vanno additati come le cause principali del disfacimento dei valori nelle giovani generazioni. I quattro cavalieri della nostra apocalisse: Tik Tok, videogiochi, musica trap e letteratura di genere.
(Parentesi pranzo: ci avventuriamo nel bar della Casa dei Giochi dopo aver constatato che non esiste un servizio catering decente, dove siamo abbastanza sicuri di aver visto alcuni editori e scrittori gettare la maschera e rivelarsi per quello che sono: paninari e cuochi di terza categoria. Alla semplice domanda di un bagel con salmone, avocado e un velo di burro incontriamo solo l’offerta di panini imbottiti sottocosto, e pure abbastanza gustosi, dimostrando così l’innata incapacità di queste persone di fare affari a Milano.)
Dopo essere riusciti a escluderla quasi del tutto dal panorama editoriale che conta e averla relegata giustamente nei confini dell’autopubblicazione e dell’EAP, ci tocca veder rispuntare la letteratura di genere sotto le vesti più svariate – e deformi –, al pari di un fungo o una muffa cresciuti negli antri delle biblioteche che si rispettino e sulle coste dei classici dimenticati. Un esempio? Pensate un po’ che abominio: Il sogno di un uomo ridicolo di Dostoevskij illustrato da un’intelligenza artificiale (Urban Apnea vi teniamo d’occhio!), operazione non dissimile dal vandalizzare con della zuppa di pomodoro una tela di Van Gogh; oppure l’antologia di racconti sci-fi africana edita da Future Fiction: certo, come se laggiù avessero carta da buttare!
Ulteriore tasto dolente è il constatare come alcune case editrici, che fino ad ora si erano dimostrate rispettose della forma romanzo e conoscevano il loro piccolo posticino all’ombra dei grandi e generosi editori, abbiano permesso che nei loro cataloghi s’infiltrassero autori di genere – anche se la parola più adatta sarebbe “amatori”, d’altronde non partecipano a giochi di ruolo proprio per fingersi qualcosa che non sono?! Gente che, più che passare le ore con la penna in pugno sulle sudate carte, ha preferito di gran lunga affidarsi alla compagnia di dadi sformati o mazzi di carte demoniache –; sono queste case editrici come effequ, Cliquot e la tanto promettente Arcoiris, la quale si è fatta infettare addirittura da un’intera collana denominata La biblioteca di Lovecraft.
Osservando i banchetti degli espositori, da debita distanza, abbiamo potuto constatare il livello di ostentata appariscenza delle copertine, che cercano evidentemente di distrarre l’attenzione dall’inconsistenza dei testi. Per non parlare poi di come il potere della parola venga qua è là minato all’interno dei tomi dall’intromissione di immagini e scarabocchi, definiti generosamente “opere grafiche”, così come da ghirigori e decorazioni del tutto frivoli sui bordi delle pagine. Principale colpevole di quest’ultimo sfregio: Sága Edizioni, la quale ci pare ostinata a torturare il sacro prodotto editoriale e a trasformare a loro volta i suoi giovani lettori in altrettanti consapevoli aguzzini.
Come se tutto ciò non fosse sufficiente a farci venire il voltastomaco, ecco che in occasione degli incontri con autori ed editori nelle apposite salette di indottrinamento c’è stato addirittura chi si azzardava a parlare di “sperimentazioni linguistiche”, arrivando a proporre nuove soluzioni espressive “inclusive” – tra queste, il maledetto scevà è forse solo la bestemmia più lampante. Confidiamo nel fatto che il nostro lettore capisca la gravità di tali affermazioni le quali pongono direttamente sotto attacco la nostra bellissima lingua. Ma d’altronde che ne sanno questi scribacchini della nobile ascendenza del nostro idioma e dei celebri modelli da cui deriva il nostro canone letterario? Troppi draghi, unicorni, spade laser e tentacoli mostruosi in testa per avere il tempo di studiare.
Per la questura, ecco di seguito l’elenco dei colpevoli presenti a Stranimondi 2022:
Edizioni Arcoiris Biblioteca di Lovecraft
Marianna De Coro e Guido Felice Ladonna