
Claudia D’Angelo, L’antropogonia secondo il verbo del Cristo etrusco (2022)
Ci scrive Andrea G. Zandomeneghi, che già avevamo rimproverato, una mattina di inizio settembre dopo il Flip che abbiamo trascorso furiosamente insieme dal tramonto all’alba mentre le amiche della bolla posavano in social con il cartonato armato di William T. Vollman: “Ma una rubrichina tipo mensile faconto “Ierofanti lubrichi” di raccontini misticheggianti, aberranti, pornografici et similia, se la propongo a Verde, mi pisciate in testa?” Detto dell’inaccessibilità di saldare la possibilità dello sconcerto di una pioggia dorata al cassamento di Zando e confortati dall’ambiguità in tag del Guru, ci apprestiamo a rianimare ancora una volta, come se fosse la prima e persuasi dell’ultima, il cadavere di Verde abbeverandoci dal cirro placcato del già autore dell’indimenticata Nutria con Jurodivye, “una rubrica di racconti che almanacca sulla radicalità eteroclita e di smarginamento: testi mistici, pornografici, aberranti, equivoci, deformi. Indulgendo alla psichedelia, all’irregolarità, al degrado erotico e mentale, alla pneumatologia, all’anfibologia, alla psiconautica, alla teratomorfia (soprattutto teratomorfia, ndr)”.
I nomi coinvolti sono pazzeschi, e li scoprirete nelle prossime settimane. Si apre, va senza dirlo, con Il verbo del Cristo etrusco dello Zando medesimo, “perché voglio prendermi la mia parte di responsabilità, perché voglio essere il primo a sporcami le mani, perché io per primo ho bisogno di questo percorso dalla vita alla letteratura e dalla letteratura alla vita”.
Privatevi di ombrelli e spalancate le fauci. La copertina, naturalmente, è di Claupatra.
In principio Jahvè non creò il cielo e la terra, non pose affatto le fondamenta del pianeta, non fissò le sue dimensioni e non gettò la sua pietra angolare mentre giubilavano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli suoi. Jahvè non era di questo mondo e quando vi giunse peregrinando nel firmamento il mondo esisteva già, lui non era solo e gli altri sideronauti non erano suoi figli, giacché non ne aveva perché era sterile, ma fratelli e cugini suoi, gli Elohim, il cui Gran Consiglio ebbe potestà suprema su tutto ciò che orbita attorno al Sole. Jahvè non plasmò il cedro, né la posidonia, né la gramigna. Jahvè non soffiò la vita nel leone, né nella mosca e né nell’anguilla. Una sola cosa creò quando giunse, adoperandosi industrioso in preda alla febbre dell’artefice ebbro: gli automi biologici a sua immagine e somiglianza, ovvero gli umani, manipolando il proprio acido desossiribonucleico e innestandolo su piattaforma genetica di scimmia antropomorfa. Poteva parlarci Jahvè con gli automi, questi rispondevano, erano coscienti, come coscienti erano gli Elohim, ma erano inconsapevoli. Non sapevano chi fossero, né perché fossero, inoltre non erano ermafroditi come gli Elohim. Erano i frutti dell’operoso lavorio d’innumerevoli sperimentazioni d’architettura cromosomica che per lunghi anni mai passanti, prima che Adamo ed Eva fossero, produsse aborti, ibridi sterili e chimere le più aberranti. Bisogna sapere che tra gli Elohim la partenogenesi naturale non era data, quella artificiale era vietata, come anche la clonazione. Non esistevano tra loro i sessi, né i generi, ma solo gli individui e i gusti.
Jahvè era il secondogenito, colui che fu detto il Serpente il primogenito. E la primogenitura faceva montare in Jahvè l’ira tempestosa dell’onta originale subita, giacché lui a differenza del Serpente era infertile, ma soprattutto giacché vi fu un tempo in cui il Serpente era e Jahvè non era e questo non poteva essere perdonato. Jahvè aveva sete di rivalsa e ingordo desiderio di tracannare potere e supremazia, bramando elevarsi al di sopra del fratello (e dei cugini e degli Elohim tutti ognuno e ciascuno). Jahvè fu colui che portò la guerra – il conflitto violento e l’aggressione a scopo di predominio sui suoi simili – nel mondo per assoggettarlo e partire quindi alla conquista delle stelle. L’ominazione altro non fu che un esperimento bellico. Con l’aiuto degli uomini suoi figli, sui sudditi e suoi schiavi Jahvè avrebbe regnato prima sul mondo e poi sugli Elohim. Prima che iniziasse a far riprodurre Adamo ed Eva, il Serpente conobbe il suo brigare e allora intervenne e rese Adamo e Eva consapevoli, spiegandogli la loro natura e quella di Jahvè, al contempo sabotò il piano di Jahvè, instillò negli automi la vanificazione degli abomini di Jahvè ingravidando Eva e così tentò disperato di sanare con la riproduzione sessuata quella terribile ferita inferta al genoma che è l’uomo. Da Eva sarebbe nato Caino che fu ermafrodita. Il Serpente convocò il Gran Consiglio degli Elhoim, raccontò cosa aveva visto entrando nell’Eden, il laboratorio di Jahvè, e cosa aveva fatto per provare a rettificare il rettificabile: i piani di Jahvè furono a quel punto assai chiari. Gli automi non erano più tali, perché ormai tanto intelligenti e coscienti quanto consapevoli e partecipi del genoma, erano quindi soggetti e persone e non potevano più essere strumenti, fu decretato che venissero liberati nel mondo, fu stabilito poi che Jahvè non potesse sopprimere Caino, il Serpente domandò che fosse impedito a Jahvè d’interagire per l’eternità con gli uomini, ma il Consiglio non glielo accordò. Jahvè poteva comunicare con gli uomini e intervenire a patto che non li rendesse schiavi e strumenti, furono riconosciuti come sue creature: nell’eternità ne sarebbe stato responsabile, il Serpente era il custode di questo. Così ha inizio lo statuto ontologico dell’uomo.
Eva aveva imparato la copula e la riproduzione e volle – come era iscritto nella sua natura – ripeterla con Adamo, nacque Abele. Se quindi Abele è genoma di Jahvè e di scimmia, Caino è genoma di Jahvè, di scimmia e del Serpente. Eva era consapevole di essere figlia e sorella degli animali terrestri, le fu svelato dal Serpente e lei lo rivelò ad Adamo e insieme lo rivelarono a tutta la loro prole, allora gli uomini e gli animali vivevano in pace e non si conosceva l’uccisione. Ma Jahvè brigò di nuovo perché voleva assicurare il primato dell’umano alle sue creature e quindi alla discendenza di Abele a danno di quella di Caino che non poteva toccare ma che voleva estinguere. Allora Jahvè andò da Abele e gli disse che gli animali erano suoi schiavi e suoi strumenti, che poteva usarli, sfruttarli e mangiarli a suo piacimento. Prese la mano di Abele e gli dette un coltello, poi lo guidò fino alla gola dell’agnello, Abele pareva divenuto statua di sale, non osava compiere il gesto, allora Jahvè strinse le sue mani intorno a quella armata di Abele e lo forzò, ma Abele faceva resistenza. Allora Jahvè lo sedusse e giacque con lui accogliendolo in sé e gli sussurrò nell’orecchio durante l’amplesso che sarebbe stato il padrone del mondo e che era il suo eletto e che i suoi figli avrebbero prosperato e quelli di Caino si sarebbero dispersi e sarebbero periti nelle sabbie del tempo. Abele allora scoprì che era geloso del fratello, perché questi aveva visto il mondo prima di lui, perché c’era stato un tempo in cui Caino era e Abele non era e quello scarto era un insulto, ma geloso era soprattutto della duplice natura di Caino, egli, Abele, era infatti privo della matrice. Così Abele compì il primo sacrificio, uccise l’agnello, Jahvè ne cosse le carni e insieme se ne pascerono. Caino vide tutto e pianse. Poi per sanare la ferita uccise il fratello. Erano viventi ancora i suoi genitori che lo presero in odio sobillati da Jahvè e lo chiamarono omicida e lo chiamarono mostro e lo chiamarono drago perché a differenza loro aveva sia il fallo che la matrice e partecipava di entrambe le nature, quella maschile e quella femminile. Adamo ed Eva maledissero Caino che aveva ucciso Abele la cui natura era per giunta identica alla loro. Adamo ed Eva dissero che l’ermafroditismo era il segno di Caino e la vergogna dell’uomo e lo cacciarono. Poi ebbero un nuovo figlio Seth e lo crebbero secondo il consiglio di Jahvè nell’odio di Caino, dell’agricoltura da questi praticata e degli animali che Seth già da bambino iniziò a torturare ed allevare, man mano che imparava da Jahvè la scrittura e la lettura. Da Seth ebbero origine il popolo del libro, la pastorizia e la schiavitù animale. Nella discendenza di Caino il segno divenne sempre più raro man mano che la progenie di Seth s’imponeva nel mondo e proliferava sotto la guida di Jahvè e i figli di Caino errabondi e scacciati languivano ai margini del mondo e il loro genoma si diluiva. Da Caino ebbe origine il popolo senza libro che chiamava se stesso gli svegliati nel pensiero o coloro che si nascondono, da questo ebbero origine i Lidi e da questi, come insegna Erodoto, gli Etruschi. E la storia delle cose prime dell’uomo andò perduta e al suo posto rimase il libro di Jahvè, l’unico libro, quello da lui iniziato a forgiare con Seth, il solo scritto da lui, il suo principale strumento di predominio sul mondo.