
Claudia D’Angelo 2021
LE “CLASSIFICHE DI QUALITÀ DI VERDE” AKA IL LISTONE DI NATALE 2021 è il ciclo di racconti inediti che la redazione sta scrivendo per sabotare il principale feticismo della bolla. Paolo Gamerro è un veterano dei racconti del 25 dicembre (già qua e qua) e con I cani torna alle cupissime atmosfere ipossiche e atre che già lo hanno consegnato alla (nostra) storia. Il ritratto di Tango e Raffo, “conosciute perché a nessuna delle due erano rimaste sigarette”, rimarrà a lungo con noi, insieme alla domanda “Qual è la quantità massima di dolore che può sopportare una persona nel corso della sua vita?” e al finale tragico di rinascita.
Claudia D’Angelo, che come tuttə ə giustə sta cercando in queste ore di riunirsi alla propria famiglia vaccinata e “molto integrata al discorso dominante” nonostante non faccia un tampone da mesi (eheheh), più che autrice del collage, è coautrice del racconto tout court.
Tango e Raffo si sono conosciute perché a nessuna delle due erano rimaste sigarette, e quindi si sono messe a chiedere un po’ di fumo davanti all’ingresso del cinema Oblomov, dove proiettavano la versione restaurata di Mulholland Drive, che né Raffo né Tango avevano voglia di riguardare davvero. I loro ragazzi invece sì, non avendo mai visto quell’opera in una sala, ma in dvd o al pc, su uno schermo piuttosto piccolo, certamente non il genere di supporto che merita il miglior film del ventunesimo secolo (o almeno così dice qualcuno).
A Tango, gli occhi di Raffo le ricordavano quelli del suo cane Basil, così pieni di amore e così espressivi. Basil era morto qualche mese prima di leucemia, la ragazza gli ha tenuto la zampa ossuta mentre il veterinario lo stava addormentando sul tavolo gelido verdino, nella clinica gelida verdina di via Rusch, dove venivano vaccinati, curati e uccisi tutti gli animali domestici di chi risiedeva nei paraggi. Basil era stato un amico fedele; quando la madre di Tango se ne era andata all’altromondo (anni prima a causa di una intossicazione alimentare), lei non aveva sofferto così tanto, o almeno non le sembrava così.
Qual è la quantità massima di dolore che può sopportare una persona nel corso della sua vita? si chiedeva lei ogni mattina sul bus che la portava in agenzia, passando per il manicomio minorile e la scuola speciale, pensando ai genitori morti, al fratellastro scappato di casa e mai più ritrovato, e ora a Basil. E allora Tango ha cominciato a fumare e a prendere pasticche, a perdere peso e a parlare sempre meno con il suo ragazzo, nell’appartamento avveniristico di lui, tappezzato di locandine scolorite di film che a lei non interessavano, e stracolmo di riviste di cinema sparpagliate ovunque: dal letto al bagno, in cucina e nella stanza degli ospiti. I genitori del ragazzo del papà di Tango sono molto ricchi, l’appartamento tutto carino glielo hanno comprato loro, lui nella vita non ha mai fatto nulla. Questo lei ci teneva sempre a sottolinearlo quando l’argomento saltava fuori.
Quando Raffo ha baciato Tango nel baretto del cinema (classico posticino un po’ lercio ma allo stesso tempo affascinante per via dello stile tutto shabby chic e musica rap), ha sentito un sapore dolce e in qualche modo rassicurante. Nella sua bocca ci stava bene. Strano, non si trovava mai a suo agio nei posti nuovi, ma la bocca di Tango era un luogo familiare, nel quale era già stata, forse in un sogno o tra le pieghe di qualche sotterranea reminiscenza giovanile. Nel frattempo erano passati venti minuti abbondanti dall’inizio di uno dei migliori film del ventunesimo secolo, e probabilmente più di una persona in sala si stava chiedendo dove fosse finita la sua ragazza.
Raffo stava lavorando a un romanzo a episodi dal titolo Escoriazioni. Aveva sentito per la prima volta l’espressione romanzo a episodi quando la sua insegnante di Letteratura, all’università, le aveva fatto leggere, e poi amare, Altri Libertini di Tondelli. Le piaceva come suonava: romanzo a episodi. Mentre raccolta di racconti… boh, le sembrava qualcosa di minore. Escoriazioni parlava di tre coinquilini in un palazzone verde minestrone nella periferia di Milano: una pubblicitaria con impulsi suicidari (e che alla fine della storia, infatti, si sarebbe ammazzata in modo cruento con tanto di dettagli gore), il batterista sottone fattone di un gruppo punk (disagio puro e camicie a quadri, senza un soldo ma mantenuto dai genitori ricchi), una tipa che sta frequentando l’ultimo anno di una scuola di cinema e che viene messa incinta da un quarantacinquenne giovanile e irrisolto, conosciuto una sera a caso in un posto a caso (quel capitolo è ancora da scrivere: per questo sono stato così generico).
Ma chi se ne frega di Escoriazioni: quel libro non andrà mai in stampa perché Raffo lo riterrà sempre un lavoro incompiuto, una bozza, un tentativo di romanzo. Rimarrà in un hard disk, su un paio di chiavette USB, nel cloud.
Raffo non ha detto nulla al suo ragazzo riguardo al bacio con Tango. Semplicemente, ha fatto finta che non fosse mai accaduto; quando si è spogliata a letto avvolta nella luce rosa della stanza, lei ha cominciato a guardare il soffitto. Sentiva il respiro pesante di lui, un odore di fumo che le dava fastidio.
Pensava a Tango, mentre Tango pensava al suo cane e a quanta sofferenza può sopportare una persona prima di togliere il disturbo. Fumava, Tango. Raffo avrebbe cercato e trovato Tango sui social il giorno dopo, e si sarebbe ricordata di quel sapore dolce, dei suoi occhi, del suo corpo, delle parole di lei sul dolore, sulle ferite, sulle escoriazioni. Anche a Tango piaceva parlare di cose che fanno male.
Quando decise di morire, Tango lo fece con le pasticche, la vigilia di Natale, il telefono in mano e la bava gialla intorno alla bocca. Erano mesi che entrava e usciva dal corpo di Raffo, ma era anche da troppo tempo che un’ombra oleosa e elettrica dentro di lei cresceva e le ossessionava il cervello.
Un giorno, anni prima, aveva visto su YouTube un video sulla depressione in cui lo stato depressivo veniva rappresentato e metaforizzato da un grosso cane nero. Come avessero potuto incarnare quella malattia in un corpo così innocente e puro, lei proprio non riusciva a spiegarselo. Basil era una creatura meravigliosa, era un angelo. I cani le malattie non dovrebbero nemmeno conoscerle. Si meritano un mondo migliore del nostro. A questo pensava Tango mentre ingoiava le pasticche, una dopo l’altra. E poi alla sua mamma, al papà, al fratello: avrebbe presto riabbracciato anche loro. Fuori dalla finestra cadevano dei bellissimi fiocchi di neve rossi. Quel Natale sarebbe stato una rinascita.