“Chiamate telefoniche” #4: Eduardo Savarese

Claudio Parentela, Assemblage 3623

“Chiamate telefoniche” è un wormhole nell’animo umano, ben oltre gli scudi delle facciate e le atmosfere della socialità, alla scoperta delle galassie letterarie che si espandono ogni volta che un muscolo si contrae per spostare una penna, premere un tasto, sfogliare una pagina. In una Litweb mai così deflagrata ed “entropica”, Luca Marinelli “sguscia” tra le stelle per ricercare qualche certezza. E forse contattare nuovi spiriti guida. Oggi: Eduardo Savarese.

L’illustrazione è di Claudio Parentela.

Breve aggiornamento. Alla fine ho chiesto alla redazione se potevamo cambiare titolo alla rubrica, dato che questo tanto chiacchierato telefono mi sembra un po’ la scusa del secolo per sbattermi da una parte all’altra del multiverso, ma ancora non ho ricevuto risposta. Sono tutti in fermento per il matrimonio di Taba che, covid permettendo, si sposerà in Settembre. A quanto pare Taba ha scelto come luogo per il ricevimento un’ex fabbrica di gomma nella zona industriale di Oristano scalo. Mi ha confessato che nel suo profondo lui si sente molto tipo da industrial. Il commissario ha commentato: sarà una sei giorni pazzesca!

Per arrivare a un incrociatore dell’impero galattico ci sono due modi: dichiarare in pubblico che nel 2021 il prosimetro è un’idea davvero all’avanguardia, così comunicativa che non si spiega proprio perché tutti abbiano dimenticato da almeno settecento anni della sua esistenza; oppure acquistare l’intero catalogo di Ad Est dell’Equatore alla libreria Wojtek di Pomigliano d’Arco. Ebbene il nostro commissario – che contestualmente alla dichiarazione della mia “volontà” di incontrare l’Oscuro Signore ha prontamente promesso che trovare un modo sarebbe stato “facilissimo, pazzesco!”, ma che, non avendo denaro a sufficienza date le sue ultime, tristi contingenze economiche, ha dovuto ingegnarsi come da anni fa tra l’altro per trovare scuse sempre nuove e, gliene devo dare atto, sempre ironicamente credibili per non pagarmi neanche un centesimo del compenso che avevamo pattuito per il mio apporto in redazione già dal lontano 2012 – ha intrapreso la terza via. Non credo che lo volete sapere dove se l’è tatuate le prime dieci pagine di Clessidra di Danilo Kis e non so in quale maniera ha dimostrato al viceré Zucchi di averlo fatto, tant’è che sembra aver funzionato: ed eccomi qui, a un centinaio di migliaia di anni luce dalla Terra, che attendo il mio turno – l’Oscuro Signore è un Signore molto Oscuro ma soprattutto davvero molto impegnato. Davanti a me una fila di questuanti anime, la maggior parte di loro con la divisa da Orso Imperiale d’ordinanza, la stragrande maggioranza con alla mano i blocchetti manoscritti; e mi sorprendo a stupirmi del fatto che qui, nel cuore pulsante dell’Impero Galattico, non sia in voga la pratica di mandare e-mail.

Eduardo: Un altro romanzo di formazione, quindi?

L’Oscuro Signore è seduto sul suo trono, una poltrona fatta di pelli di modesti giallisti. La sua voce è un sifone di vuoto ancestrale, quando l’Oscuro Signore parla la materia inerte prende consapevolezza di sé e trema per il destino agghiacciante e inevitabile dell’universo. Attorno a lui si concentrano sterminati campi di silenzio.

Orso Imperiale: M.Mio S.S.signore, posso spiegare. N.n.non è s.s.soltanto un romanzo di formazione. Parte da metà, arriva alla fine e poi ricomincia dall’inizio fino a radice di due volte un terzo del libro… Posso giurare non è una cosa così semplice mio signore…

Eduardo: Rispondi, orso. Quanti sono i protagonisti del romanzo.

Il povero orso imperiale è vittima di un tremito.

Orso Imperiale: t..t..tre signore.

Poi, ciò di cui avevo tanto sentito parlare, accade per la prima volta. L’Oscuro Signore si limita a sollevare un braccio, il palmo aperto prima, e l’orso imperiale si solleva con lui. Tra i questuanti si sposta come una creatura un mormorio stupito di terrore. L’orso imperiale si dimena, si lamenta, ma senza ottenere nulla. L’Oscuro Signore stringe il pugno. E l’orso imperiale, così, soffoca. Prima si mette le mani al collo, come se cercasse di difendersi da due arti invisibili. L’Oscuro Signore alza la voce, e per un attimo la profondità di quell’oboe del male assoluto mi fa cadere in una disperazione abissale, e penso, e ne sono convinto, che non esista consolazione, che non ne esista neanche un briciolo nell’intero universo, e che siamo tutti, nessuno escluso, destinati a non trovare qualcuno che ci ami, mai.

Eduardo: Soltanto. Tre. Protagonisti?

Ora l’orso imperiale si divincola con più forza, e nel suo tentativo di sopravvivere, con il filo di aria che rimane nel suo corpo prova a trovare una via d’uscita, ma quello che esce è soltanto un rantolo miserabile e privo di forza che suona così.

Orso Imperiale: vi prego sua eccellenza, posso metterci ancora un flusso di coscienza, dieci pagine oscure e incomprensibili… vi prego… ho un bambino…

L’Oscuro Signore chiude il pugno, la testa dell’orso imperiale diventa blu, poi cede sul collo. Con un gesto di stizza l’Oscuro Signore scuote il braccio, e così scaraventa il cadavere su una parete della sala grande dell’incrociatore dell’impero galattico.

Eduardo: qualcun altro vuole propormi un manoscritto che abbia un argomento comprensibile per caso?

Tra gli orsi imperiali, nella lunga fila, sguardi attoniti e scambi di occhiate sperdute; qualcuno che strappa le pagine dei propri manoscritti per evitare di essere intercettato, i più corrono da una parte e dall’altra come se si fossero ricordati di un impegno improvviso, rispondono a una chiamata inesistente al telefono, e se ne vanno. Com’è, come non è, ti rimango io con l’Oscuro Signore davanti.

Me ne accorgo con un attimo di ritardo; lui mi guarda. Io sobbalzo, poi mi inchino. L’Oscuro Signore dubbioso mi fissa, poi dice.

Eduardo: non mi sembri di questa galassia.

In effetti, gli spiego con la voce un po’ tremante e il cuore che batte molto forte, che no, effettivamente sono qui per l’intervista. Lui sembra ridestarsi improvvisamente, come da un sogno.

Eduardo: Molto bene; dunque, certo. L’intervista.

I classici momenti di silenzio imbarazzato, so cosa dire, non so cosa dire, poi si parte. Intanto una piccola formazione di asteroidi si schianta a una velocità clamorosa sugli scudi al plasma dell’incrociatore dell’impero galattico, che non si sposta di una virgola. Io guardo con la coda dell’occhio il cadavere del povero orso imperiale, che non è stato ancora rimosso.

L.M. Quindi.

E lo dico e mentre lo dico ho già un groppo alla gola. Deglutisco.

L.M. Quella era la famosa… la famosa Forza?

Eduardo: Forza è la classica imprecisione terminologica foraggiata dai mass media della vostra galassia.

L.M. Ah.

Eduardo: quella elettrodebole è una “forza”, quella di gravitazione è una “forza”, qui stiamo parlando di qualcosa di molto più complesso, meno immediato, meno “raggiungibile”.

Virgoletta le parole tra i guanti neri di pelle e io sono ipnotizzato dalla voce del Signore Oscuro, ora quasi conviviale, meno tremenda che mai.

Eduardo: da quando l’universo esiste, due enti ipernaturali deflagrano costantemente, producendo tutto ciò che possiamo osservare ed esperire del mondo; sono la semplicità e la complessità, supremi dei del tempo e dello spazio, imperatori assoluti delle sovrastrutture di pensiero umane e oltreumane. Le due forze si sono sempre bilanciate nelle galassie, ma adesso, da qualche centinaia di anni la semplicità sta prendendo il sopravvento.

L.M. Eduardo, voglio dire, vostra grazia, posso chiedere se per voi non ci sia per caso un mandante di questa ecatombe?

Eduardo: La narrativa di consumo.

L.M. Ah.

Eduardo: Adesso ti mostro una cosa. Bobo2D4 – avviamo operazione espunzione del diorama incunabolo o teoria afasica degli specchi rotore.

Ecco affrettarsi una palla, o una sfera di metallo rollante piena di ingranaggi, schermini, schermetti e schemi elettrici sulla sua superficie. E una faccia umana, umanoide, sofferente calcata sopra.

Bobo2D4: Procedura preliminare per operazione espunzione del diorama incunabolo o teoria afasica degli specchi rotore. Confermare?

Eduardo: Confermo, confermo.

Bobo2D4: operazione espunzione del diorama incunabolo o teoria afasica degli specchi rotore avviata.

Quando il Signore Oscuro solleva le braccia, lo ammetto, temo un po’ che le cose si mettano male. Ma poi indica un pianeta, una piccola sfera luminosissima di luce riflessa e blu, azzurro, verde, rosso incorniciato dal finestrino pressurizzato dell’incrociatore dell’impero galattico, e mi sorprendo a pensare: quanto affannarsi! E per cosa poi se da quest’altezza le persone laggiù sono così visibilmente invisibili, con le loro paturnie, i loro tormenti, i loro orari lavorativi fuori orario di lavoro e le loro speranze che diventano sempre di più simili – con il passare inesorabile degli anni – a una pensione onesta e la gratificante sensazione di un po’ di tempo a disposizione, ciò che ci rimane, per far chiarezza sugli scaffali del nulla con le ultime cose che ci piacciono prima che sia troppo tardi, ma ecco di nuovo il Signore Oscuro parlare, e ancora una volta il suo tono essere diverso, come creatura viva che scalcia…

Eduardo: Lo vedi? Quello è il mio pianeta natale. Quanto amore per la vita sugli oloskateboard tra le immense vele di kevlar nelle lunghe estati della mia infanzia. Ed ora… eccolo lì. Quello adesso è un covo maledetto di poeti senza lingua, una tana di serpi! Lo vedi, lo vedi come si accalcano per i loro premi, non hanno complessità, lo vedi, ogni persona potrebbe capire ciò che scrivono, mediocri scrittori di fantascienza, scrittori di noir, romanzieri che credono nella necessità di una storia, reportagisti, narratori metodisti, filo-parisisti, carveristi… Ecco cos’è diventato il mio amato pianeta.

Bobo2D4: o Oscuro Signore, siamo pronti per l’espunzione dell’incunabolo.

Eduardo: Procedi.

Davanti a noi, attraverso i finestrini della sala grande, uno sfolgorante raggio si concentra in un poliedro di luce.

Eduardo: questa è la nostra arma definitiva per ribilanciare la complessità.

Mi spiega.

Eduardo: L’incunabolo si concentra nel nucleo del pianeta, catturando la sua essenza geometrica. Mentre si disintegra, espungiamo dal pianeta il suo diorama geometrico e grazie alla teoria afasica degli specchi rotore riusciamo a intrappolarla per sempre in una copertina neoplastica anni ottanta. Non abbiamo scelta. Per l’universo! Noi dobbiamo farlo.

Mentre parla, l’incunabolo ha perforato il nucleo. Dura solo un attimo: un’ondata di luce sconfinata ci investe e poi più nulla. Del pianeta natale dell’Oscuro Signore è rimasta solamente polvere di stelle. E silenzio, un silenzio terribile. E la copertina, che Bobo2D4 consegna all’imperatore della complessità. Sono stordito e penso forse alle centinaia di miliardi di forme di vita che hanno perso il privilegio specialissimo della loro esistenza con quel semplice gesto di un uomo su un incrociatore imperiale fluttuante alla periferia del nulla, penso che sono distrutto, o forse non me ne frega niente, e alla fine lo guardo. Oltre la maschera di kevlar, al di sotto del cappuccio, mi sembra che si muova qualcosa sulle guance dell’Oscuro Signore, ed è come un sottilissimo, infinitesimale tremito. Chissà che una lacrima nell’oscurità profonda, tra le piaghe che al contatto col carbonio sintetico attaccano alle sue vesti la pelle, non gli abbia – quando il suo pianeta natale è sparito per sempre – a questo penso, tra la carne maciullata e i cavi e le venuzze e gli apparati mitocondriali di trasporto dell’energia nelle cellule e tutta quella chimica e fisica e tutto quel mondo, rigato il volto.

Luca Marinelli

Marinelli

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One thought on ““Chiamate telefoniche” #4: Eduardo Savarese

  1. Devo dire che non ha tutti i torti, eppure fa maluccio saperlo…
    Ma vedila così: più qualcuno scrive, legge, sfoglia, più migliora, per cui quantomeno chi non è molto portato adesso forse più in là lo diverrà. Non entriamo nel tragico, non ancora. Possiamo recuperare

    Piace a 1 persona

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