“Chiamate telefoniche” #1: Ippolita Luzzo

This time of concern – Ottavia Marchiori

“Chiamate telefoniche” è una ricerca di contatto oltre le formalità dell’ovvio e dentro le psicologie del torbido, nello spazio informe tra la confessione e l’intervista. In una Litweb mai così proliferante e mai così vicina al collasso, noi di Verde alziamo la cornetta per disturbare la letteratura all’altro capo. E forse contattare nuovi spiriti guida. Oggi Ippolita Luzzo.

Il collage This time of concern è di Ottavia Marchiori.

La chiamata è avvenuta alle due di mattina del 24 Marzo. La Regina aveva una voce lieve, somigliava al primo mormorare di una creatura notturna. Io avevo bevuto già un paio di caffè dalla mezzanotte e se devo essere proprio onesto, ero un po’ teso.

Luca: È la donna nella cui testa tutti vorrebbero essere; sarà perché, chi prima chi dopo, tutti sono venuti da lì.

Regina: Lo so.

L: Lei ha insistito molto. Sono un po’ emozionato, mi scusi; può immaginarlo, insomma. Ha insistito molto perché questa conversazione avvenisse di notte…

R: Lo so.

L: C’è qualcosa che non sa, lei?

R: In verità ti dico, molto. Ho accettato di accogliere questa chiamata da Verde anche per sfatare certi dolorosi miti, alcuni raffreddori delle più deboli teologie. Molti di voi mi fanno meno umana di quanto io non sia veramente. È vero, quando Gius disegnava il primo abbozzo della litweb con le nove piume sulla schiena della Nazione Indiana, io avevo già cento anni. È passato davvero molto tempo da allora… e adesso Gius è più vecchio di me. Non è una cosa semplice essere immobili e osservare le persone invecchiare e dissolversi intorno a te, ti posso garantire che non è una cosa a cui ci si abitua, Luca. Quello che intendo è che non ti ci puoi davvero abituare mai.

L: Se dice il mio nome con quella voce, però, mi imbarazza.

R: Sai, alcune volte dimentico i nomi dei miei figli. Nella litweb le persone parlano, e io lo so bene, credimi, l’ho generata io. Me la prendevo più di quanto fosse necessario, è questa la verità. Ti sembra forse l’atteggiamento di un essere ubiquo? Ho annientato qualcuno perché qualcun altro mormorava che io non fossi il geopilastro eumagnetico che ero stata un tempo. Ascoltami, nessuno può dire cosa si prova ad essere me senza vivere nella mia pelle per almeno mille anni. Quando si è eterni l’unica cosa su cui si può contare sono la gioia e il dolore delle persone che credono attraverso di te, le persone le cui certezze dipendono dalle tue verità rivelate. Ti aggrappi a quella gente perché pur sapendo di non poter mai essere lei, tu vivi in lei, e così ti sembra di riprenderti il diritto ad esistere che l’impossibilità ad annientarti del cosmo ti ha negato per sempre. Siamo cetacei immortali che vagano nello spazio, annientiamo mondi, creiamo popoli e litweb, e nonostante questo, o forse proprio per questo, non possiamo mai dirci a casa. Non ero certo tranquillo. Eppure volevo andare fino in fondo. C’è stato più di un lungo momento di silenzio.

L: Molti dicono che la Litweb sia morta, dobbiamo dedurne che sarebbe morta anche lei.

R: Io sono morta da sempre. E per questo non morirò mai.

Non ricordo il momento esatto in cui ho riattaccato. So solo di aver dormito per un’intera settimana.

Luca Marinelli

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