INDIFFERENZIATA #3: Un altro canto di Natale (Giovanni Del Giudice, 14/12/2020)

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Mona J. Wimbledon, “That” Tina, collezione privata (2020)

«Ogni volta che leggo qualcosa e mi chiedo: cosa è questa merda? La risposta è sempre la stessa: La Nuova Verdə».
Alice Spano intervistata da Andrea Donaera.

Cara è la fine, mia unica bolla. Dei segnali pervengono. Dei segnali permangono. La nostra influenza e la capacità di suggerire buone letture alternative a quelle di Malgrado le mosche sono nulle.
INDIFFERENZIATA è il tasto reset della nostra rivista. Quando le cose sembrano brutte sono anche pericolose. Chi ha capito ha capito.
Ancora prontə a esordire su rivista, campionə?

È natale anche quest’anno. Sembra ieri che stavamo tutti imbronciati al cimitero per ricordarci dei nostri morti e ora Nino sta sistemando i brandelli di capitone fritto sul vassoio dove galleggiano nell’unto. Ll’è trentacincuanni ghe viv a Firenze ma come fare o’capitone non me l’ho scordat, grugnisce ridendo, rosso da destare preoccupazione. Sua moglie Minni s’è fatta bella perché viene sua sorella con tutta la famiglia, e sua sorella è brutta, quindi lei ha deciso di essere più bella possibile, e per questo ha messo lo smalto viola, e adesso irrompe aggressiva in sala da pranzo: L’insalata di supporto dove sta?! Ma suonano alla porta, Luì, apri a zia. Il ragazzo attraversa la sala da pranzo svelando un ciuffo floscio nero lucido, su una faccia smorta. Diego, prendi nonno e vieni a tavola, ci sono gli zii, tuona Minni, che sapeva benissimo dove stava l’insalata di supporto, infatti la tiene in equilibrio sul palmo d’una mano, mentre ancheggia scomposta nell’ampio vano di cui, senza modestia, va fiera. Questo capitone è la fine del mondo… non può che cantilenare Nino, rapito da un accesso di natura egotica, è davvero gasatissimo. Quindi entrano i parenti: zia Manuela, zio Renzo, il piccolo Denis. Saluti, baci sulle guance, cappotti sul letto di nonno, nonno su sedia a rotelle che puzza leggermente di piscio, le due sorelle fanno a gara a chi è più pittata, Minni è più pittata, Luigi scherza col piccolo Denis, Denis è piccolo ma già non gliene frega un cazzo, Renzo da un po’ di tempo ha preso a dare nomignoli a tutti, se state pensando a Benvenuti in casa Gori ce ne compiacciamo e confessiamo che, a proposito di questo personaggio, stiamo “vedendo” Libero Salvini, Diego è il fratello di Luigi, Diego è molto gotico.

Il pranzo di natale arriva a proposito, data l’innata tendenza degli ultimi giorni di dicembre a classificare definitivamente certi dati e risultati verificatisi durante l’anno, per ripassare nozioni cui s’è negato l’esercizio della memoria.

Che classe fai Luigi?
Il terzo scientifico.
Come ti sei fatto bello Denis, che ti sei mangiato ieri per la vigilia?

E tu quanti anni hai ora Dieghito?
Diciassette.

Avete visto che meraviglia il capitone?
Nonno come state bene!
Ehhhhhhh…
Minni mamma mia che smalto!



Renzo hai visto che meraviglia il capitone?
Ninetto sembra la fine del mondo, non vedo l’ora di assaggiarlo.
Luigi ma tagliati questi capelli, e mangia che sei pallido, ma mangi abbastanza? Minni, mangia abbastanza?
Dieghito e tu suoni ancora con quel complesso?
Sì, ci chiamiamo Peneatroci.

Ehhhhhh…
Nonno volete mangiare? Che gli diamo al nonno, il brodo senza i tagliolini?
Papà, lo volete il brodo?
Louis e tu fai ancora sport? Che facevi, non mi ricordo, karate? Kunfù?
Facevo judo, ma ora scrivo poesie.
Poesie? Accidenti!
Luigi ma non lo sai che alla tua età fa male non fare uno sport? Diventi gobbo, diventi.
Dai Louis, recitaci una poesia!
Diego, stai composto!

I tagliolini in brodo hanno fatto il loro tempo, e la pasta s’è gonfiata assorbendo i grassi sostanziosi del liquame rimasto. È il momento del capitone infarinato e fritto a tocchi, accompagnato dall’immancabile insalata di supporto (…). La natura morta che si presenta agli occhi del piccolo Denis gli risulta raccapricciante, un’offesa che merita una vendetta crudele. Del resto ha undici anni, i tumulti della preadolescenza l’hanno già ridestato dal sonno beato, e ora quella sensazione di rabbiosa indifferenza non può che tradursi, seppur grossolanamente e ce ne doliamo, in un non me ne frega un cazzo di tutti voi, io sono fortissimo a Fortnite®! Contemporaneamente l’adolescente Luigi, dal ciuffo floscio nero lucido, tempestato da raffiche incessanti di testosterone, si strugge romanticamente nel desiderio di declamare davvero una delle sue odi, sarebbe la prima volta, un’altra prima volta, e s’abbandona quindi a un sognante viaggio intimo, ma che pare tumultuoso. Diego tace e, pare incredibile, non pensa a niente. La capacità di non pensare a niente è dote rara, frutto di quasi diciotto mesi di rigoroso esercizio psicofisico, lo hanno fatto tutti i Peneatroci, ora non pensano più a un cazzo. Mai. (Ma che fa, si trucca gli occhi? Pensa furtivamente la zia Manuela che sta sbirciando proprio lui, e si ripromette di verificare in seguito con una domandina vaga che adesso si preparerà). Chiudono la scena Nino, che beve molto e s’appresta avidamente a inforchettare un tocco di capitone; Minni, interdetta dal fatto che il suo smalto viola abbia destato così poco interesse, Maledetta invidiosa, pensa con rabbia; Manuela, pensa alla domandina; nonno, s’è appena pisciato addosso, meno male che ha il pannolone (Ehhhhh…); e Renzo:

Dai Louis, recitaci una poesia! (Poi rivolto a tutti, ridanciano) Una bella poesia di Natale! (Leva pure il calice).

È fatta! L’ego erutta dai suoi confini manifestando prima un rossore che letteralmente brucia la faccia di Luigi, una vampata partita dalla nuca e salita su fino alla fronte, e sulle tempie pulsanti, poi gli scuote le gambe una scarica elettrica sovralimentata. Tzen! Si alza di scatto facendo rotolare pesantemente la sedia a terra. Silenzio.

Sono frocio
non cercarmi sulla faccia della gente
Sono frocio
ho abbattuto cento muri
quelli sono atti impuri
Sono frocio
Sono frocio

Silenzio ancora per un po’. Giusto il tempo di elaborare a grandi linee i dati come si presentano. Lo zio Renzo avrebbe avuto bisogno di più tempo però, infatti rimane a bocca aperta e la scena che segue lo travolge. Nino, che ha appena fatto crollare sul piatto con le dita il tocco unto di capitone (che pare cerchi di auto disintegrarsi con quella caduta; per la vergogna, siamo portati a pensare), di scatto punta l’arma bianca quadriforcuta alla pancia del figlio ribelle:

Che cazz’hai dett?

Il cervello di Diego s’è riacceso, certo per il clamore che l’ode ha suscitato nei commensali:
Papà anche Gesù era frocio, lo dicono i vangeli coprorfici.
Nino inorridisce, si volta: ha una sola forchetta e due figlicidi da portare a termine.
Per fortuna che a Denis non gliene frega un cazzo, e mentre contempla con livido disgusto quell’anguilla fatta a brandelli e imputridita nell’unto, sbotta con insofferenza:
Madonna che merda il capitone!
Buon Natale.


Racconto di Giovanni Del Giudice, ricevuto il 14 dicembre 2020, non letto né selezionato prima della pubblicazione senza il consenso dell’autore.
La redazione rimane disponibile ad assolvere “i propri impegni” nei confronti dei titolari di eventuali diritti.

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