
Littlepoints… – Fly me wherever
“Avete presente quel film col finocchio che balla?”
Si parlava di intersezionismo e cazzi in testa, davanti al tabellone delle partenze, ma non ci si era resi conto che il treno per Roma era già al binario e stava addirittura per ripartire. Finocchio-che-balla: le ultime parole, l’ultima immagine evocata in suolo fiorentino da parte di un membro di Verde. E non un “membro” qualunque. Vabbè, ma sul serio, questa è davvero un’altra storia, iniziata grazie a una leziosissima domanda del classic Mosca che se ne esce con un “Ue, ma scrittorI donne veramente bravI nel panorama italiano degli esordienti? Zero, eh? Eheh”.
Firenze. Firenze Rivista. Che giorni, ragazzi. Presenti all’80% dei panel, a portare avanti la nostra idea, la nostra visione di Rivista; a opporci, e lasciateci dire con successo, a quest’ottusa e nazistoide idea che una rivista debba essere la “palestra” per l’editoria classica, nient’altro: perché le riviste nascono, muoiono e servono alle case editrici per appaltare lo scouting. Tre giorni di dialogo, di dibattito, di #contatto, di battaglia dura, durissima… E poi in Sala degli Archi ti arriva quel trippaio di Luca Ricci che fa “ma io, mi mandano i link dei racconti e non li apro”. Luca Ricci, Luca Ricci. E basta confondere lo spam con la scena delle riviste. Ok, te non “clicchi”, noi ti s’appoggia la fava sul capino lo stesso. In amicizia (#contatto).
Sempre allo stesso evento, un bambino barese con la barba attaccata alle guance con la Pritt-Stick, moderatore dell’ennesima oretta sulle riviste e in quota Rifugio dell’Ircocervo, annuisce convinto e dà poi la parola a Marco Marrucci – uno fra i migliori raccontisti italiani degli ultimi dieci anni, secondo la classifica finale de L’Indiscreto (elaborata da D’Isa, Santoni e Ilaria Gaspari durante il buffet serale della prima serata a Le Murate). Marrucci la pensa come Ricci, classic corporativism opinion; anzi rilancia: “riviste, rivistielle, prendetevi il Rischio d’impresa, perché la qualità di tutta la scena è scarsa: ogni bischero che s’alza la mattina senza durello può sbroccare e fondare una rivista, e il rumore di fondo che producete è talmente fastidioso che io e il Ricci s’è a disagio” – applausi. Quatraro in ostaggio per tutto il tempo, troppo buono per tirare un pernacchione e generare il panico. “Praticamente un coglione!”, urla però qualcuno dal fondo della sala: è il nostro Ramses II, reduce da trentatré ore complessive di presentazioni, tavole rotonde e spritz. Ma anche questa è un’altra storia che si dirama e percorre una via lunghissima e tutta sua, di cui vi si darà conto nei prossimi giorni. Anticipiamo solo che ci sarà molto da valutare e discutere.
Concentriamoci sulle note liete.
Nuova Edizione è stata la singola rivista più venduta del festival: non diciamo il numero esatto di copie smerciate, ma un messaggino per i ragazzi di Amianto (ottima rivista, ma purtroppo di soli fumetti, azz) lo lasciamo volentieri: “brucia, eh?, tornare a casa con le pive nel sacco eh eh eh. Potete fare i ganzi nelle tribù nerd del Lucca Comics, ma qui non si passa. Nonostante tutto, vi si vuol bene. Belle copertine, ottime chiacchierate al vostro stand. Ci si vede il prossimo anno”.
Altro? Nuova Edizione fa rima con Lavinia Ferrone.
Lavinia, sei cresciuta molto. Lo Sgargabonzi ha sinceramente lessato i coglioni, ed è tempo che qualcuno gli dia un calcio in culo ben piazzato, che lo spedisca nel meritato oblio. È il tuo momento. Leggings, racconto vincitore della terza tappa di SUS#2, è stata una pietra miliare del tuo cammino. Che vogliamo fare? Cominciamo o no a calare la pucchiacca in testa ai colleghi maschi? Daje, Lavi. Ti si aspetta al di qua del confine, tra i big. Porta tutta la bocciofila.
Diego Frau di Radio Busta, Federico Armani di Neutopia, Anna Di Gioia di Wojtek, Sara Mazzini free agent, GonZo editorE (vi abbiamo inculato delle copie del fumetto sui Teletubbies, sorry ma a buon rendere), Jimenez & Jimenez, Racconti edizioni (non pervenuti, forse vi stiamo un po’ sul cazzo, ma vabbè, così va la vita), Effequ e Essecì, unaparolaalgiorno.it (nemmeno un eurino di sconto per il vostro libro a noi di Verde, ma sì, ci sta, ci sta): vi si vuol bene. Portiamo avanti le nostre battaglie intersezioniste, non molliamo. Balliamo come finocchi davanti a Luca Ricci, piroettiamo su noi stessi fino allo svenimento. Facciamogli vedere quanto valiamo. Facciamo di Firenze un punto di partenza (#contatto wink wink). Non perdiamoci di vista.
L’illustrazione di oggi è di Littlepoints…
I Leggings (dall’inglese legs-ing) sono una famiglia all’interno della superfamiglia dell’infraordine dei Fuseux appartenente al sottordine dei Pantacollant, uno dei due sottordini dell’ordine dei Primati. Endemici del sud dell’Europa, Penisola Iberica e Italica, più rari ma se ne trovano tracce anche in alcune zone della penisola Balcanica. Il termine Leggings deriva dal nome del loro scopritore, il biologo britannico Leonard Leggings che tra la fine del diciannovesimo secolo e gli inizi del ventesimo, nella zona di Avellino, durante un’escursione primaverile in alta montagna, si imbatté in un branco di Leggings scatenatissimi. Il termine Leggings è correlato inoltre alle fattezze delle zampe: tozze e brevi, di andamento leggermente concavo per via della particolare conformazione della rotula rientrante, collo della caviglia di ampio diametro con caratteristico rigonfiamento.
Il materiale di cui il Leggings si costituisce varia da una zona geografica all’altra e talvolta anche in base alla stagione, ad oggi, la specie più popolosa è quella in ecopelle. All’interno di questa famiglia sono state descritte finora un centinaio di razze suddivise in quindici generi che differiscono tra loro in base all’estrosità: da più estrosi a meno estrosi, ma mai non estrosi. La loro evoluzione è iniziata circa 60 milioni di anni fa quando gli antenati degli attuali Leggings cominciarono a divergere dagli altri primati. Intorno ai 50 milioni di anni fa infatti questi antenati raggiunsero la penisola Italica, probabilmente utilizzando delle MoBike o delle Car2go che gli permisero di attraversare la terraferma. Essendovi tra i Leggings una grande competizione interspecifica (tra i panta leopa e i panta pitone, panta peluche versus panta paillettes) i Leggings occuparono diverse nicchie ecologiche vacanti evolvendosi in completo isolamento e differenziandosi così in una moltitudine di modelli.
La maggior parte di essi ha abitudini notturne e arboricole, si nutrono principalmente di chupachups e vodka Redbull nel fine settimana, durante la settimana invece Coca light e tacchino anche se, va detto, per limitare la competizione interspecie per il cibo, in linea di massima, ciascuna di esse si specializza su una singola sostanza nutritiva: dallo yogurt Total della Faghe, allo stracchino Nonno Nanni, per non parlare di Mikado lanciati a distanza. Tutti i Leggings hanno pollice opponibile per una migliore presa sugli alberi, dove essi si rifugiano quando sono più innervositi. Hanno inoltre dita munite di unghie glitteratissime, fatta eccezione per l’indice delle zampe posteriori che è modificato a mo’ di pettine per la toeletta. I grandi occhi dei Leggings possiedono il cosiddetto tapétum lucidum, uno strato riflettente per la visione notturna, acciocché possano braccare generici maschi di qualsiasi ordine, superfamiglia, specie, raza. A differenza degli altri primati, i Leggings hanno società organizzate su modello matriarcale, infatti le femmine hanno una posizione di dominanza nei confronti dei maschi. Sono state avanzate varie ipotesi riguardo alla matrilinearità dei Leggings, di cui due sono ritenute le più attendibili:
1) Teoria della conservazione energetica: i maschi lasciano il comando alle femmine per evitare lunghe e sfiancanti discussioni su chi abbia ragione, oppure domande particolarmente insidiose come ad esempio:
– In che senso?
– In che senso in che senso?
– Cioè, in che senso in che senso in che senso?
– Come come come? Cioè nel senso, in che senso in che senso in che senso in che senso?
2) Teoria della sopravvivenza della prole: i maschi lasciano il comando alle femmine in modo che possano allevare con successo un maggior numero di cuccioli avendo accesso prioritario al cibo. Insomma la classica paraculaggine dei maschi di Leggings.
La pressione idraulica del vomito istigato dal proclama sozzo appena letto, opera di questo collettivo anarco-merdoide, mi spinge a intervenire in difesa degli esimi oratori uditi l’altro ieri in seno (turgido) a Firenze RiVista.
Che io nella sala degli archi ci stavo: ma non era un problema di archi, cristo, ma di colonne: eloquenti simboli fallici dietro i quali i due dinamitardi autori del post sopra(e)ccitato – che io fissavo di spalle tenendo a freno le scoppole e i nocchini – si nascondevano, si appoggiavano per sopperire alla mancanza di virilità e di apporto sanguigno nei loro corpi cavernosi, di fronte al testosterone sprigionato dagli scatarri, le grattate e i grugniti machisti del Ricci il quale, con parole dimesse, spiegava alla platea l’infallibilità del giudizio brandizzato preceduto dalla scritta Ed. e la relativa inutilità di cliccare sui link delle rivistine; che lui non pigia, non spippola, e neanche sgrilletta per pura decenza. E perché sì: punto.
Queste gonadi livorose di verde, sia messo agli atti, ben prima di comprendere l’omelia alla quale perleaiporcisticamente assistevano, coglionavano a priori, si dimenavano con intenzioni di sguerguenza, meditando di intervenire ad minchiam, cosa che fecero di lì a breve sputacchiando senza sintassi: “Cazzi parla di ma che, lei?”.
Lo testimonio: per quanto meritassero il manganello educatore, sono stati tollerati e degnati di un maquillage di parole del Ricci sulla verginità delle major, umettati immeritatamente da ulteriori ammiccamenti del Marrucci in pigiama, dal nonvedo-nonsento-nonparlo del Quatraro e dai sorrisetti pudichi degli Ircocervi – in realtà la stessa persona Una e Bina con barba intercambiabile.
Stroncati dalla gentilezza ricevuta, i sorci se la sono svignata mentre la discussione decollava: dal rischio di impresa si è spostata agli indici macroeconomici del settore porno-mag e all’affidabilità statistica del mainstream rispetto ai conti della massaia di Scandicci. Se ne sono andati con il loro delirio onanistico di rivista autosufficiente, borbottando lo slogan alcolico “è forse il piacere dell’attesa della pubblicazione, esso stesso il piacere della pubblicazione” con cui seducono la meglio gioventù degli scrittori odierni e la attraggono nei canali (fognari) del loro sitarello con grafica anni novanta. Peccato per loro, cani.
Onore e gloria, invece, alla prospettiva thatcheriana delle rivistine, soppressione chimica del rumore di fondo – si parla uno per volta e alzando la mano -, esposizione in homepage del pedigree canino dei curatori, invito ai nani di verde a fondare una casa editrice tutta loro (Sega editore?), sempre che ne abbiano gli attributi; coyotes.
Cordialità
cav. Tonino Squacqualeto
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Squacqua Lei è talmente coglione che la parola coglione non basta più, apre e incendia praterie di nuove categorie del patetico pazzo. Ossequi
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… Prevedibile fallo di reazione di cui mi vanteró con gli amici del bridge antisemita al prossimo torneo
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Ne fanno parte anche Ricci e il baby Ircocervo?
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Non sputtano l’identità degli affiliati per niente.
Oltre alla pritt stick per i travestimenti, abbiamo un sistema di sicurezza cazzuto che non infrangeró per voi, massa di cernie
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