Barbette – Un mistero editoriale #7: hashtagTormentati

Prosegue la pubblicazione di Barbette, l’ambizioso feuilleton noir thriller del misterioso Simon G. Helly che punta il dito contro il sistema editoriale italiano.
Riassunto delle puntate precedenti: il sistema editoriale è controllato dalla casta delle barbette, il cui leader, il Barbetta appunto, viene trovato assassinato in casa propria. Tra i principali sospettati troviamo i tre scrittori del movimento dei tormentati, da lui stesso lanciati. La voce narrante è quella di uno sfigato che non gli pubblica niente nessuno.
Con la settima puntata entriamo nel vivo delle indagini: chi ha ucciso il Barbetta? Forse il Baiocchi non piazzato? Nella litweb che noi tutti conosciamo si ammazza per un editing non concordato, ma nella finzione che tanto amiamo basta il rifiuto di un famoso polpettone da 500k per fare fuori il più temuto operatore editoriale della scena?
Ci aspettano mesi pazzeschi ed è nostro intendimento viverli in maniera abnorme insieme a voi. Si avvicina la scadenza di SCENICCHIA UNA SEGA #2, il nostro concorso letterario che cambierà per sempre le sorti e il profilo stesso della litweb (qua il bando). Potete inviare i vostri raccontielli (tema libero, max 10k battute, scenicchiaunasega@gmail.com) entro il 26 aprile. Il 30 aprile, nel giorno del settimo compleanno di Verde, annunceremo sulla nostra pagina Facebook i 16 racconti finalisti. Il 3 maggio prima serata, a La Pecora Elettrica, Centocelle, Roma.
La settimana prossima sveleremo i nomi delle giurate e dei giurati di qualità delle quattro scenicchie in gara.
Intanto Ciro ha parlato: qua i programmi futuri prossimi del nostro editore Wojtek. Il primo giugno uscirà il “Vocabolario Minimo delle Parole Inventate”, l’antologia definitiva curata da Luca Marinelli (qua già disponibile in preordine). Autori presenti: tutti ma proprio tutti i verdi che contano (più altri). Così il curatore: “Questo certo progetto, per il quale mi è stata elargita da Wojtek Edizioni fiducia in quantità che non ritenevo possibile si sarebbe potuta elargire a una persona come me è importante per due motivi. Il primo: tanti autori che chi frequenta il web già in parte conosce si mettono in gioco per una delle prime o per la primissima volta in un vero libro prendendosi carico di una sfida difficile e cercando – e riuscendo -, affrontandola, a non perdere la propria voce; sono autori di talento, che a mio modo di vedere potranno fare delle cose belle davvero. Il secondo: i due dindini che si ricavano, se si ricavano, dal diritto di autore li utilizzerò per fare un numero di Guida QuarantaDue in cui pagare gli autori e gli illustratori, e che altrimenti non potrei permettermi. Terzo motivo: il commy ha detto che altrimenti vi sfonda.”
L’illustrazione è di Sofia Mori. Tre anni fa Gianroberto tornava a casa. Una prece.

I sospetti si sono subito concentrati sulla figura del Baiocchi, un po’ per quel suo carattere focoso, che gli fa prendere tutto maledettamente sul serio, un po’ perché si mormora di un testimone che lo avrebbe sentito minacciare il Barbetta.
La storia è più o meno questa.

Una sera, durante un rendez-vous – visto il carattere informale, non lo definirei certo un convegno – degli esponenti della nova scena romana, tra i due sarebbe scoppiato un diverbio davanti a un piatto di tramezzini piuttosto ingialliti. Il motivo del litigio era sempre lo stesso: il famoso polpettone da cinquecento e passa mila battute – alle quali nel frattempo pare se ne fossero aggiunte almento altre settantamila – che il Barbetta non era riuscito a piazzare presso nessun editore. Nel frattempo il fenomeno dei Tormentati si era bello che sgonfiato – era durato sì e no un anno e mezzo – e non era più possibile giocare la carta dell’attualità. Basti pensare che la pagina Facebook del gruppo era passata in poche settimane da novemilasedici a ottomilaquattro like e che l’unica vera opera prodotta dal movimento era il romanzo della Mezzetti, la cui sfortuna fu quella di firmare un contratto per un editore che chiuse dopo soli sei mesi senza nemmeno saldarle i diritti per le copie – pare trecento – fino ad allora vendute. La ruggine era insomma tanta, se si considera il fatto che il Baiocchi si era ritrovato a condividere la poetica con la sua ex, la quale era persino riuscita a pubblicare il proprio romanzo, mentre di lui, ad eccezione di un paio di video registrati durante le serate di letture, non c’era praticamente traccia nelle ricerche di Google. Come se ancora non bastasse, si mormorava che il Barbetta stesse seguendo il Lampanti nella stesura di un’opera in versi, al tempo stesso politica e surreale, già opzionata da un grande editore, il cui argomento era niente popò di meno che la resurrezione di Pasolini in una Roma governata dalla Lega Nord.

Per quanto si trattassero soltanto di voci – e si sa quanto contino le parole degli addetti alla cultura nel nostro paese – questa era stata la classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso del Baiocchi, già pieno d’alcol fino all’orlo.
«Ti do ancora una settimana, poi il mio manoscritto te lo faccio mangiare pagina per pagina».
Questa pare sia stata la minaccia, alla quale è subito seguita una smanacciata sul tavolo che avrebbe fatto sudare freddo il Barbetta – in questo caso il condizionale è d’obbligo, non essendo stato il misterioso testimone oculare così vicino da cogliere l’imperlarsi della fronte né della peluria sulle gote o sotto al mento. Ciò che più conta è che il fatto sia accaduto esattamente una settimana prima del ritrovamento del corpo in quella simbolica posa, con il volto deturpato e lo sguardo che aveva fissato, un attimo prima di morire, il titolo del libro che avrebbe potuto fornire la prova decisiva per scoprire il colpevole.

Per chi è sempre in cerca di facili soluzioni, sia subito messo agli atti che il romanzo della Mezzetti stava da tutt’altra parte – pare, impolverato, sotto al letto dell’Ikea – e che nello scaffale incriminato fossero schierati i grandi classici della letteratura francese: Victor Hugo, Balzac, Zola, Stendhal, Proust, Camus eccetera eccetera, oltre a un certo Perpinelle, di cui nessuno aveva mai sentito parlare. Questo dettaglio mi è stato riferito ieri sera dal Lampanti, al quale l’hanno reso noto gli inquirenti durante l’interrogatorio.
«Mi hanno chiesto: lei ha mai sentito la vittima parlare di un certo Marcel Perpinelle? No davvero, ho risposto. Lo avevo sentito parlare un sacco di volte di un certo Ulbec, che voleva che io leggessi a tutti i costi. Io a leggere mi annoio. E poi non ho tutto questo tempo, devo anche selezionare. A casa c’ho solo tre libri: Pasolini, l’Ariosto e Cecco Angiolieri perché m’è rimasto di famiglia e ci sono affezionato. Poi gliel’ho fatta io una domanda, a quelli là: che ci guadagno dal fatto che l’abbiano ammazzato? Niente. Ora il mio poema dovrò stamparlo a spese mie, ho ancora la proposta di un editore che mi chiedeva quasi duemila euro. Però mi danno cento copie. Con tutti i clienti da cui vado a mettere i pavimenti, non vuoi che trovi qualcuno che se lo prende?»

Perciò il Lampanti lo possiamo scartare, ma ci rimane ancora la Clotilde Mezzetti, che ci ho messo meno di un’ora a ricollegare al nome di Marcel Perpinelle. Bastava andare sul suo profilo Instagram, senza nemmeno scomodarsi a interrogarla. Tra le tante foto della vanitosa, ce n’è una che la ritrae con l’autore francese, sullo sfondo del Trocadéro, e una didascalia: “La ville lumière est à nous” hashtagParis hashtagliterature hashtagTormentati.
È proprio su quest’ultimo hashtag che andranno dirottate le ricerche.

CONTINUA (qua tutte le puntate)

Simon G. Helly

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