Babbo Natale, la donna creatrice di mondi e le scimmie di mare

Potevamo lasciarvi senza racconto natalizio? Ma neanche per tutte le renne di Babbo Natale (ehehehe)! Questo è il racconto di Andrea Frauoldstyle, molto Casual, (p.k.?) dickensiano, classicheggiante, caloroso come un presepio che squaglia al calore di un caminetto (ALT. GESU’ CRISTO È UN AMICO). Auguriamo un sereno Natale a voi e alle vostre famiglie, soprattutto a loro; date un bacio ai vostri bimbi e dite loro questo è il bacio del commissario. Buone feste e buona lettura dalla redazione di Verde! (Continuate a scriverci per ricevere Letteratura Pazzesca 2018, dopo le vacanze provvederemo a tutto). Illustrazione di Paolo Massagli.

La ragazza teneva stretta tra le mani la nuca di Babbo Natale, spingendola tra le sue gambe in tenuta invernale, decorate da una fitta peluria, come luminarie nere. Le sue unghie laccate e smaltate di fresco, affondavano nel pellicciotto bianco del cappello, macchiandolo di viola e attirando batuffoli di lanugine sintetica. La donna tentava di guidare quella testa che però resisteva orgogliosa, quasi a reclamare libertà d’azione, e si muoveva frenetica senza una strategia apparente, come un proto-cristiano entusiasta, pieno di fervore ma senza Chiesa e senza Libro. La lingua disegnava tanti piccoli segni della croce a ripetizione e ghirigori vari che sarebbero benissimo potuti essere dei versetti in sanscrito o aramaico, o fili intrecciati di corone di spine o cilicio, ma tutto ciò era del tutto inutile: il piacere è ateo, o almeno, sicuramente non è cattolico romano.
L’uomo sudava e ansimava, la donna si stava innervosendo, non riusciva a indirizzare la foga di Babbo Natale, a fargli capire come muoversi. Lui, poveretto, si impegnava pure, ma in modo convulso e disordinato.
Il piercing sulle sue piccole labbra, quattro piccoli anellini colorati come palle natalizie, emettevano un tintinnio molto festoso, più su, in sommità, sul cappuccio del clitoride risplendeva una stellina luccicante, puntale d’albero, stella cometa da seguire.

«Avanti Babbo, lascia tanti regali sotto la mia piccolina, sii generoso!»
«Fei ftata una vrava vamvina fuest’anno?» cercò di dire lui goffamente, sputacchiando.

Per tutta risposta lei spinse ancora di più la sua testa cercando di guidarlo verso la stella, come un gps per re Magi con labirintite.
D’un tratto il rubicondo panzone barbuto si incantò, alienato come un elfo alla catena di montaggio, crumiro a cottimo, e prese a fissare uno strano neo vicino all’ombelico con le fattezze di un omino di marzapane, ne vide degli altri due, poi cinque, dieci, un esercito di omini biscotto che lo guardavano ghignanti, come a dire: dov’è la tua virilità, il candito che abbiamo tra le gambe ci rende più uomini di te, smidollato!

La ragazza gli diede uno strattone e l’uomo riprese coscienza.
«Dai, cazzo, fammi un bel regalo», gli intimò. «Non dovrò mica speziarmi con del vischio per farmi baciare! Tieni, aiutati con questo».
Gli allungò uno di quei bastoncini natalizi di zucchero, bianchi e rossi.
«Hanno molto zucchero questi cosi, sai? Trapànami via le carie».
L’uomo si diede da fare, in maniera più ritmata stavolta, come se stesse tenendo il tempo di un remix techno di Bianco Natal, dapprima con lentezza, poi sempre più convulsamente, come un rabdomante epilettico.

«Eccomi, arrivo!» urlò la ragazza in trance agonistica, roteando gli occhi. E venne. La bambina Gesù nacque finalmente! Erode non era riuscito a fermare il suo godimento.
Babbo Natale avvicinò il suo orecchio alla vagina, come se fosse una conchiglia, ma non sentì lo strabordio delle onde, bensì un coro di bimbi: Tu scendi dalle stelle, o regina del cielo, e vieni in una grotta nel tepore di una stanza riscaldata.

Già, prima di trovare quella stanza riscaldata, era stata rifiutata da tante pensioncine, tutte al completo e ora, grata di quel miracolo, si rilassava; le sue piccole labbra cullate dall’alito caldo di uno sfinito Babbo Natale, uno zampognaro sfiatato, e l’aria calda del condizionatore, kantianamente, su di lei.
Sarebbe stata una gioia privata, da non condividere, il regalo l’aveva già scartato, i magi censori e bigotti sarebbero arrivati tardi, avrebbero chiesto di lei alla reception, ma invano.

Babbo Natale riemerse, sollevando la faccia, la barba appiccicaticcia si staccò dalla donna portandosi via qualche peluzzo pubico, la fronte imperlata di sudore glitterato, si passò la manica sul mento per pulirsi e le disse:

«Buon Natale, bambina! Ora tocca a me?»
«Babbo Natale non riceve regali, li fa soltanto», disse lei. «Sarà un Natale molto caldo per me, mi spiace ma le tue goccioline di sperma non inneveranno la mia pancia».

L’uomo vide gli omini di marzapane sorridere mentre si soppesavano, come satiri minusdotati, il candito. La donna, approfittando della distrazione, prese una bottiglia quasi finita di Jack Daniels e gliela spaccò in testa.

Da quella poltiglia primordiale di materia cerebrale, sangue, vetro e alcol nacque una piccola comunità di artemie saline, dette comunemente scimmie di mare, che si moltiplicarono rapidamente per partenogenesi e prosperarono in pace, libere dal capitalismo e dall’ingiustizia, dalla superstizione e dalle feste comandate, dal consumismo e dalla grettezza, dalla prevaricazione e dal sessismo, dalla sciatica e dalla miopia, dalle emorroidi e dalla violenza, in pace, anarchia e libertà, secondo i principi comunitari e utopistici enunciati da Luciano Bianciardi ne La vita agra.

Fu un’immacolata concezione (non contraccezione, stavolta), un big bang porno-natalizio, un’epifania senza carbone, verde, pillole del giorno dopo nelle calze il sei gennaio, aborto di ogni dogma, amore sincretista. Tutto il mondo venne risucchiato dalla vagina della donna che lo pisciò via come un calcolo fastidioso. Quando tirò l’acqua, avvenne l’ultima rotazione terrestre alla faccia delle stagioni, di HAARP, dei fuso orari e del riscaldamento globale. Rimasero solo lei e le scimmie di mare. Quando queste, dopo una settimana, svilupparono la tecnologia adatta la rimpicciolirono e la portarono nel loro mondo dove rinunciò al trono ma visse libera tra i liberi. Vicino alla sua residenza svettava l’unico monumento di quel mondo, una specie di presepe: un coccio di bottiglia di Jack Daniels, un cappellino di Babbo Natale, una riproduzione di un condizionatore e un piercing a forma di puntale d’albero di Natale.

Andrea Frau

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