A COLPO SICURO #9: Caterina

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Vincenzo Zonno, Caterina, (Pink Lodge 2018)

Eccoci giunti alla nona puntata di A COLPO SICUROla nostra garbata rubrica di recensioni – letture rapide con occhio allenato e esperto. Oggi uno dei nostri migliori lit wrestler, Francesco Quaranta, (cazzo, per l’ennesima volta: non l’oboista!recensisce il libro di un amico di Verde, Caterina di Vincenzo Zonnoche con noi ha pubblicato anche un gran bel racconto intitolato Il Porcile.
Recensione dedicata alla memoria del camerata Genio boxeur, detective e fotomodello, e del compagno Carozzi. Buona lettura. Domani raccontino di Natale (p. k.) dickensiano di Andrea Frau. La copertina è un memicchio di 
Pink Lodge.

Come i più attenti di voi sapranno, Mino Raiola è stato il mio agente per circa due mesi e mezzo, tempo in cui tra l’altro ha vissuto a casa mia con l’obiettivo dichiarato di farmi scrivere il NUOVO GRANDE ROMANZO ITALIANO. Non è quindi con leggerezza che mi accingo a fare questa recensione a colpo sicuro: conosco le difficoltà dello scrivere. Checché se ne dica e seppur senza leggere i libri in questione, io ci metto il cuore.
Lo so cosa state pensando: Mino Raiola è un procuratore sportivo, non sa fare l’agente letterario. È esattamente quello che ho scoperto io con un certo ritardo e dopo trentadue spese grosse, sette festini costosissimi e almeno novanta mattine di flessioni e lettura manoscritti con il suddetto appollaiato sulle mie spalle.
Ma siete qui per altro. Siete qui per Caterina di Vincenzo Zonno, Watson Editore, Collana Ombre, 152 pagine, 257g, 23x62cm (sì infatti, è la stessa cosa che ho pensato io), flash point 230°C, umami con retrogusto salato, contiene tracce di frutta secca.

Innanzitutto va detto che Vincenzo Zonno è un profilo fake. Se venite contattati da qualcuno con tale cognome non esitate a segnalarlo a Facebook – e visti i tempi anche direttamente alla postale e poi correte a nascondervi nello sgabuzzino o nel sottoscala più sicuro della vostra abitazione – in assenza di questi, un buon tavolo può fare al caso vostro. Dopodiché attendete almeno tre, quattro ore in totale silenzio. Non aprite se sentite bussare: è una squadra di sette neonazi ubriachi. Non è chiaro chi li mandi. State lì fermi.
Comunque è un tipetto simpatico lo Zonno, davvero. Se non altro ti accetta l’amicizia dal momento che devi recensirlo, a differenza di Marchino Rossari (vedi puntata precedente).
Però attenti, non distraiamoci.

Caterina è un nome che mi piace. E lo devo dire perché ne conosco una, di Caterina, che mi legge spesso e se la contrario mi taglia i tendini d’Achille e mi guarda fare il verme.
Ma la Caterina del romanzo è questo essere fumoso e sfuggente che salta da un appartamento all’altro in una Londra di tatcheriana memoria e che ha il vizio di spegnere mozziconi di sigarette slim alla menta in ogni singolo posacenere posseduto dai suoi numerosi amanti – che lei chiama porta-cenere dando così il via a un succoso botta e risposta con il protagonista che insiste invece nel chiamarli bicchieri e nel berci dentro.

Altro peculiare vizio della Caterina di Zonno è quello di voler fare l’amore solo ed esclusivamente su pouf da salotto, non importa se scomodi e se puzzolenti di piedi o di patatine rancide: lei vede un pouf e si scioglie in frasi come take me now, darling e pouf pouf pouf me. Sulla questione l’autore non dice molto: a mio parere destinata a diventare cult la scena in cui il protagonista chiede il perché di questo arrapamento selvaggio per i pouf (che lui chiama puffi rendendo ancor più buffa tutta la baruffa) e la bella Caterina si scherma in un It’s just daddy issues.
Il romanzo è talmente discreto, allusivo e riservato che se fosse una canzone sarebbe Mary dei Gemelli di Versi.

Ma veniamo al protagonista, il vero motivo per cui io ho amato questo romanzo. Grande lavoro dell’autore qui per aiutare il processo di immedesimazione tramite la geniale scelta tecnica di lasciare uno spazietto bianco al posto del nome del personaggio. Per procedere nella lettura è consigliabile munirsi di matita e dimenticare qualsiasi nozione di character development appresa in precedenza.
Altro grande meccanismo è quello di far porre al personaggio – che io ho chiamato Francesco eh eh – continue domande riguardo lo stato delle cose e le assurdità che si susseguono nel corso della vicenda. Domande poste in un inglese maccheronico à la De Sica che suonano più o meno così:
Why sempre fucking on the pouf?
Dove are you gone Caterina last night? Don’t make the gnorri with me, nein nein.
Come may Caterina sei run away?
Why is there a svastica on the table?
Is this a posacenere or a bicchiere? A PORTAcenere, you say? Maddai!
E così via.

È ormai chiaro che quella contenuta in Caterina sia una dichiarazione d’amore per l’eredità fascista Europea in cui l’autore vede l’essenza stessa del continente e nella cui soppressione egli trova solo catastrofe. Emblematica la scena in cui Caterina, durante una piroetta pornografica sul pouf, finisce a testa in giù e urla It feels like home! Mi sembra di essere a casa.

Se dovessi trovare una pecca al romanzo – e se c’è una cosa che Mino Raiola mi ha insegnato è trovare le pecche – la individuerei nella scelta di stampare l’intero manoscritto in Comic Sans. Scelta in apparenza di contorno – attribuita nelle note post romanzo a un capriccio della mistress dell’autore stesso – ma che si rivela pervasiva e contribuisce a dare come un effetto colonna sonora di Benny Hill a quella che abbiamo stabilito essere a tutti gli effetti una dichiarazione di guerra alla democrazia stessa.
Perché sia chiaro, comprando questo romanzo finanziereste tutta una rete di cellule neoanarco-cyberfasciste, che al momento non dispone di molti mezzi, armi e uomini, ma che pare promettere bene nel lungo periodo. Questa la scommessa di Zonno.
Però tutto sommato è un buon libro. Parola di Mino Raiola.

Vincenzo Zonno, Caterina, Watson Editore, Collana Ombre, 152 pagine, 14 euro acquistabile qui.

Francesco Quaranta

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