Scenicchia Full Showcase #7: Ammutolire le cicale

Simone Marcelli, sardo-romano nato a Cagliari nel 1991, è cresciuto nella provincia di Viterbo e si è laureato in Italianistica presso l’Università di Bologna. Ha pubblicato una raccolta di poesie, un racconto sull’Almanacco 2017 edito da Quodlibet e vari racconti in diverse riviste. È vincitore del Premio Pagliarani 2017 con una raccolta poetica inedita in uscita a ottobre. Tiene laboratori di lettura e scrittura creativa nelle scuole. Oggi è con noi per la prima volta e ci propone il racconto apparso il primo settembre scorso sul Corriere Fiorentino.

Ammutolire le cicale è la settima puntata di Scenicchia Full Showcase, siore e siori (sigla dei Power Rangers plays in the background). Ad accompagnarci la salvatrice della Patria verdacea E.P VI VI VI.

7 agosto 2022, ore 19.00.

Secondo me è andato da loro. Magari si è già pentito di questa mattata e me l’hanno ammazzato.

Questo è l’ultimo messaggio che Rossana Coppi in Gori, già da giorni intercettata, ha inviato dal suo cellulare alla sorella, prima di consegnarsi a un nostro soldato di guardia ripetendo quasi le stesse parole. Il soldato l’ha ammanettata e accompagnata dal Maggiore Fumagalli, che prendendola in carico si è sentito ripetere la stessa frase. Alla quale ha risposto, come è ovvio: no.
La prima cosa che il cittadino italiano Roberto Gori ha detto quando si è consegnato volontariamente è stata: solo una cosa chiedo in cambio, di non dover tornare a Firenze. È in fermo provvisorio, in attesa che la sua affidabilità venga verificata. Il Comando dovrà decidere circa l’attendibilità del cittadino, dire sì o no al di là di ogni ragione evidente. Non c’è ragione evidente mai nelle intenzioni di uno, c’è una ragione apparente piuttosto, e poi c’è la decisione finale e arbitraria di credere al doppio gioco di un traditore. Ci può essere un terzo gioco, un quarto, una ripetizione dello stesso gesto di negazione, che svela il filo, la trama. Perché Roberto mi ha fatto questo?, ripete la signora, con occhi dilatati. Ma non ha nulla di privato questo dramma. È una tensione del tempo che fa vibrare la maglia delle relazioni, come sporadiche accelerazioni che nel sussulto tolgono la terra da sotto i piedi di alcuni, per un momento. Intuire questi movimenti è ciò che su tutto interessa al Comando, per elaborare una strategia efficace; e alla Commissione per comporre la coerenza della realtà. Se torni da me non è successo niente, Roberto, continua la signora sola nella cella.
I boschi, i greppi, i fossi, le case, ovunque si nascondono questi fiorentini, a decine di migliaia, che si fanno chiamare resistenti. Un esercito sterminato di formiche, di guerriglieri invisibili e testardi, di indigeni aggressivi. Il 24 luglio abbiamo scavallato l’Appennino e ci siamo arrestati sul Passo della Futa. Si è resa necessaria un’avanzata di terra: all’indomani della ritirata del governo nazionale a Roma, i ribelli fiorentini sono entrati in possesso, contro ogni previsione, di difese antiaereo sufficienti a neutralizzare le nostre incursioni dal cielo. Fin qua è arrivata l’imprevedibile goffaggine del governo in fuga. Qui dove abbiamo allestito il quartier generale sorgeva un tempo un cimitero di guerra tedesco. Ora solo una collina cementata da cui si domina il Mugello, e un cratere al posto della strada che attraversava il Passo. Il rumore delle cicale: un fracasso senza sosta in questi pomeriggi sotto una fiamma zenitale costante, che sembra schiacciare e radere al suolo i campi gialli giù a valle, e San Piero e Scarperia dove i ribelli hanno i quartieri. Ci morissero tutti ancora prima dello scontro sotto il peso di questa calura, bifolchi che non meritano questa guerra, questa opportunità. Ma il futuro che si compie non ammette alternative a sé: chi tradisce è questo che comprende. È solo per rispetto del futuro che la Commissione ha risposto alla richiesta del governo italiano di un intervento europeo.
Molti di noi, combattenti e non, gente con famiglia, moriranno per le incursioni di questi selvaggi. Vinceremo, certo, ma forse sarò morto anche io, prima, in questo inciampo. Il mio corpo resterà qui in questa tristezza di Mugello, forse. Molti moriranno e la situazione è assurda, a dirla tutta: tanti cittadini europei condannati a morire per l’inadeguatezza di Roma dinnanzi ai suoi intendimenti. Tutto era pacificamente accordato, i vincoli, i parametri, le politiche: Roma è stata l’anima di questa scommessa che non ha saputo vincere. Un bluff. Ma il giocatore non può abbandonare il tavolo: questo deve avere intuito, Roberto Gori. Mai hanno compreso la coerenza purissima di questo incedere, i bifolchi delle province italiche. Non ne hanno compreso il prezzo, finché a pagarlo non sono stati loro, come se non fosse successo ancora niente al di qua del punto di rottura. E sembra quasi che sia per il bluff, per l’onta dell’inganno più che per la sostanza mai smentita delle intenzioni del governo, che all’indomani del tracollo definitivo del debito le città hanno disconosciuto l’autorità centrale. L’intervento, netto, dell’esercito federale contro questi autoproclamati “Comuni” è ormai l’unica possibilità di Roma di ripristinare la propria autorità.
Se torni non è successo niente Roberto, ripete la moglie nella sua cella. Non è successo niente.
Perché mai più a Firenze?, è la prima domanda rivolta al Gori. Che in realtà vuol dire: perché tradisci? Il primo e più importante lavoro da fare, durante l’interrogatorio di un delatore, è sul punto di vista. Vi dirò quello che so e poi per favore portatemi con voi, ha risposto. E poi ha riferito quello che doveva riferire. Cose utili. Non riesco a immaginare quando avverrà lo scontro. Sembra inimmaginabile che qualcosa accada con questo caldo, con questa aria di fuoco. Con questo putiferio di cicale. Forse smetteranno, ammutoliranno da un momento all’altro: e allora sì.

Ore 20.06

Roberto Gori è stato trovato morto nella sua cella quindici minuti fa. Si è reciso le vene dei polsi con un pezzo di vetro reperito durante il trasferimento. Mi riferiscono che alla fine dell’interrogatorio, prima di essere riportato in cella, si è rivolto con tono vivace al Colonnello: buoni giovani e belli, siete!, qui non c’è scampo, non c’è. E poi più niente. La morte volontaria è l’unica prova davvero solida dell’attendibilità di un traditore. Questo si aspetta sempre, quando un delatore si consegna. Il suo corpo è stato archiviato come prova. Non abbiamo idea di chi sia suo marito signora, ma ora dobbiamo trattenerla, continuiamo a ripetere. Da un momento all’altro potrebbero ammutolire le cicale. È sempre possibile, e si sta con l’orecchio teso.

Simone Marcelli (editing Vanni Santoni)

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