Che cosa sta succedendo – Sulla fine #14: Andrea Zandomeneghi

Il dibattito sulla chiusura di Verde (qui tutto) ha felicemente preso un’altra piega. Non più l’oziosa discussione sulla fine di una piccola rivista (si fottano pure D’Antuono e la redazione), ma una proficua assemblea pubblica sullo stato della neolitweb italiana. È possibile assumere una visione più profonda e decentrata e abbandonare il riflesso di fondare scene nelle città morte della cricca ombelicale editoriale? Firenze è la nuova Roma e Napoli è ormai Milano? Che significa fare rivista oggi e che cos’è un litblog? Forse che Firenze è rivista, Napoli è litblog? Se Bologna è un profilo Instagram, Torino cos’è?
Il confronto prosegue in maniera costruttiva da quasi un mese, inquinato occasionalmente dalla sola entità sedicente “Mozione Redazione Ombra Guacamole” e da Stefano “Gramigna Malefelix” Felici. Suo il memicchio che vedete quassù (via Fb). Lasciatecelo dire: la cosa che più ci offende non è la mancanza di gratitudine (tipica di chi approda su minimaetmoralia, lo vedi Ste che ti è servito quel numero di telefono eh eh), né lo sconcertante “scenicchia fiorentina” liquidato così lì abbasso; ci oltraggia l’idea che una testa ben fatta quale Andrea Zandomeneghi, direttore di Crapula, possa spingersi fino a: “Felici è quanto di più brillante ci sia a giro, non essere coscienti di questo significa non solo e non tanto ostinarsi a nutrire la propria cattiva coscienza, ma anche regalarle artefatti mentali finalizzati a un’adulterazione partigiana della propria comprensione, quindi ricostruzione, delle cose […]” Nonostante i conti con Crapula siano ancora da saldare (la settimana scorsa Alfredo Zucchi, per nulla distratto dall’uscita del suo romanzo, ci aveva regalato un buon intervento distensivo, per quanto preliminare) e al netto della sempre ottima programmazione, abbiamo deciso di pubblicare lo stesso (unico contrario Luca Marinelli) il contributo di Zandomeneghi, riconoscendone la crucialità dialettica sistemica (questo pezzo è un altrove che tiene tutta la litweb italiana), pur prendendo atto del tono ostile e provocatorio (ci riserviamo di intraprendere ogni azione a nostra tutela).

Ecc.mo Commissario [prefettizio? di polizia? d’esame?] P. D’Antuono
Presso Verde Rivista
Interno 13 #Sulla_fine

rebus sic stantibus 16/04/2018

Voglia Sua Eccellenza avere cognizione dell’epistola poverella infra
alla luce dei grovigli immondi che stiamo abitando

P. Q. M.

Pregevoli Fratelli in Eraclito,
noto che – sebbene le parole dello Zucchi fossero latrici della distensione la più incondizionata, al limite della leccaculaggine [ma senza travalicare quel limite, perché la classe aristocratica del Fondatore è sempre paracula, mai ruffiana o peggio servile] – voi perseverate nella maliziosa distinzione rivista[voi]/litweb[noi], implicitamente avversando l’unione genuinamente cameratesca [o anche solo dialettica] tra le due compagini sotto il simbolo [συμβάλλω: «mettere insieme»] delle lettere ed esplicitamente stilettareggiando al fine di rimarcare la vostra volontà di divisione sotto il diavolo [διαβάλλω «gettare lontano»] delle categorie. Come disse Mercuzio agonizzante: «la peste alle vostre categorie» id est : «e un cazzo il culo e accuse di arrivismo, dubbi di qualunquismo, son quello che mi resta».

Stavate per incontrare la Trista Mietitrice «che porta corona» e che di tutti noi «è signora e padrona»; Colei dinnanzi alla falce della quale «il capo tu dovrai chinare» aveva bussato al portone segnato dalla croce di Yog-Sothoth e dall’orina di Nyarlathotep del vostro Verde antro, le vostre affabulazioni un tempo rimarchevoli essendo divenute evanescenti e autoreferenziali e autistiche: «patibolari» – direbbe Juan García Madero che in quanto poeta realvisceralista è ben più icastico e pastoso di quanto non lo sia l’obsolescente fraseologia un tempo parodistica e guizzantemente stridentista e oggi spettrale calco grottesco d’un Ambrogio degenerato e sclerotizzato [un tempo si rideva per me e con me, oggi si ride di me] che le mie dita dalle falangi intrise di nicotina e altri balsami maligni partoriti dalla combustione del tabacco senza filtro con cui m’intossico [altro che Frau] vomitano tremolanti – non lo sapete, ma come l’emicrania è sindrome complessa che va molto oltre il mal di capo, così il vomito non è solo il conato e lo spruzzo che avete sperimentato ubriacandovi di Porto rosso in occasione dei vostri teatrini di lettura collettiva, è anche festinazione e sovreccitazione tonico-clonica che prelude la caduta preannunziata di Smerdjakov dalle scale andando in cantina – sulla tastiera in cambio [li vogliono in anticipo] di «alcolici andati a male e benzedrina».

Stavate per incontrare la Trista Mietitrice e invece della via nobile della partita a scacchi con la Morte [per quanto Scene da un matrimonio s’addica alle vostre schermaglie maggiormente del Settimo sigillo], voi codardi avete optato per una ben più sospetta e vigliacca guerra civile ovvero intestina rivitalizzante: evidentemente essendo venuti a conoscenza del potere di rinnovazione che sgorga da πόλεμος innervando febbrile sino alla fibrillazione ciò che avendo concluso il proprio ciclo era scivolato stagnante nella catalessi prodromica alla necrosi esiziale.

Sacrificando il vostro brillante congiunto Felici [perché se Marinelli è l’unico che avrà un futuro nella letteratura nazionale – rectius: nell’editoria letteraria – e D’Antuono è uno scaltro letterato che conosce gli arcana imperii meglio del Divo Giulio, perché se Quaranta sa scrivere sul serio e Frau è il combinato disposto della solida pietra angolare e del cortocircuito ironico, sarcastico e sardonico che egli domina in leggerezza e agilità per quanto talvolta in uno sciattume disimpegnatamente binario; beh, Felici è quanto di più brillante ci sia a giro, non essere coscienti di questo significa non solo e non tanto ostinarsi a nutrire la propria cattiva coscienza, ma anche regalarle artefatti mentali finalizzati a un’adulterazione partigiana della propria comprensione, quindi ricostruzione, delle cose] sull’altare di un simulacro di πόλεμος [il πόλεμος vero non è per nulla personalistico e guardante le vostre dinamiche individualistiche interne: è volto alla morte integrale di Verde in toto] avete ottenuto un palliativo e una dilazione. Sono uscite fuori le belle cose che state pubblicando in questi giorni. Il motivo lo spiega Simmons meglio di tutti: il Tecnonucleo – avendo dovuto abbandonare i portali – ha progettato, per il tramite del crucimorfo, un nuovo hardware come base vitale: non più le normali cortecce cerebrali antropiche, ma l’apparato neurologico tutto poco prima di morire e già morendo perché ha scoperto che a livello sinaptico, pur rimando invariata la quantità e la tipologia dei neurotrasmettitori, il segnale nel suo passaggio da chimico a elettrico subisce un’accelerazione combinatoria immane – prima di spirare. E così ora voi godete della strapotenza demonica di Adrian Leverkühn contagiato dalla lue e dello splendore infuocato degli ultimi tre testi – scritti da mano alata e alacre che ha derubato Hermes – di Federico Guglielmo nell’autunno che precedette il crollo per le botte al cavallino di Torino.

Da ultimo un fraterno monito: voi avete evocato potenze che non siete in grado di controllare, da perfetti – e lodevoli – apprendisti stregoni. Attenti allo Zucchi, attenti a Crapula, soprattutto quando si relaziona[no] in maniera affettuosa e conciliante – è l’abbraccio esiziale, l’abbraccio di Berlusconi, un abbraccio che solo in principio è illusoriamente proficuo; ricordate la sorte di chi ha accettato quell’abbraccio: D’Alema, Follini, Fini, Casini, Renzi et coetera similiaque. Da Pierluca a Piersilvio è un attimo.

Salvis juribus

Con osservanza

Cordialità

CONTINUA (qui tutti gli interventi)

Andrea Zandomeneghi

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