
Giulfin, Sul fondo di un bicchiere
La sagra è il quarto racconto inedito letto alla Confraternita dell’Uva il 3 novembre scorso, per la serata Cronaca Verde a Bologna, dove Vinicio Motta ha messo in chiaro una volta per tutte che a leggere in pubblico è il più bravo di tutti (video in arrivo, prima o poi).
L’illustrazione è di Giulfin.
Il paesello è in festa.
Lo si capisce dalle finestre buie, dai saloon chiusi e dal suono dei violini che si irraggia dalla piazza principale.
Smonto da cavallo e mi incammino verso i festeggiamenti, ho sete di birra. Mentre la musica comincia a stizzirsi, inganno il tempo leggendo i nomi delle vie. Mi fermo di colpo e mi sparo una sigaretta: una strada anonima ha attratto la mia curiosità.
Ha un nome, quella strada? E se sì, qual è?
«Se ci tieni alla pelle, sta lontano da quella via» mi dice, indicando la strada innominata, un pistolero disarmato e con un frisbee di legno nella mano destra. Getto la sigaretta mezza fumata e riprendo il cammino.
«Mi sparano, mi sparano» urla una voce maschile alle mie spalle, «aiutatemi!»
Mi giro e vedo un uomo seminudo e insanguinato correre scomposto nella direzione opposta alla mia.
Il pistolero scuote la testa e borbotta: «Non imparerà mai».
Faccio spallucce e raggiungo la festa.
La scenografia della piazza principale sprizza allegria… i volti dei presenti, invece, no, come se il paesello stesse smaltendo una recentissima tragedia collettiva.
Metto a fuoco l’orchestrina.
I violinisti suonano con foga.
Il loro entusiasmo, però, non sembra influenzare la pista da ballo, che rimane triste.
Mi avvicino al buffet e mi servo una birra, che trangugio d’un fiato.
Mentre mi accingo a riempire il boccale per un secondo giro, si palesa il pistolero disarmato, questa volta senza nemmeno il frisbee.
«Ehi» gli dico, «come butta?»
Risponde che si sta facendo tardi.
Sulla pista da ballo irrompe l’uomo seminudo e insanguinato di prima.
Il pistolero lo afferra per il collo e lo scaraventa a terra, sebbene con affanno. L’uomo si rialza e riprende subito la sua corsa, che poi termina, bruscamente, con la sua testa che sbatte contro uno degli stipiti che delimitano l’ingresso di un saloon. Non so come, ma mi ritrovo sull’uscio della strada innominata.
Nella mia mano destra, un frisbee di plastica.
La strada senza nome, improvvisamente, assume un’identità: Via Nicola Laurantoni.
«Tocca a te… cowboy» mi dice il pistolero. «Tra non molto» aggiunge, «l’uomo seminudo e insanguinato completerà il suo nuovo ciclo di devastazione. Sei pronto?»
«A fare cosa?» gli dico.
«Lo capirai».
Scorgo qualcosa, ma è nella mia testa… lo distinguo dalla realtà dei sensi – ho ancora tutte le mie facoltà mentali: il frisbee annuncia un’apocalisse semantica.
«Perfetto» mi dice il pistolero, per poi incamminarsi verso il mio cavallo.
L’uomo seminudo e insanguinato precipita ai miei piedi e mi chiede dove sia l’appartamento.
Non conosco la risposta che cerca…
Non sono tenuto a dargliela, in ogni caso.
La mia missione è fermarlo e basta, a tutti i costi.
Mi divincolo e lo colpisco con un calcio in faccia, stordendolo.
Lui mi guarda stralunato e inizia a scappare.
Mi preparo a lanciare il frisbee.
Prendo la mira…
Solo un po’ più a sinistra… Ecco!
Bye-bye, pezzo di merda.
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