Le circostanze

LacrimeInAmpolla

Giulfin, Lacrime in ampolla

Marachelle ha l’oro in bocca”. Due anni fa usciva “una raccolta di racconti grotteschi e spietati” di Paolo Gamerro e Filippo Santaniello, uno scherzo che fonde “commedia all’italiana e slasher movie, alcol e psicofarmaci, Roma e Milano, immaginario pop e cultura underground”, nello stesso “unico viscido blob nel quale stiamo tutti affogando. ”
Le circostanze è scritto da Paolo, l’illustrazione è di Giulfin. A lunedì, buon fine settimana.

Cominci con una pastiglia di Lendormin tutte le sere, dici che sarà soltanto per un periodo di tempo, ti convinci che non ti darà dipendenza, è che ti senti stressato per la tesi, non riesci ad addormentarti e hai bisogno di sonno per stare lucido la mattina. Scrivi tutti i giorni: mattina, pomeriggio, sera. Mandi mail al professor Canziani ma lui non ti risponde sempre e la cosa ti crea altra ansia, vai a ricevimento, vi chiarite, torni a casa e scrivi ancora, oppure lo fai in aula studio, stai lì da quando apre fino a chiusura, una pausa pranzo di mezz’ora, due telefonate alla tua ragazza e tante sigarette, troppe. Hai un fastidioso mal di testa costante e la cervicale, mancano tre mesi alla consegna e spesso eccedi con l’alcol. Ti rilassa, dici, è tutta colpa dell’ansia, è un periodo così ma passerà.

Una pastiglia a sera di Lendormin si trasforma in una pastiglia e mezzo, tanto non cambia niente, un paio di mesi e l’incubo finisce, mandi mail a Canziani, continui a scrivere, a rileggere, a riscrivere, cancelli, ti confondi, vai avanti a fumare, chiami Marta su Skype ma parli soltanto tu, ti sfoghi per quasi un’ora, sei in crisi, lei ti tranquillizza ma non l’ascolti nemmeno e ti arrabbi se ti interrompe, ti butti sui libri di nuovo e ingoi qualche aspirina per il mal di testa, sempre fisso in quel punto, sempre più debilitante, è che dovresti staccare un po’ dal computer, chiudere gli occhi, riposarti, fare altro. Ma non c’è tempo, ci sono le scadenze e tu sei terribilmente indietro, Canziani non è mai soddisfatto, in alcuni momenti la discussione ti sembra irraggiungibile, mangi poco e da solo, litighi con tua madre, la tratti male, non ti va di stare con lei, spesso salti le cene e fumi di più, le sere al pc ti sconvolgono, la notte ti rilassi con l’alcol. Se esci con gli amici, le poche sere che ti prendi per te, ti scassi: birra, gin, whisky, vodka. Quando bevi ti senti leggero, poi torni a casa e vomiti, vomiti tutta la notte e anche la mattina, ti risvegli a pezzi e ti rimetti a scrivere.
«Ma è solamente un periodo così, passerà…» lo ripeti a te stesso cento, mille volte, ti fai forza, studi, rileggi, riscrivi ininterrottamente.

Senza nemmeno accorgertene passi a due sonniferi a notte.

Te ne rendi conto quando vedi finire sempre più velocemente le confezioni, le sbrani una dietro l’altra come fossero pacchetti di Tic-Tac, spesso provi a farne a meno ma non ci riesci e nel buio ti strafoghi, mezzo ubriaco, in cucina. Sonniferi e Valium. Sonniferi e Valium e alcol, è la tua ricetta per sprofondare in un sonno nero e non pensare più, per qualche ora. Marta è preoccupata e litigate spesso. Piangi perché si sta dilatando tutto, Canziani non ti risponde quasi mai e forse stai pensando a cambiare relatore ma non lo fai per non rallentare ulteriormente tutte le procedure, non te lo puoi permettere. Intanto però la sessione di dicembre la perdi e tua madre deve pagare la retta. Ti dispiace per lei anche se hai smesso di rivolgerle la parola perché ti fa salire il nervoso. Cerchi di stare calmo ma ti incazzi terribilmente quando la mattina ignori la sveglia e stai a letto fino alle undici. Le volte che ti imponi di alzarti alle sette sei rintronato, stonato, soffri di vertigini e hai la nausea. Altre mail, altri ricevimenti, la prossima sessione è ad aprile e non la puoi perdere, sei già indietro sulla tabella di marcia e non ti puoi permettere altri ritardi. Canziani lo capisce e ti incoraggia e allora ricominci a rivedere il materiale vecchio, rileggere e studiare, eliminare i refusi, passi dall’aula studio alla tua camera e sei dimagrito quasi sei kili, di cattivo umore sempre, la notte sogni tuo padre, ti svegli sudato e ti rimetti al computer, la tua vita sociale è azzerata, scrivi a Marta messaggi deliranti, le chiedi scusa e le dici che la ami e in primavera ti laurei. Dopo tutti gli sforzi ce la fai, il ventisette aprile finisce il calvario e festeggi, ti ubriachi e per qualche giorno respiri. Potresti smettere anche con le benzodiazepine ma non lo fai perché ti fanno sempre comodo e ti vuoi dare ancora del tempo per smaltire l’agitazione accumulata. Trovi subito uno studio nel quale fare praticantato, uno studio a Milano dove puoi fare esperienza e imparare, crescere. All’inizio ti pagano poco ma fa parte del gioco, lo sai, sarai a contatto con avvocati importanti che ti aiuteranno e ti daranno una mano e ogni cosa poi verrà da sé, bisogna solamente avere pazienza.
Fai il pendolare come quando frequentavi i corsi.

Ti svegli tutte le mattine alle sette in punto, torni la sera tardi, alle nove o alle dieci o anche alle undici. Il fatto è che in ufficio ci sono da fare sempre mille cose, pratiche su pratiche, ti mandano di qua e di là, una mattina sei a Torino o a Sondrio o a Solbiate Olona (è uguale), un’altra in tribunale a Gallarate, alcune giornate le passi in studio, torni a casa distrutto ma se non prendi i sonniferi non dormi, anche se sei stanco morto, a pezzi, non ti addormenti più. Aumenti le dosi fregandotene. Due pastiglie diventano tre. Ci bevi su, dici a tua madre che ti vuoi trasferire a Milano perché hanno cominciato a pagarti di più e fare avanti e indietro ogni mattina ti logora. Trovi un bilocale relativamente vicino allo studio, ma torni sempre più tardi e il lavoro ti seppellisce, ti imbruttisce, la tua ragazza guadagna più di te e fa la commessa da H&M, anche se lei si è appena trasferita a Milano non riuscite a vedervi spesso e forse nemmeno la ami più, ci scopi, lei ti parla delle sue amiche che si sposano, tutto va veloce e la camera da letto comincia a girare, nel giro di qualche attimo vivete insieme, in un palazzone a Gambara, la sera tornate tardi entrambi e quasi manco vi salutate, ognuno mangia per conto suo, tu hai i pensieri e tra non molto devi sostenere l’esame di stato e ti dovrai sbattere quattro volte tanto, lo sai.

«Devi piantarla con i sonniferi…» dice lei.
«Non devi bere così tanto…» incalza.
«Non ci parliamo quasi più…» e ti fa sentire in colpa.
La implori di capire. «In studio mi stanno massacrando…» gridi, e sei sempre più magro. Crolli e piangi e lei ti abbraccia e nessuno dice niente.

Rimanete per un po’ seduti vicini sul divano a guardare serie televisive sul digitale terrestre, ti arrivano costantemente mail dal tuo capo, mail alle quali non puoi non rispondere, hai involontariamente tagliato i ponti con tua madre, non le telefoni e non ti fai sentire mai, quando lei ti cerca le dici che non hai tempo e che ti sta disturbando e che ti devi mettere sotto a studiare per l’esame di Stato e non ci sei per nessuno, lo ripeti, non ci sei per nessuno.
Lavori e studi, studi e lavori sette giorni su sette.

I giorni diventano mesi e Marta ti lascia per un ragazzo di venticinque anni che ha conosciuto una sera a un aperitivo, una sera che era fuori con le sue amiche mentre tu te ne stavi rintanato in studio. Quando ti dice che è finita le trema la voce, tu sei sconvolto, non riesci a respirare. Il suo nuovo tipo lavora da American Apparel in centro ed è più bello di te, ha tanti capelli, nerissimi, un bel fisico. Devi lasciare l’appartamento perché da solo non riesci a pagare l’affitto, ti trasferisci in un monolocale del cazzo, più vicino allo studio ma più piccolo, sei vagamente depresso.
Becchi in giro la tua ex con il suo nuovo ragazzo.
Li spii insieme, in colonne, Marta è felice e lo bacia, lui porta un cappello di lana e Wayfarer da sole e le sussurra qualcosa all’orecchio, lei sorride, con te non lo faceva più da un pezzo.
Ti ritiri in biblioteca a studiare e la paura per l’esame di Stato, questo dicembre, sale esponenzialmente secondo dopo secondo, vuoi urlare. Tre scritti, tre giorni di fila, poi l’orale, c’è chi lo sostiene otto volte prima di passarlo, bocciano quasi tutti, il tuo dominus ti rimprovera per le tue piccole e comprensibili disattenzioni quotidiane, è che non ce la fai più. Sonniferi come caramelle, fai gli aperitivi con i colleghi e ti sfasci, Marta ti manca follemente e le scrivi, la chiami ma lei ha smesso di starti dietro, sembra quasi che ti abbia cancellato dalla sua vita per sempre.
Ti prego scrivimi fatti sentire, ti scongiuro non ignorarmi.
Quando ti risponde, una domenica mattina verso le nove, è soltanto per dirti non fare il bambino, comportati da adulto, io me ne vado a vivere a Londra con Claudio, non rendere tutto sempre così drammatico e tragico, non voglio sentirti più…

Provi l’esame di stato per la prima volta, sedici, diciassette e diciotto dicembre, però i risultati li saprai soltanto a metà giugno, escono di pomeriggio, in una giornata con un sole accecante, un caldo torrido e afoso, sudi. Ti hanno bocciato, non te l’aspettavi, tremi e chiami tua madre. Devi rifare tutto, di nuovo, un incubo in loop, ti crolla il mondo addosso, hai fallito.
«Non ce la faccio, non ce la farò mai…»

Torni in studio a lavorare e prendi le benzo anche di giorno, ormai non ne puoi più fare a meno, per te sono come respirare, vuoi smettere di fumare ma non ce la fai, tossisci sangue, i mal di testa ricominciano atroci. Ti spacchi il culo e le soddisfazioni arrivano. Il tuo dominus ti incoraggia, non devi demordere. Sei apprezzato perché sgobbi come pochi, stai diventando bravo, nel frattempo perdi altri kili e sei quasi anoressico, ti si vedono le costole. Marta te lo diceva sempre: “devi mangiare di più, devi ingrassare”. L’estate passa, l’autunno scivola via in una manciata di secondi. Ottobre, novembre e dicembre si confondono, si mescolano e scompaiono. Ritorna l’inverno a Milano, ritornano gli alberi di Natale, fuori si gela, nevica, fa un freddo cane, hai le mani rosse e screpolate, rimani sui libri più di dieci, dodici ore al giorno per l’esame di stato, in studio ti hanno permesso di stare a casa a prepararti, dormi tre o quattro ore a notte. Ti scrive Marta, quel lunedì sera, in bocca al lupo per domani (magari invece te lo sei sognato, semplicemente).

Succede che sogni ancora tuo padre. Sciate insieme, il cielo è bianco e non si sente un rumore. Ci siete voi due soltanto sulla pista, lui è dietro di te. Tu sei un ragazzino e hai al massimo tredici anni, senti freddo e stai attento a non cadere per via della neve ghiacciata. Rimani in equilibrio e vai sempre più veloce e tuo padre è dietro di te, ti volti a guardarlo ed è sempre lì, non ti lascerà. Arrivi in fondo alla pista e ti bruciano le guance e le orecchie. Felice, ti togli i guanti e ti ritrovi con le mani sudate, ti massaggi il volto e ti godi l’aria gelata che ti avvolge. Ce l’hai fatta, sorridi. Arriva fine maggio ed escono gli esiti degli scritti: sei stato promosso, scoppi di gioia. Non chiami tua madre ma la sera esci con alcuni colleghi per festeggiare, sai che adesso dovrai studiare in modo altrettanto massacrante per l’esame orale, ma questa notte pare tutto leggero e sniffi pure un po’ di coca. Quando confessi che per te è la prima volta ti senti in imbarazzo. Pacche sulle spalle, risate, ti scopi pure una in questi mesi, una commercialista figlia di commercialisti, una di due anni più grande di te, conosciuta una sera in un pub in zona Isola. Si chiama Roberta ed è molto carina, perfino troppo per un tipo come te, pensi in cuor tuo. Cambi casa, ti trasferisci in un appartamento sui Navigli. Decente, piccolo ma questa volta decente. Il lavoro va bene e continui a studiare, a farti di coca, sonniferi, valium, bevi molto e studi per l’esame orale. Ce l’hai a ottobre, il tredici ottobre alle tre del pomeriggio, ci arrivi sfatto dalla stanchezza, uno strazio che sembra non finire mai, snervante. Ti promuovono, esulti dalla gioia. C’è tua madre ma quasi la ignori. Baci Roberta, la tua ragazza. La baci sulla bocca e le sussurri che la ami, uscite a cena e tu quella notte crolli dalla stanchezza. Ti fanno la festa in ufficio, decidi di andare in vacanza, la prima vacanza dopo anni. A Londra, con Roberta, una settimana. Lei ti accarezza e ha un sorriso tenero e i capelli lisci, castani, è bellissima e il primo piano su di lei lo testimonia. Prenoti un hotel a cinque stelle, desideri che sia la vacanza più bella delle vostre vite e sai che lo sarà. Pensi a tutto quello che hai passato e sei sollevato e tra pochi giorni farai trent’anni. Martedì mattina, Londra è già incantevole. Ci sei stato da piccolo, con tuo padre, ma sono cambiate tantissime cose e non te la ricordavi così. Un hotel da sogno. Appena entrati in camera vi sdraiate sul letto, Roberta ti succhia le labbra e fuori è grigio e piove e ciò non ha nessuna importanza perché tu stai facendo l’amore e conta solo questo e la sera stessa cenate a lume di candela. Siete in un club a Camden, suona un gruppo rock e la musica è altissima e ballate fino alla mattina seguente, tornate in camera e scopate di nuovo, dormite qualche ora e siete già pronti per uscire. Lei chiama sua mamma al telefono e le dice che ogni cosa è meravigliosa. Tu bevi caffè nero e mangi torta di mele, poi prendete la metro. Ridete spensierati ed è una mattinata soleggiata. Il film scorre perfetto.

***

Si sentirà al telegiornale dell’attentato, ne parleranno i giornalisti, circoleranno diverse voci, sui blog, nella rete. Qualche pazzo si è fatto esplodere proprio sulla vostra carrozza e nessuno ha avuto il tempo di realizzare, è accaduto troppo in fretta. Boom. Tutti morti. Ma sono cose che succedono, d’altra parte. Sono cose che senti raccontare, sono cose alle quali abbiamo fatto l’abitudine. Non è davvero nulla di che.

Paolo Gamerro

One thought on “Le circostanze

  1. Bello tutto il racconto, e bello anche come è portato avanti, come implementa il parossismo. Peccato per l’ultimo paragrafetto, mi aspettavo il guizzo di genio finale.. Ma arriverà per le prossime prove autoriali. Complimenti

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