Leviatano è il secondo capitolo di Noi come cittadini, noi come anonima, la “roba strana cyber-teocon” di “spionaggio industriale, droni, religione, intelligenza artificiale, e apocalissi tecnologiche” firmata da Vinicio Motta (qui il primo capitolo).
Illustrazione di DeadTamag0tchi.
I droni da guardia del Papa accompagnano fuori dalla cattedrale tutti tranne gli officianti.
Non si sente volare una mosca.
Comprensibile: chi era presente alla messa ha appena assistito a un miracolo e all’uccisione a sangue freddo di una bambina che minacciava di farsi esplodere in nome di Allah.
Il cadavere di Sant’Apollinare ha davvero sventato un attentato dinamitardo?
Domanda oziosa. Il mio anticlericalismo, infatti, prescinde dall’eventuale esistenza del dio dei cristiani.
Piuttosto: che ruolo ha avuto in tutto questo il collettivo Anonima?
Mi separo dalla folla, quindi imbocco una viuzza deserta. Tutti quei cattolici cominciavano a innervosirmi.
«Mattia», mi chiama alle mie spalle una voce maschile familiare. È il tizio che mi ha affidato la mia prima missione per Anonima. «È successo un casino».
«L’avevo intuito. Come posso aiutarvi?»
«Seguimi».
A passo svelto raggiungiamo un sottano vicino. È un monolocale illuminato da un lampadario tubolare, è arredato con un letto a una piazza sopra il quale giace addormentato un vecchietto barbuto che indossa una tunica bianca.
«Sveglialo», mi dice il tizio di Anonima, «delicatamente».
Con la mano destra, scuoto pianissimo la spalla sinistra del vecchietto. Nessuna reazione.
«Ci penso io», mi dice seccato l’uomo di Anonima. «Paride, svegliati! Ce l’abbiamo fatta: il Papa è morto!»
Il vecchietto sorride fugacemente e spalanca gli occhi. Si siede sul letto e mi domanda con sguardo sospettoso: «E tu chi saresti?»
«Non è importante» dice Anonima. «Raccontaci della messa, piuttosto».
«Magari un’altra volta».l
«Magari adesso!»
«Va bene, va bene, calma! Due parole, non di più: ero fumato».
Anonima mi si accosta, per poi sussurrarmi: «C’era Paride, nel sarcofago di Sant’Apollinare. E disarmare senza colpo ferire la bambina non era compito suo, ma dei droni papalini».
«Non capisco».
«Neutralizzata la bambina, i droni, nel sollievo generale, avrebbero dovuto accoppare il Papa, ma probabilmente lo svarione recitativo di Paride deve avere confuso l’intelligenza artificiale. Stiamo ancora indagando».
Qual era esattamente l’obiettivo di Anonima?
Nonostante il mio anticlericalismo, non penso che assassinare il Papa cambierebbe le cose in meglio. Anzi: penso che, così facendo, si darebbe vita a un martire, la cui esistenza si tradurebbe per il Vaticano in una maggiore forza mediatica e (soprattutto) politica. Sono confuso. No, deluso. Al collettivo, tuttavia, concederò il beneficio del dubbio: credo ancora nella sua missione.
«Il bastardo respira ancora?» dice Paride.
«Sì», risponde l’uomo di Anonima. «Grazie a te».
«Non vorrai addossarmi la colpa? Prenditela con l’aberrazione a cui avete dato il controllo dei vostri aggeggi volanti! Mamma e papà non vi hanno detto che giocare a fare Dio porta solo guai? Ah ah, figuriamoci! I vostri genitori sono cresciuti a pane e anarchia, non hanno la benché minima idea di cosa significhi la parola “responsabilità”!»
La porta del sottano esplode.
L’onda d’urto scaraventa a terra me e l’uomo di Anonima.
Paride giace immobile e silenzioso sul letto.
Il mio udito è un sibilo lancinante, la schiena mi fa un male cane e ho la testa che sembra sul punto di scoppiare.
Droni. La stanza ne è piena.
Ne riconosco il tipo. Li ho visti poco fa. A messa.
Sbatto le palpebre: sull’uscio del sottano, Papa Francesco.
«Pietro, figliolo», dice il santo padre all’uomo di Anonima, «Pietro…»
Una pioggia fittissima di fuoco orizzontale irrompe nella stanza attraverso ciò che resta della porta. I droni vengono abbattuti dai lapilli. Papa Francesco scompare nel nulla.
Cessata la raffica, nell’abitazione entra quindi la mia trombamica Maria Antonietta armata di un kalashnikov.
«Tutto ok?»
«Credo di sì».
Con uno sforzo disumano e, allo stesso tempo, con un dolore fortissimo al costato destro, mi alzo.
«Ti è andata bene», prosegue Maria Antonietta guardando il letto, sopra il quale giace scomposto il corpo decapitato di Paride.
Povero bastardo.
«Seguimi».
«Aspetta! Prima devi spiegarmi cosa cazzo sta succedendo».
«Adesso?»
«Adesso».
«Ti prometto che se domani saremo ancora vivi, ti racconterò tutto quello che so. Ce la fai a camminare? Ho un’auto parcheggiata qui vicino».
«Ce la faccio».
Usciamo dal sottano. Per terra, ombre ovoidali sfrecciano come sorci in fuga da un incendio. Alzo la testa: non ho mai visto le strade pullulare di così tanti droni.
«Siamo in guerra con Dio», proclama Maria Antonietta.
Ci incamminiamo in direzione opposta al centro della città.
«Mi controllavi» dico.
«Niente di personale».
«Ehi, sbaglio o stiamo dimenticando qualcuno?»
«Pietro se la caverà».
Ci fermiamo. Davanti a noi è appena apparso Papa Francesco.
«Uscire da se stessi», ci dice con atteggiamento paterno, «è uscire anche dal recinto dell’orto delle proprie convinzioni ritenute inamovibili, se queste rischiano di trasformarsi in un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è di Dio. Nella Chiesa l’armonia la genera lo Spirito Santo. Soltanto lo Spirito, infatti, può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, allo stesso tempo, fare l’unità. Perché quando siamo noi a voler creare la diversità facciamo gli scismi, e quando siamo noi a voler creare l’unità facciamo l’uniformità, l’omologazione. Ecco perché coloro che alienano la propria coscienza dal popolo di Dio non conosceranno mai l’allegria dello Spirito Santo, unica fonte di speranza».
CONTINUA (qui tutte le puntate)
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