FICTIOTEQUE #6: CASTELLI DI CRISTALLO

#10

Verde 10, marzo 2013 (In copertina: elaborazione grafica di Elena Bortolini)

Sesta puntata di Fictioteque – Boutique di cronache cineletterarie, la rubrica che Federica Lemme ha ideato e curato su Verde dal luglio 2012 all’aprile 2013. Castelli di cristallo è apparso per la prima volta nel numero 10 del nostro cartaceo (marzo 2013): scrivevano con Federica Sonia Caporossi, Alda Teodorani, Pierluca D’Antuono, Max Cabrerana, Deny Everything Distro 2.0, S.H. Palmer, Simone Lucciola, Essegei Procaccini.

CELESTICA
CASTELLI DI CRISTALLO
Neon Indian Edizioni, 2013, 13,50€

L’ultima rappresentante degli esordi elettro letterari presentati da Fictioteque si chiama Celestica. Un corto caschetto s’intravede tra il cappuccio della felpa che cade nera sopra la pelle più bianca di un foglio. La sigaretta si contorce come penna tra le dita smaltate, sino ad arrivare alle labbra che, tinte con un rosso silenzioso, dicono di sentirsi molto lontane dal resto dei giovani narratori italiani come la celebrata Viola Di Grado. E anche dalla poesia, sottolinea la bocca che ogni tanto sorseggia birra. Celestica non si percepisce scrittrice ma dj. Sostiene che scrivere, per lei, significa campionare e mixare parole per far muovere, come in una pista, le più sfrenate emozioni dei lettori. È così che dai rumori nascono i rhumori e gli/i (r)umori. Nessun artista inventa la parola, ma la rielabora per creare e (de)generare.  Fino ad arrivare a una melodia inaudita. È per questo che il suo esordio porta un nome che cita la musica (Crystal Castels) contemporanea poco impegnata e non vuole essere definito letteratura. L’agghiacciante bellezza della narratrice di origine fiorentina non si appassiona all’interesse semplicistico nei confronti dei Nobel. Sprovvista di laurea, cameriera presso il Buddha-Bar di Parigi, afferma di non sopportare i lettori di Saramago che affollano i bus italiani. La sua scuola sono stati i vinili. I libri che valgon l’occhio sono pochi: «Dostoevskij e Genet sono sinfonia. Se voglio fare un leggero after (dark) ho Haruki Murakami. Perché dovrei punirmi con Ammaniti?»

Tutte queste ragioni non la spingono però ad assumere pose alla Cortney Love – è molto graziosa sia nel sorseggiare alcolici che nella disapprovazione letteraria – o ad allegare musica da ascolto al suo libro. Sono le sue stesse parole a fabbricare dodici tracce che, senza titolo, possono essere ritenute racconti o episodi di un concept in cui appare, sottile come una linea d’orizzonte, un filo conduttore: la trascendenza degli umani limiti. S’intravedono fatiche operaie che richiamano i toni della Björk  di Dancer In The Dark e fotogrammi sadomaso alla Tokyo Decadence in cui le sonorità di Ryuichi Sakamoto si (con)fondono alle selezioni del Buddha-Bar, il tutto tra esoteriche posture corporee eseguite a ritmo di una downtempo alla Thievery Corporation. Sono storie cosparse d’incensi e tacchi a spillo dove tutti i separatismi ideologici s’infrangono come castelli di cristallo, sino a dissolversi nel puro suono.
Perché mai l’autrice direziona la parola verso la morale o la conclusione. Le righe di Celestica compongono un libro che potrebbe essere inserito negli odierni scaffali di elettronica. E che, proprio per dirla con Murakami, non sembrano sospirare altro che Dance Dance Dance! Mangiate e muovetevi dentro questo corpo letterario pieno di grazia.

 

Federica Lemme

 

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