CASUAL FRIDAY #24: IL MAGO WALTER

Anche a natale Casual Friday (qui e su Facebook) è la rubrica di Verde nata per promuovere un nuovo reading code. Ogni settimana un racconto inedito di un autore diverso che cercherà di farvi ridere, divertirvi o semplicemente imbarazzarvi.
Da sempre nella redazione di Verde non si fa che parlare del mitologico
Il Mago Walter. Paolo Gamerro ci aveva fatto credere che si trattasse del suo capolavoro, “il racconto con cui mi piacerebbe essere ricordato su Facebook il giorno in cui mi banneranno per sempre” (cfr. parole sue). Più noi ci incuriosivamo, più Paolo ci irretiva con indizi tipo “avete presente la barzelletta che racconta Rorschach, quella del clown Pagliacci? Ecco, all’incirca” (cfr. parole sue). Immaginatevi la nostra reazione dopo averlo letto… Ma è venerdì, ed è pure natale, rilassiamoci!
Illustrazione di DeadTamag0tchi (This one is made just to castrate ❤).

Mago Walter è di umore pessimo, la serata è stata uno sfacelo e da un po’ di tempo sono tutte come questa. Il pubblico non partecipa, si fa i cavoli suoi. Gli spettatori parlano a voce alta e alcune volte addirittura fischiano, lo prendono in giro. E lui, poveraccio, è lì sul palco che si fa un culo così. Dopo tutti gli anni di studio alla Houdini, l’accademia dei maghi di Lonate Pozzolo, dopo tutti gli sforzi per imparare giochi di prestigio e fissare serate su serate in bar, circoli, club, discopub. In settimana, nei week end, durante le feste, sempre, per una paga che è diventata quasi da fame. E oltretutto, ora il lavoro sta pure diminuendo. Con la crisi, questa stramaledetta crisi italiana, il numero delle sue esibizioni si è ridotto, i soldi in tasca sono sempre meno e bisogna pagare l’affitto.

Io sono un mago professionista, uno bravo, dovrei esibirmi in posti dove possa essere rispettato e apprezzato, in America magari, in Europa, nei teatri importanti, che ne so… E invece me ne sto qua a farmi prendere in giro da questi bovari… pensa Mago Walter a fine serata, verso mezzanotte, davanti a un whisky, seduto a un tavolino del Madison, un lounge bar in centro a Busto Arsizio, un locale per trentenni e quarantenni arricchiti, relativamente fighetti, fondamentalmente snob. Stasera è stata una vera e propria Caporetto, nessuno che abbia applaudito, che lo abbia ammirato. Stavano tutti al tavolo a bere i loro cocktail e a chiacchierare ad alta voce, senza mostrare rispetto per il suo onesto lavoro.

Che schifo la vita, borbotta Walter buttando giù l’ultima sorsata di Jameson, l’unica sua consolazione, in sottofondo Let’s Get it Started dei Black Eyed Peas, tutti ballano e sono felici. Forse dovrei mollare e andare a lavorare in piadineria da Amedeo, da lui c’è sempre lavoro, se va avanti così finisce che vado in bancarotta…
Eppure a Roberto Torelli, in arte Mago Robert, è andato tutto liscio. Si è diplomato anche lui all’accademia dei maghi lo stesso anno di Walter, ed è subito entrato nel giro giusto, quello dei ricchi, delle serate ad Arona, delle feste esclusive negli eleganti salotti popolati dai personaggi dello show biz.
Ingaggi importanti, tanti soldi, donne. Per di più a scuola Mago Robert non è mai stato proprio una cima, anzi, era piuttosto impacciato, timido, non aveva grandi abilità, l’ennesima dimostrazione che in Italia se vuoi fare carriera devi avere conoscenze e raccomandazioni. E il papà di Mago Robert, Zeno Torelli, con la sua agenzia di pompe funebri conosceva mezzo mondo. Tra sconti, favori e trattamenti speciali a politici e mafiosi, aveva indirizzato e incasellato suo figlio nell’ambiente che conta. Così, mentre il povero Walter Pucci è qui che fa di tutto per sbarcare il lunario, quel bastardo di Robert sarà a una cena in un lussuosissimo ristorante da cinque stelle Michelin tra veline e showgirls. Che tristezza.

Walter ordina un altro Jameson alla cameriera biondina con la coda, poi sbuffa e si guarda in giro. Quante cazzo di fighe però… Nonostante il grande numero di bellezze femminili, la sua attenzione cade subito su una milfona di quarantacinque anni, con un’aria da vacca e un fisico mozzafiato. Siede a un tavolino alla sua destra ed è in compagnia di alcune amiche più o meno della sua età, alquanto provocanti pure loro. Walter non riesce a distogliere lo sguardo dal gruppetto di donne e sta già fantasticando: lui con loro tre in una camera da letto, le tipe che si slinguano, lui che se le fa da dietro, loro che lo accarezzano e gli sussurrano all’orecchio che è un vero maschio, un grande mago. Ecco, una cosetta del genere adesso potrebbe tirargli su il morale, infondergli stima in se stesso.
Anche perché, oltre ad andare di merda il lavoro, vanno malissimo pure le relazioni con le donne. Da quando Carlotta Cinis, la sua ex storica, un anno e mezzo fa lo ha lasciato per Saverio Piccolo, un commercialista con lo studio a Cernusco, il povero Walter ha combinato poco e niente. Giusto una commessa della Upim, Benedetta Cascio, conosciuta l’estate scorsa, in occasione di una serata caraibica alla Movida Latina, e un paio di ragazzette incontrate su Meet. La Cascio era una sottona depressa, dipendente dagli psicofarmaci e con un figlio di tre anni sulle spalle; le tipe conosciute sul social invece, Loredana Cubeddu e Alice Simonta, due estetiste sciroccate di nemmeno venticinque anni, dedite esclusivamente agli apericena al Pelican e alle nottate in disco. Walter, che ormai sfiora i trentasette anni, ambisce a qualcosa di più, una donna matura, di classe, con cui parlare e confrontarsi, e chiaramente farsi anche delle trombate mitiche, anzi, magiche. Le donne di quell’età a letto fanno faville, si scatenano, lo aveva letto su una rivista di gossip. Ma chi uscirebbe con uno come me? Non ho un soldo e faccio il mago, queste si fanno quelli con le ville, quelli arrivati, gli avvocati, i notai… medita triste lui, ormai quasi rassegnato ad andare a lavorare nella piadineria dell’amico Amedeo Salvemini: non sarà il lavoro della vita ma almeno si guadagna qualche soldo sicuro e di questi tempi bisogna adeguarsi.

«Ecco il suo Jameson!» gli fa la cameriera mettendogli il bicchiere sul banco, «sono sette euro…»
«Come sette euro? Ma io sono il mago… ho fatto lo spettacolo stasera!»
«Sì, lei è il mago, ed è anche un alcolizzato. Aveva tre consumazioni in omaggio e le ha fatte fuori in whisky nel giro di mezz’ora!»
Mago Walter ingoia il rospo in silenzio, tira fuori sette euro dal suo portafoglio Louis Vuitton tarocco e impreca a voce bassa. Si mette a sorseggiare il drink mentre i suoi occhi tornano a fissare la gnoccona di mezza età seduta al tavolo di fianco. Se la sta lumando per bene quando, per una frazione di secondo, ha la sensazione che la panterona ricambi il suo sguardo, per poi ritornare a conversare con le amiche.

Chissà se mi ha notato davvero, chissà se le interesso. Magari ha visto il mio spettacolo ed è rimasta affascinata dalla mia bravura, dalla mia presenza sul palco, l’ho sedotta con la mia verve… si fa i film Walter, fantasticando su un possibile approccio con questa bellissima donna. Il mago però non vuole viaggiare troppo con la fantasia per evitare delusioni prevedibili, decide di finire di bere, andarsene alla toilette e tornarsene a casa: quaranta minuti in macchina fino a Rescaldina se li deve fare, e pure guidando piano, visto che ha tracannato alcol per tutta la sera. Al cesso si dà una controllata allo specchio. Un viso scontento, cupo. Una stempiatura irrimediabile. Due occhi piccoli e smorti. Tristi per colpa dei pensieri, sempre quelli. Le bollette da pagare, la solitudine, questa instabilità, questo lavoro. Questa vita.

Walter recupera la sua roba (uno zainetto con dentro un cilindro, coriandoli, la bacchetta da mago, carte da gioco e alcuni foulard colorati) ed esce dal locale. Piove come Dio la manda e per giunta gli hanno anche rubato l’ombrello. Tra una bestemmia alla Madonna e un’altra a nostro signore Gesù Cristo, Walty trova la sua vecchia Twingo gialla, ci sale su che è bagnato fradicio, sudato, accende il riscaldamento e comincia a starnutire. In questo parcheggio, in questa dannata città, non ci vuole rimanere nemmeno più un secondo. Mette la prima, accelera forte e parte sgommando. Diluvia, non si vede una fava, il mago guida lentamente, un po’ alla cieca, cercando di raccapezzarsi tra strade e stradine, cercando di ricordarsi da dove era arrivato. Da destra o da sinistra? La radio che passa i Nomadi lo confonde ancor di più, abbassa il volume e, continuando a starnutire, cerca di fare mente locale, di ritrovare un barlume di lucidità. Tutto buio, nero. Si sente ogni tanto il rumore di qualche altra auto che passa e lo sorpassa, poi tuoni, fulmini, lampi.

Dove cazzo sono finito, come cazzo torno a casa… Walter vede sempre meno, rallenta, guarda gli specchietti, pensa a come e dove accostarsi e fermarsi, l’alcol gli manda in acido lo stomaco, le lenti dei suoi occhiali sono completamente appannate e i vetri della Twingo pure. Il mago prova a farsi coraggio ripetendo che tutto finirà bene, è soltanto un temporale e presto sarà a casa, a letto, a guardarsi un pornazzo sul pc, tranquillo e beato. Una serata storta, è soltanto una serata storta e ho bevuto più del solito e sono in ansia, ma non c’è da preoccuparsi, ora spiove e sarà tutto ok…

Riaccende la radio (Fabio Concato canta Che domenica bestiale), ridacchia, sdrammatizza con battute che gli vengono al momento, maledice il Madison e tutti gli stronzi che lo frequentano, si sfoga nuovamente con santi e Dei per poi chiedere loro perdono, aiuto, un qualsiasi aiuto, una macchina della polizia, pompieri, soccorsi, qualcuno. Piange, grida, la pioggia entra in auto, forse è anche successo qualcosa al motore o alle ruote o al volante o chissà, non riesce nemmeno a cambiare marcia. Fabio Concato lascia spazio a Laura Pausini, una canzone stucchevole. Improvvisamente un fracasso assordante.
Sembra che la Twingo sia caduta in un dirupo, in una fossa. Bloccata, non si muove più. Walter mette la prima, spinge l’acceleratore, wroooooooooom, ma non riesce a spostare la vecchia carretta nemmeno di un centimetro, l’automobile gialla sprofonda in quelle che sembrano sabbie mobili, uno stagno di fango e merda, un liquido denso e marrone, blob puteolente nel quale l’illusionista sprofonda inesorabilmente secondo dopo secondo. Lui continua a gridare e piagnucolare nella speranza di essere sentito da qualche anima raminga della notte, chiede scusa a Dio, maledice Roberto Torelli, quel bastardo. Culattone raccomandato, Torelli di merda! Io qui a tirare le cuoia, lui a qualche vernissage esclusivo con le zozzone della tivù! Appena passerò a miglior vita mi vendicherò, mago da quattro soldi! Mi vendicherò, Mago Robert! E ti perseguiterò per l’eternità!

Pucci si rende conto di essere arrivato al capolinea, è spacciato, decide di smettere di opporsi al corso degli eventi nefasti e si lascia andare. Chiude gli occhi e aspetta la fine, andando incontro al fato.

***

Improvvisamente, quando anche la più fioca speranza sembra spegnersi nel cuore di una nottataccia balorda, succede un miracolo. La pioggia cessa, il vento smette di soffiare, niente più saette. Walter apre gli occhi, il cielo si rischiara. Il mago non riesce a capire cosa sta succedendo. Un flusso di luce intenso e sfolgorante lo avvolge, lo stordisce. Lui sente un grande caldo, non soffocante, piacevole, ma allo stesso tempo potente e paralizzante. I muscoli delle gambe e delle braccia si indeboliscono, la vista si abbassa. La macchina si muove da sola sull’iridescente sentiero di luce, avanza leggermente in salita verso l’ignoto.
Vieni Walter… Vieni Walter… Ti stavamo aspettando… Vieni Walter, coraggio… sei quasi arrivato, fatti trascinare, lasciati trasportare dal flusso…
Il protagonista di questa storia, incollato al sedile, sente le voci. Sta succedendo qualcosa di grosso e incredibile e inspiegabile, fantascientifico. Ha perso il controllo del suo corpo e della sua mente: non può fare altro che farsi guidare da questi suoni e abbandonarsi, assopirsi, disperdersi nel bianco.

Passa qualche ora o forse più, una intera giornata. Walter si sveglia, stordito. Un lieve mal di testa, confusione mentale. Che cosa è successo? Ricorda poco. Scolorite istantanee di una mesta serata in un club della provincia di Varese. Una milf panterona. Un acquazzone da fine del mondo. Ecco, sì, pioggia torrenziale, fango, sabbie mobili, il motore della macchina in avaria. Gli insulti a Torelli. Gradualmente riaffiora il profilo di un tragico venerdì sera, dissoltosi in una dimensione onirica, fantastica, irreale. E ora, dove si trova? Sembrerebbe in un luogo protetto, una stanza buia, sdraiato su una specie di lungo divano tutto pelosino. Tira un sospiro di sollievo, è comunque sano e salvo, asciutto, al riparo, fisicamente ok, a grandi linee.
Forse è morto ed è nell’aldilà. Caronte lo ha traghettato sulla riva del fiume Acheronte, o come cazzo era che funzionava, chi se la ricorda la divina commedia (la fai a scuola e non te la rileggi più – oltretutto Walter l’aveva pure studiata sui bigini, per cui figuriamoci). No, comunque: la macchina, la pioggia. Il Jameson, la milf. Il vento, i tuoni, quel pezzo di merda di Torelli. Che gran casino. E quelle voci? Chi erano? Chi lo stava chiamando? Dio? O magari le voci erano nella sua testa, frutto della suggestione e dell’angoscia? Gli era già successo di sentirle, un capodanno di due anni fa, all’hotel I Due Gufi. Dopo un discreto show, il mago si era fatto di speed ed era andato in overdose, scivolando in un mondo spettrale, nel quale i fantasmi dei suoi nonni lo rimproveravano per non essersi mai applicato abbastanza a scuola, per aver intrapreso la scuola di mago anziché iscriversi al liceo e poi laurearsi come tutti i ragazzi con la testa sulle spalle. Quella notte, l’anziano proprietario dell’albergo, Ermes Piffer, lo portò all’ospedale, dove il mago tornò nel mondo dei vivi, promettendo a se stesso di non farsi mai più una botta.

«E così tu saresti il mago Walter?» gli domanda un esserino verde fosforescente, smilzo, con fare altezzoso, sbucato fuori da una porticina. Due grandi occhi gialli e un voluminoso testone, gonfio, a causa della grandezza della massa cerebrale. Un mantello rosso, scarpette dorate a punta, tipo quelle di Aladino.
«Walter Pucci, sì… sono io…» sussurra lui, impaurito e meravigliato.
«Mi chiamo Xoroblix. Sei sul mio disco spaziale, io e il mio staff ti abbiamo trovato in un burrone, ci stavi lasciando la pelle e noi ti abbiamo salvato la vita. Ti abbiamo risucchiato con il nostro raggio di luce per portarti da noi…»
«Oh cazzo! Sei un alieno? Sono appena stato rapito dagli alieni?»
«Appena è una parola grossa, è successo un mese fa. Il tempo, qui, scorre in modo diverso rispetto alla terra. Comunque sì, caro il mio mago, ti abbiamo rapito! Sei su Saturnyna, un piccolo pianeta ancora ignoto ai vostri scienziati, perché invisibile agli occhi di voi stupidi umani…» ghigna Xoroblix grattandosi il cervello.
«E ora voi che volete fare di me? Ommioddio io sono un onesto mago! Un onesto lavoratore! Pago le tasse, sono in regola… volete farmi del male?»
«Vogliamo fare degli esperimenti su di voi terrestri, conoscervi meglio, studiarvi. E poi colonizzarvi! Tu sei il primo esemplare che ci è capitato a tiro. Il nostro UFO era appena atterrato e ti abbiamo visto, su quella macchina… ti abbiamo salvato la vita, sì! In un certo senso, ora però ci serviremo del tuo corpo a nostro piacimento…»
La vocina metallica di Xoroblix si fa cupa, il suo sguardo crudele.
«Esperimenti? Vi prego, lasciatemi vivere! Cosa volete farmi?» implora Walter saltando dal lettino e buttandosi a terra. Non porta più i suoi vestiti, ma una specie di saio bianco che devono avergli messo addosso gli alieni.
«Un po’ di dignità, stupido umano! Non ti lasceremo vivo, certo che no! Ci servirai per sperimentazioni e test. Vogliamo impadronirci del vostro mondo e farne una nostra succursale, vogliamo sottomettervi e schiavizzarvi dal primo all’ultimo. Ma prima vogliamo conoscervi, soprattutto dall’interno! Uahahahahahahahahah!»
Walty è impietrito dalla paura. Implora il marziano di lasciarlo andare e di prelevare dalla terra un altro esemplare di umano.
«Tipo il Mago Robert, lui sì che è uno stronzo pezzo di merda! So dove abita, dove si esibisce, conosco le date del suo tour! Vi scongiuro, lasciate andare me e prendete lui!»

Xoroblix lo zittisce. Del Mago Robert non gliene frega una mazza, un umano vale l’altro. Altri tre omini verdi con il cervello gigantesco entrano nella stanza, confabulano nella loro lingua con Xoroblix, poi prelevano Walter e lo portano in un futuristico laboratorio arredato in stile minimal, ampio, uno spazioso ufficio dove ci sono tutti questi alienini impettiti, con il camice bianco dietro alle scrivanie. Conversano tra di loro, lavorano con alambicchi e microscopi e una miriade di avveniristici oggetti e oggettini che sul nostro pianeta non esistono. Walter scopre che dovrà essere aperto, sezionato, sventrato, squartato, squarciato, svuotato e poi richiuso. Il mago scoppia in un pianto. Pensava di essersi salvato dalla tormenta, invece… Dalla padella alla brace, come si suol dire qui da noi.

«La mia vita è stata tutta un fallimento, signor Xoroblix…» piagnucola il poveretto soffiandosi il naso con un kleenex che gli passa un marzianino piccolino, gracile e basso di statura, verde e luminoso, «lei non ha idea di quante ne sto passando… Vede, io sono nella merda, un libero professionista con partita IVA che sta diventando sempre più povero, tassato e stratassato… vivo in un monolocale del cazzo in periferia, non riesco ad arrivare a fine mese e ancora oggi, a trentasette anni, ho bisogno del supporto economico della mia povera mamma, che ha fatto tanti sacrifici per farmi studiare, pensando che magari un giorno ce l’avrei fatta, sarei riuscito a diventare qualcuno… o semplicemente a essere felice… la prego signor marziano, mi lasci vivere… lo faccia per mia mamma che sarà in pensiero, mi starà cercando, preoccupatissima come al solito… signor Xoroblix, non è che può fare un’eccezione? Davvero, vi faccio catturare il Mago Robert, lui sì che è una merda, e ha anche un fisico migliore del mio, se volete fare i vostri esperimenti. Io ho la colite, la scogliosi, il fegato che sta andando a puttane… mi lasci vivo, la prego…»

Xoroblix lo guarda con un’espressione annoiata. Si schiarisce la voce e sentenzia: «Walter, tu credi davvero di farci pietà con le tue parole? Stupido, patetico umano. Che cosa vuoi che ci importi dei problemi di voi terrestri, le vostre bollette da pagare, la vostra crisi economica, le partite di calcio, i reality shows, le vostre stronzate da omuncoli senza speranza! Non abbiamo scrupoli… »
«Signor Xoroblix! Io non ho nemmeno la televisione in casa e odio il calcio! Invece so che Mago Robert si è visto tutte le puntate del grande fratello, fin dalla prima edizione, quella con Rocco Casalino…»
«E basta con questo Mago Robert!» lo ammonisce il marziano, «il Mago Robert di qua, il Mago Robert di là! Non ce ne frega un cazzo di Torelli, lui non ci interessa! Come posso fartelo capire? E per quel che ne so io, lui è anche un prestigiatore di grido! Uno che ha talento, mica come te, Walter, che sei un reietto, un pezzente! Dovresti pure ringraziarci di porre fine alla tua vita, che, diciamocelo, è diventata uno strazio!» conclude nell’applauso scrosciante di tutte le feroci creature alle sue spalle.
«Sei un reietto, Walter! Sei un pezzente!» gridano adesso in coro, additandolo.

Sei un reietto, un pezzente, è tutta la vita che me lo dicono. Sono anni che ingoio merda, vengo schernito per la mia professione, per aver creduto nei miei sogni e aver cercato di raggiungere i miei obiettivi… (o obbiettivi, non ho mai capito… con una o due b?)
Da solo e senza l’aiuto di nessuno. Mi hanno sempre preso in giro: a scuola, all’oratorio, ovunque. Facci un numero, mago! Facci divertire, mago! Facci un incantesimo, mago! Per loro non sei nient’altro che un buffone. A quasi quarant’anni senza una famiglia, senza una ragazza, senza uno stipendio fisso, senza una macchina decente. Sei un fallito, un miserabile. Per quanto tempo posso ancora sopportare questa umiliazione? Per quanto tempo ancora sarò costretto a incassare? Quando comincerò a farmi rispettare, a farmi valere? Ve lo dico io quando. Adesso, proprio ora. Davanti a questo pubblico inedito. Perché il Mago Walter è un professionista e si è rotto il cazzo. Ed è ora di far vedere a tutti di che pasta è fatto. Quindi, basta lacrime, è arrivato il momento di andare in scena.

«Un secondo gente, solamente un attimo del vostro tempo».
Il Mago si riprende, vigoroso più che mai, alza e imposta la voce, parla al pubblico di alieni davanti a lui.
«Uh uh uh, il mago si è ringalluzzito!» ridacchia un tarchiatello verde, alla destra di Xoroblix, con un’espressione tronfia stampata sul volto.
«Dunque signori alieni, mi avete detto che devo morire e che avete voglia di spassarvela con il mio corpo e io dico ok, va bene, collaboro, sono a vostra disposizione. Ma c’è giusto una cosina che vorrei proporvi. Siccome questi saranno i miei ultimi momenti di vita, e visto che ho l’occasione di trovarmi qui davanti a un pubblico nuovo e meraviglioso, esotico diciamo, ecco… posso chiedervi di esibirmi per voi? L’unico mio desiderio, prima di lasciare le mie spoglie, è quello di stupirvi, farvi assistere a uno spettacolo davvero straordinario, un’ultima esibizione, soltanto un numero, non voglio altro, una sola magia e dopodiché, di me, potrete fare quello che volete…»
«Ahahahah», ride Xoroblix, «sei davvero un tipo divertente, caro il mio mago! Non è vero ragazzi?»
«È vero Signore, è proprio buffo questo umano! Prima piagnucola come una checca e poi fa il figo, questo pezzente ci fa scompisciare!»
«L’hai detto Xurobanc! Questo terrestre è particolarmente stupido!», gli fa ecco Xoroblix, e poi, rivolto a Walter, domanda: «Cosa credi, umano? Che tu ci fai la tua magia e noi ti lasciamo vivo? Sei ancora più ingenuo di quanto pensassi… ma comunque, solo per il gusto di vederti cadere e fallire un’ultima volta davanti a tutti, ti dirò che sì, va bene, ci sto. Se il tuo ultimo desiderio è farci il tuo patetico giochetto di prestigio del cazzo, allora prego! Esibisciti per noi!»
«Proprio così, è la mia ultima volontà». Walter sorride e ringrazia, è emozionato, gli omini verdi e gelatinosi lo studiano in silenzio, adesso tutto dipende da lui.
Coraggio… Fagli vedere chi hanno davanti!

Il numero che sta per fare, e che potrebbe salvargli la vita, si chiama “Il salto nel buio”, un antichissimo quanto pericoloso esperimento di magia che concepì un mago finnico di nome Lupus Ophulus, all’inizio del secolo scorso.
Lupus era un vecchio mago rugoso e canuto, e la leggenda vuole che fosse riuscito, nel corso dei suoi studi, a mettersi in contatto con i cosiddetti spiriti delle eternità, entità metafisiche sotterranee che governano i rapporti spazio-temporali dell’universo, regolando il flusso del tempo tra passato, presente e futuro.
Ophulus, oltre a essere un mago con i contro coglioni, era pure un ipnotista e studioso di occultismo: tramite meditazione supersonica aveva sgamato il trick per cui le cellule del nostro corpo possono scomparire da un luogo fisico nello spazio e riapparire in un altro, attraversando una porta spazio-temporale nel cielo. Non si tratta di un semplice trucco di magia, ma di un vero e proprio…
Insomma, per farla breve: Ophulus aveva capito come cavolo fare a viaggiare nel tempo e nello spazio. Il segreto sta nel recitare una sorta di incantesimo, composto da una successione di fonemi che devono essere assolutamente pronunciati correttamente e con la giusta intonazione. Il più piccolo errore potrebbe causare danni irreparabili: il rischio è infatti quello di essere catapultati in un’epoca storica diversa da quella desiderata; per non incappare in casini del genere, bisogna focalizzare tutte le energie psicofisiche sull’immagine mentale del tempo prescelto, concentrarsi di brutto e sperare che tutto vada per il verso giusto. Era stato l’esimio professor Attilio Tirone, ottuagenario docente dell’accademia Houdini di Solbiate Olona, a insegnare agli apprendisti maghi questo numero, ribadendone più volte però i rischi.
“Badate bene ragazzi, il salto nel buio è estremamente pericoloso, vi sconsiglio vivamente di provarlo per scopi ludici… ma soltanto se non avete scampo, soltanto se ne va della vostra vita…” spiegava Tirone ai giovani maghetti in erba.

Per Walter adesso è una questione di vita o di morte. Può salvarsi tentandoci, e se sbaglia sarà comunque torturato e ucciso dagli alieni. Chiude gli occhi, si concentra sull’immagine del suo appartamentino a Rescaldina (una catapecchia vicino alla stazione) e comincia:

“Sim Sa La Min Bim Bam Bim Spim Spum Spim Pim Pirimpipim Blim Salabalavin Ratapatapin Spabarurabim Piribiriciribiliblin Gilibiridlun Pampipampipam Papam Paraponzipon!”

Puf!

Gli alieni non credono ai loro occhi, il mago è scomparso davvero. Al suo posto una nuvoletta di fumo.
«Oh raga, ma dove cazzo è andato?» si domanda Xurobanc.
«Evidentemente quel terrestre era più in gamba di quello che pensavamo, ce l’ha fatta sotto il naso!» si incazza Xoroblix, pestando i piedi sul pavimento. «Adesso chi lo sente l’imperatore di Saturnyna? Quello stronzo si incazzerà a morte e darà la colpa a me! Che palle, tra tutte le persone che potevamo rapire abbiamo preso proprio un fottuto mago!»

Epilogo.
Walter è riuscito a tornare a casa sua, a Rescaldina, sano e salvo. Purtroppo però, nonostante le sue indubbie doti da mago, illusionista e prestigiatore, nessuno lo ha più ingaggiato, se non per qualche misero show in tristissimi centri commerciali il sabato pomeriggio. Perché la vita va così, non sempre si riesce a realizzare i propri sogni, spesso la realtà ci mette i bastoni tra le ruote, ci scombina i piani e ci porta su altre strade che non avremmo mai pensato di percorrere. Non bisogna abbattersi, ma affrontare tutti gli imprevisti con coraggio e forza. Proprio come Walter Pucci, che, a malincuore, ha accantonato la carriera di mago e si è messo a lavorare nella piadineria di Amedeo, il suo fidato compagno di classe delle elementari. E piadina dopo piadina, piadipizza dopo piadipizza, quello che era un piccolo negozietto di Rescaldina si è trasformato in un impero in franchising, L’Impero della piadina! Walter e Amedeo infatti, soci in affari, grazie alla loro determinazione e alla loro solerzia, hanno espanso incredibilmente il loro giro di clienti facendo dello Sfizio un successo stratosferico, aprendo boutique in tutto il mondo. E non soltanto sulla terra a dire la verità: echi del grande successo di Walter Pucci hanno raggiunto il pianeta Saturnyna e Xoroblix in persona, una mattina di metà maggio, ha scritto una lettera all’ex mago, scusandosi per averlo rapito e tentato di uccidere e offrendogli la possibilità di aprire delle piadinerie anche su Saturnyna, per incrementare ulteriormente il suo business. E così è stato: nel giro di un paio d’anni lo Sfizio è diventato un brand interplanetario, Walter è diventato il presidente della mega società e ha ripreso a fare giochi di prestigio, intrattenendo i clienti tra un’infornata e l’altra e diventando uno dei dieci uomini più ricchi della galassia.

E Mago Robert invece? È morto di tumore al cervello. Ben gli sta! Paraculo bastardo!

Paolo Gamerro

Auguri a tutt* dalla redazione di Verde!

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