Casual Friday è la rubrica di Verde nata per promuovere un nuovo reading code. Ogni settimana un racconto inedito di un autore diverso che cercherà di farvi ridere, divertirvi o semplicemente imbarazzarvi. Oggi leggiamo Paolo Gamerro con Pongo, un racconto in cinque movimenti. È venerdì, rilassati!
Illustrazione di Savino Ficco (locandina di Marthas Halle, progetto artistico itinerante a Roma dal 16 al 23 ottobre 2015).
È tutto psicologico
«Sai quanto mi sono rovinato la vita per questa cosa? Quanti cazzo di problemi per niente mi sono fatto? Succedeva sempre, puntualmente, ogni volta che non volevo che succedesse, ero tipo al pub o al cinema o per strada e mi scappava da cagare da non riuscire a trattenermi. Questa cosa di non riuscire a farla fuori mi condizionava: era un incubo. Mi faceva schifo l’idea di farla in un cesso lercio dove chissà quanti altri prima di me l’avevano fatta e magari si erano pure tirati una sega, pensavo alle tazze del cesso maleodoranti e unte e sporche, al fatto che le porte dei cessi molto spesso hanno anche la serratura andata, può entrare chiunque all’improvviso e beccarti lì a farla e tu che fai? Sai quante volte me lo sono chiesto? Per uno come me, che soffre pesantemente di colite, è un problema. Almeno, lo era. Poi sono cambiato. Ho realizzato che è tutto psicologico. Mi ci è voluto un trauma per capirlo, sai? Ero in una stamberga nell’hinterland e sudavo freddo, davvero stavo malissimo, mi venivano delle fitte allo stomaco che non hai idea, ma continuavo a ripetermi resisti resisti resisti perché insomma, non mi andava di farla lì, in quella stamberga, immaginati una specie di Circolone ma marcio e frequentato da metallari, e quella sera ero uscito con Francesca B., per cui lascia stare, lei continuava a parlare a nastro e poi sono arrivati i panini e le birre gelate e io al secondo sorso ho capito che ero fottuto, questa volta davvero, avevo i crampi e volevo andarmene a casa ma allo stesso tempo ero sicuro che me la sarei fatta addosso e Francesca B. era lì, non sapevo che fare, panico totale, pregavo dio perché mi facesse passare quell’attacco di merda all’istante, lo avrei barattato per dieci diarree lancinanti a casa, ma non in quel cazzo di stamberga squallida zeppa di metallari, che poi intendiamoci, io sono sempre andato negli squat e nei centri sociali e mi piacciono pure, ma se si tratta di cagare cazzo no, ti prendi le piattole o che so io, passa uno mentre sei accovacciato, ti mena e ti ruba il portafogli lasciandoti a rantolare nella tua stessa merda, Perché non mangi il panino? Non ti piace? mi chiedeva nel frattempo Francesca B. e io facevo finta di nulla anche se si vedeva che stavo per scoppiare e il mio stomaco tiratissimo emetteva gorgoglii e rumori e insomma, era finita, dovevo cagare, o andavo al cesso o fisso che me la facevo addosso, alla fine le ho detto che volevo lavarmi le mani o una scusa del genere e sono andato al cesso: una fogna, ti dico! Non puoi immaginare che luridume, ma non ti puoi nemmeno rendere conto di quanto stessi per scoppiare io, e allora mi sono tirato giù i pantaloni e le mutande e ho cominciato a cagare e cagare, a svuotarmi e farla uscire tutta, non riuscivo a focalizzarmi su niente altro, c’ero soltanto io che cagavo, non c’era la stamberga, non c’era Francesca B., non c’era più niente, e sono andato avanti per un bel pezzo quando a un certo punto è successo, un tipo entra nel gabinetto mentre cago, apre la porta (come da copione aveva la serratura scassata) e mi guarda, io lo guardo dritto in faccia e rimaniamo così per qualche secondo, dopodiché lui chiude la porta disgustato e se ne va. Tipo.
Ti posso dire una cosa? Sai a che cosa ho pensato in quel momento? Che tutta l’ansia, l’angoscia che avevo, l’angoscia che qualcuno mi vedesse o entrasse sul più bello, ecco, sai cosa ho pensato il quel momento?
Ho pensato: NON ME NE FREGA UN CAZZO.
Pazzesco, no? Non me ne fregava un cazzo alla fine, niente! Ero riuscito a cagare in uno dei cessi più abominevoli che avessi mai visto in vita mia davanti a uno sconosciuto e io me ne sono rimasto lì come un figo e non me ne è fregato un cazzo! È tutto psicologico, ti dico. Ti fai mille paranoie per una cosa che poi quando succede è una stronzata. Centomila problemi per niente.
Prendi questa mia storia come una metafora o come si dice, una parabola, che ne so. Ti dico soltanto che da quella sera ho cominciato a cagare ovunque, non avevo più paura, niente più sudori freddi o preoccupazioni, ti giuro, oggi sono una persona più felice. Pensaci».
Smashing Pumpkins, Tonight Tonight
Lo chiamavano Billy Corgan perché ogni volta che entravamo in una discoteca o in un bar o in qualsiasi altri posto, partiva Tonight Tonight. Davvero: ogni volta, sembrava fatto apposta. Anche perché lui ai tempi ascoltava grunge ed era mega fan degli Smashing Pumpkins e un po’ a Billy Corgan ci assomigliava davvero, quindi non poteva essere una coincidenza, almeno non poteva esserla tutte le volte, cazzo, adesso se ci penso mi viene da ridere, sembra una storia da film…
Aveva sempre quest’aria da sbattutissimo, da sono stufo di tutto, da il mondo non mi capisce, da io non sono fatto per stare su questa terra, da non sto bene con me stesso, da non ti potrò mai amare, sono davvero tutto strano, mi fa schifo la vita, ormai mi annoia qualsiasi cosa, non riesco più a provare emozioni, davvero, credo di avere dei problemi con le persone e con me stesso, sono uno che le ha viste tutte e fatte di ogni, so come gira, conosco la vita, indosso magliette nere e suono la chitarra elettrica in un gruppo che non si caga nessuno perché siamo troppo fighi per la scena e io sono il più figo di tutti, però sono alienato e ci sto male, mi sveglio sempre più tardi perché vivere, se ci pensi, non ha senso, è più bello dormire ma io non riesco neanche a dormire, ho troppi pensieri per la testa, soffro così tanto, sono destinato a morire giovane, sono incompreso, disilluso dalla vita, dall’amore, niente ha più davvero importanza per me, l’amore è un suicidio, è un mondo vampiro.
I ragazzi grassi rimangono grassi
Il ragazzo grasso che poi è dimagrito ed è diventato magro (molto magro) e cinico per posa ha in realtà un cuore grasso, un cuore grasso di burro. Il ragazzo grasso che è diventato il ragazzo magro viveva in una provincia sonnacchiosa del centro Italia e suonava la chitarra nel suo gruppo metalcore e stava sul palco sentendosi infelice, perché i suoi compagni di gruppo erano magri e questa storia che lui era sovrappeso (se tu l’avessi conosciuto all’epoca avresti tranquillamente detto obeso) gliela facevano pesare, velatamente magari, e poi c’era che lui non aveva vita sessuale, certo aveva avuto una ex ragazza, come tutti, ma poi lei aveva cominciato a prendere cazzi magri a destra e a manca e il ragazzo grasso continuava a piangere ed è finito anche in psichiatria ed è diventato tipo triste per sempre.
Dopo la laurea il ragazzo grasso si è trasferito nella Grande Città Numero Uno Del Nord Italia, e ha lasciato il gruppo e i vecchi amici, non che li sentisse proprio come amici amici, ma più amici che sì, sono amici, ma in realtà ti pugnalano alle spalle, gente cattiva di cui non ti fidi mai del tutto. Il ragazzo grasso aveva voglia di riscatto, voleva chiudere con la vita da ragazzo grasso di provincia, ha perso trenta chili e si è trasferito nella Grande Città Numero Uno Del Nord Italia, è diventato magro, ha trovato lavoro in una start up, in un ambiente dinamico e giovane per ragazzi magri. Il ragazzo grasso che ha perso trenta chili ed è diventato magro ha cancellato da Bizzarro! le amicizie della sua vecchia vita, ha sbianchettato un pezzo della sua esistenza e ha cominciato a lavorare in un market place di spazi per temporary shop ed eventi, e nel giro di un anno, un anno e mezzo è diventato un giovane imprenditore magro con amici magri e quasi non ricorda più della sua vita da grasso, quando studiava e suonava ed era grasso, e adesso ha un blog sul quale fa battute ciniche per posa (adesso che è magro se lo può permettere), un blog seguito da 7000 amici magri, e ha capito che è più soddisfacente e semplice starsene dietro a uno schermo che starsene su un palco. Il ragazzo grasso ha ora una vita sessuale intensa e gira con gente in, non guadagna molto ma divide un appartamento con quattro ragazzi magri come lui. Eppure basta poco per far tornare grasso il ragazzo magro: quando lo hai beccato del tutto casualmente prima di Natale al circolo Arci, e i vostri sguardi si sono incrociati, e lui ha fatto finta di niente e poi ti ha salutato in modo freddo, in quel momento il ragazzo grasso che è diventato magro ma ha un cuore di burro grasso ha avuto paura. Tu resti un pezzo di passato doloroso che è ritornato e lui sa benissimo che ti basta poco per distruggerlo, perché il passato torna a ondate e all’improvviso può ucciderti o farti ingrassare di nuovo davanti a tutti i nuovi amici magri che non sanno che un tempo eri grasso, tu conosci i suoi punti deboli e sai che anche se adesso è magro lui ha un cuore di burro, grasso, e soffre e sa cosa significa soffrire e sentirsi inadeguato, e anche se adesso è magro, lui grasso lo sarà sempre.
Coriandoli
Da quando ha ottenuto il patentino europeo per viaggiare tra diverse dimensioni parallele, Carola mi fa leccare la sua figa più volte al giorno e io nella sua figa ci trovo di tutto. Vicino a casa sua c’è sempre la montagnetta di spazzatura e il cielo plumbeo rende lo scenario apocalittico, la sua catapecchia crolla a pezzi, gli unici colori se ne stanno in cucina rintanati e sono quelli dei barattoli di caffè. Ma a Carola non frega un cazzo, a lei sta bene così, basta che ci sia sempre qualcuno a leccarle la figa. La carta da parati fosforescente viene giù con l’intonaco, dai buchi neri nei muri escono topi e scarafaggi. Io e Carola da bambini avevamo grandi sogni, adesso le nostre aspettative si sono un attimo ridimensionate e mangiamo una volta al giorno mentre guardiamo i nostri volti riflessi nel suo televisorino scassato. La coperta con la quale di notte ci copriamo era rosa, ma adesso è sporca di fango ed è tutta un buco. Dal soffitto cade acqua e d’inverno l’umidità ci sega i piedi. Abitiamo sempre vicino al supermercato e lì davanti prendiamo meth ogni pomeriggio, perfettamente consci che a breve moriremo. La nostra pelle si stacca via dalle ossa, indossiamo con fierezza cappellini da baseball un tempo gialli, i piercing fanno infezione, la carne ci scivola via dalle ossa, è liquida, i tatuaggi vecchi si sono sformati, i denti si spezzano e i capelli cadono, non abbiamo più foto dei nostri amici, vaghiamo deformi e grotteschi nel gelo con la latta di birra calda tra le mani rosse squarciate. Lei è perseguitata da condilomi anali e vulvari, quando la scopo sanguina e si lamenta, si sente sempre umida e le fa male ogni singolo centimetro del suo corpo scorticato. Sta diventando tutto un problema, ormai.
Cesare Pezzana
I miei amici più cari mi chiamano Dodi. Il mio vero nome è Cesare Pezzana, ma per gli amici più cari sono sempre Dodi. No: non Dudu, Dodi. D-O-D-I. Con la o.
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